Le sue creature.....
Una domenica all'ombra
del campanile
Che cosa abbia rappresentato
veramente il "Cinema don Bosco" nella vita sociale e giovanile
vasanellese nel periodo tra gli anni '50 ed '80 non è facile a trascrivere, anche perchè ogni
adulto, che lì ha timbrato la propria adolescenza, racchiude e serba nel proprio animo una complessità e
diversità di personali
emozioni.
Forse il miglior modo per esaltarne la funzione aggregatrice, il fascino e l'attrazione
che oltre come cinema
ha esercitato, è quello di riportare alla memoria lo svolgimento di una delle tante
domeniche vissute quasi
interamente intorno a quelle mura.
Dopo la lunga settimana scolare, nonostante il desiderio di volersi dilungare nel letto,
la sveglia avveniva
appena poco più tardi dell'ora consueta.
Infatti la Messa "del
fanciullo" delle ore 9.30 era un appuntamento da non perdere altrimenti sul
resto
della giornata gravava l'incubo di dover evitare l'incontro con don Mario o di affrontarlo
ed incorrere nei
suoi rimproveri che non erano certo leggeri.
Riusciva così bene a stampare nella mente il registro delle assenze che al primo impatto
se la fortuna ti
sorrideva il pizzico sulla guancia era il minimo che potevi aspettarti.
Quando poi avevi sperato di averla fatta franca e che tutto fosse filato liscio come
l'olio, nel corso della
settimana ti sentivi le nocche delle dita sulla testa che avrebbero vanificato tutti gli
sforzi fatti.
L'attività ricreativa nell'"orto
di don Mario" iniziava solo al termine di questa Messa ed alla sua apertura
provvedeva Piero chiamato a tal proposito il fattore.
Voler esaltare potenzialità e dotazioni del ricreatorio agli occhi dei giovani d'oggi
sarebbe ridicolo se si
pensa che il tutto consisteva in un calcio balilla, un tavolo da ping pong, un mazzo di
carte, una rete per
pallavolo ed una semplice altalena che nel suo dondolare trascinava pure i supporti
laterali che bisognava
ogni tanto fissare con l'inserimento di cunei tra i pali ed il terreno.
Vi era anche un'area su cui giocare a calcio, ma vista la sua ristrettezza il più delle
volte consisteva nel
gioco a "zuzzuaja", cioè due squadre contrapposte che a gara
cercavano di spingere il pallone in una
sola porta collocata a ridosso del muretto che delimitava a nord l'orto.
In tale gioco sorgevano spesso violente discussioni perchè la neutralità del portiere
era una chimera: la
simpatia per l'una o l'altra parte si palesava comunque.
Spesso il pallone andava al di là della cinta, nell'"orto delle
monache" e dietro la riprovazione degli altri
il responsabile del tiraccio doveva provvedere al suo recupero scavalcando il muretto
attraverso dei varchi aperti nelle siepi d'edera che rigogliose coprivano i sassi superiori in parte divelti
e pericolosi.
- Nel cinema con i Giovani
di "Azione Cattolica" e S. E. il Vescovo Massimiliani -
Internamente al cinema,
nella parte opposta all'ingresso, una sala fungeva da ritrovo per le riunioni della
Azione Cattolica che avvenivano a turno tra le diverse componenti: aspiranti, donne,
giovani, uomini, altrimenti era utilizzata per il gioco delle carte e calcio balilla.
Don Mario restava in oratorio fino a quando, raccolti i chierichetti di turno e radunati
con uno sguardo
torvo i presenti già segnati sul registro, si recava a celebrare la Messa "cantata".
La riapertura, vista la
carenza di altri diversivi, avveniva subito dopo l'ora di pranzo.
Piero che dall'uscio di casa poteva controllare il flusso dei più impazienti doveva
sbrigarsi per evitare la
ressa di fronte al cancello in legno con attorcigliati alcuni fili di ferro spinato.
L'imprudenza giovanile fece anche sì che un ragazzo per scavalcarlo si agganciò in modo
casuale con l'anello al dito ad una delle spine di ferro; il peso del corpo rimasto poi sospeso causò
il distacco del dito e
quindi la sua perdita.
Ricordo che don Mario ne restò tremendamente dispiaciuto, anche perchè le sue grida ed i
suoi rimproveri
molto spesso avevano come obiettivo primario la nostra incolumità.
In attesa della proiezione
del film, l'orto rimaneva a disposizione per divertimenti, ma non la sala la cui
porta d'ingresso e quelle laterali interne che davano sull'orto stesso rimanevano
sbarrate.
All'ora convenuta, il rumore del chiavistello della porta che si apriva causava
l'eccitazione di quelli che si
erano accalcati intorno ad essa; avevano rinunciato ad un pò di svago pur di conquistare
i posti migliori
che a seconda delle età erano idealizzati in diverse posizioni.
I più grandi verso l'alto dove era possibile la vicinanza di qualche amichetta con la
quale i primi sguardi
lasciavano trasparire un innocente interesse.
La corsa verso la biglietteria posta nell'abside del vecchio oratorio a ridosso della
ceramica era il primo
scatto da fare: costo del biglietto 30 lire e poi dopo aver staccato la matrice giù di
corsa attraverso i
due corridoi laterali verso i posti prescelti.
L'ingresso di dieci, venti
persone era sufficiente per completare l'occupazione dei posti; una eventuale
prevendita dietro pagamento della prenotazione avrebbe fatto invidia ai gestori attuali
delle sale cinematografiche.
I ritardatari dovevano confidare in qualche gentile concessione o iniziare una discussione
con gli accaparratori oppure attendere che la inutile occupazione avesse costretto l'autore ad una
defezione silenziosa effettuata tirando via di soppiatto l'oggetto posto a pegno.
Come quegli autobus che in
anni trascorsi partivano solo quando riempiti, il cinema non iniziava all'ora
prescelta ma sicuramente quando la sala era al completo, altrimenti gli addetti
distillavano nel tempo le
procedure che precedevano l'inizio.
Queste consistevano in un primo momento nella chiusura dei tendaggi di panno damascato
bordeaux che
coprivano le finestre.
Ciò avveniva con una prima acclamazione che diventava ancora più consistente non appena
si accendevano le luci rosse poste sopra le finestre stesse o sopra le porte delle uscite di
sicurezza.
Luci fatte in casa: una lampadina in una piccola scatola di legno con visibile la parola
uscita intagliata nel
legno e coperta di carta rossa.
A quel punto lo sguardo si
concentrava sulle finestrelle della cabina di proiezione nella quale dai movimenti
dell'operatore si cercava di capire lo stato della preparazione della pellicola.
Sembrava ci fosse una specie di gara nell'intuire l'esatto momento in cui la piramide di
luce si allungava dall'obiettivo facendo la sala in tutta la sua lunghezza fin sullo
schermo.
Mentre il busto romano della "Settimana Incom" guardava il
globo ruotare davanti ai suoi occhi, ciascuno in una confusione che scemava velocemente occupava le proprie posizioni.
Nelle giornate più fortunate il cartone animato di Topolino era la graditissima sorpresa
che nella mattinata
si cercava di capire anticipatamente da don Mario.
Poi finalmente la proiezione del film.
Caratteristici erano i film in cui l'arrivo dei nostri trascinava la platea al punto tale
che i più emotivi nelle
prime file scattavano in piedi sollevando le braccia in segno di vittoria oscurando lo
schermo a quelli che
nelle file retrostanti in atteggiamento più contenuto cominciavano a riprovare.
Don Mario si metteva
nell'ultima fila in alto nella poltrona accanto alla porta d'ingresso della sala e, se non
si era stati a messa, la tortura era quella di trovare il coraggio di passare attraverso
quella che diventava una vera forca caudina.
Quando in alto lateralmente alla cabina vi erano due porte d'ingresso, si poteva trovare
un momento opportuno per entrare e sperare di farla liscia, ma con una sola porta potevi scordartelo.
La sua presenza dall'alto scoraggiava qualunque accenno di confusione o di diverbio; e
quando un sottile
brusio accompagnava qualche bacio o scena d'amore che andava oltre i limiti permessi nel
tempo, si alzava in piedi e con un vocione dal fondo, da far tremar soffitto e pareti, cercava di
ridicolizzare quel comportamento con un "Eccoli là, bravi ! E che sarà mai, ma non avete mai
visto niente!".
Nell'intervallo tra il primo
e il secondo tempo le porte laterali di sicurezza si aprivano sia per permettere un
ricambio d'aria che per qualche alleggerimento fisico che avveniva dall'alto del muretto o
tra qualche cespuglio.
Nella confusione del va e vieni, poteva esserci il momento propizio in cui, con l'aiuto di
qualche complice
già entrato, scavalcando il muretto all'angolo nord dell'orto, dietro il campanile, dove
alcuni sassi già divelti ed alcune buche qua e là sul muro come in una parete rocciosa indicavano la via
consueta, era possibile l'entrata all'alpinista di turno, le cui tasche per qualche domenica erano rimaste
proprio vuote.
Don Mario sapeva, e spesso si accorgeva, ma il più delle volte dopo la sgridata
d'obbligo, rientrava, facendo finta di niente.
Solo in un secondo tempo
furono costruiti dei bagni sotto il palco con l'accesso da due porte laterali al termine del piano basso della sala.
Quando il film si dilungava
più del solito (alle ore 16 servivano i chierichetti per la funzione), per il capo
chierichetto era un compito arduo scovarli nell'oscurità della sala, anche perchè
qualcuno cercava di mimetizzarsi tra i compagni o nascondersi sotto le sedie, nonostante che per quell'impegno
avesse usufruito
dell'entrata gratuita.
Poi la fine del film, con lo
scambio delle impressioni più immediate e la lenta uscita dalla sala coprendosi bene dal rigido vento che lungo via S. Salvatore quando spirava era veramente pungente,
facendo così tesoro il più possibile delle raccomandazioni di mamma.
Un ultimo sguardo al cartellone del cinema per impressionare meglio tramite le locandine
minori alcuni momenti particolari della proiezione.
Spesso gli aiutanti avevano già predisposto il cartellone relativo alla proiezione serale
che in genere non
coincideva con quella pomeridiana specialmente se qualche scena d'amore
avesse potuto turbare l'innocenza infantile.
Qualcuno di noi ragazzi
prevedeva pure di ritornare la sera con i genitori; il che accadeva molto di rado, il
costo del biglietto per l'intera famiglia alcune volte non rientrava nelle possibilità
finanziarie o nelle previsioni di risparmio.
Spesso, a me restavano da spendere 10 lire, frutto della mancia che avevo ricevuto dalla
nonna per la visita domenicale fatta nella mattinata o prima dell'inizio del film.
Con esse potevo comprare un kakì presso il fruttivendolo Clemente, che era aperto anche
la domenica:
a quei tempi nelle nostre campagne erano una rarità ed a me piacevano molto; quando
ancora c'era Formina potevo spenderle per un pò di farinella oppure qualche liquirizia.
L'incentivo per la presenza serale molto spesso avveniva con la proiezione successiva dei
due films:
"2 films 2" era lo slogan ripetuto più volte nelle locandine.
La televisione non si era ancora diffusa e quindi quello era l'unico svago possibile.
Ricordo di aver assistito a qualche proiezione serale quando il film per adulti era di
quelli strappalacrime
tipo "Catene", "Tormento"; per evitare la ressa e trovare qualche
posto occorreva cenare presto.
In queste particolari serate ricordo che mia nonna che abitava in prossimità del castello
rimaneva senza
sedie: tutte prestate a parenti ed amici che, in quanto ritardatari erano rimasti in
piedi.
E sì la domenica era tutta qui, incentrata e ruotante comunque intorno alla figura di don
Mario, non solo
per l'aspetto religioso, ma anche per quello del divertimento vero e proprio; un giovane
d'oggi forse la ritroverà alquanto ristretta e difficilmente riuscirà a comprendere cosa potesse
rappresentare per molti di
noi l'ombra di quel campanile.
|
PREFAZIONE |
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UNA STORIA
D'AMORE | BIOGRAFIA FAMIGLIARE |
LA VITA PASTORALE |
Le Sue
Creature
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SALVATORE
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IL CINEMA DON BOSCO
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UNA
DOMENICA ALL'OMBRA DEL CAMPANILE |
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SAN LANNO, LA NOSTRA FEDE, DON MARIO
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Così lo
Ricordano
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UNA SEMINA
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UN SACERDOTE MODELLO TRA CHIESA E SOCIETA'
| IL PRETE DI TUTTI E PER TUTTI |
| LA RADIO TV DEI "SETTE CAMPANILI"
| UNA PREDICA |
UN NOME, UNA FIGURA, UNA ISTITUZIONE ! |
IL TAMBURINO DEL SEMINARIO
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| UNA ORDINAZIONE TRA LE MACERIE |
RICORDO DI UN FRANCESCANO |
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UN GIORNO IN REGALO
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| UNA VOCE D'OLTREOCEANO |
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A DON MARIO |
Appendice
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LETTERA A DON MARIO |
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