IL
COMBATTENTE DI CHIETI
Dalle parole dell'amico abruzzese emerge chiaramente la ritrovata serenità esistenziale
di Francesconi, resa ancor più evidente dall'inizio del suo epistolario con il figlio
Franco, nello
anno 1957.
Le lettere inviate al primogenito riguardano, in misura prevalente, aspetti della vita personale di Giulio che non hanno rilevanza ai fini del presente lavoro; è interessante,
invece, il
contenuto di due missive nelle quali il padre fornisce al figlio alcune delucidazioni sul
lavoro
ceramico; anche Franco, infatti, si interessa di arte e la passione del padre per la
terracotta
caratterizza, tra gli altri argomenti, lo scambio epistolare.
Da un'altra lettera indirizzata all'On. La Bella, appaiono le prime notizie di un'opera
che
impegnerà Francesconi per molto tempo: Il combattente (Fig. 52),
destinato al sacrario nazionale di guerra di Chieti.
Fig. 52 - Il
Combattente (Bronzo) - 1963 - Chieti
Sacrario Nazionale di Guerra
Le parole inviate al commilitone sono emblematiche:
"Caro Angelo,... come saprai ho fatto una statua alta 2 metri, da tradursi poi in
marmo,
per il Sacrario Nazionale di guerra, in Chieti e ti mando la foto del primo abbozzo
perché tu
veda di che si tratta... Vorrei sapere il tuo parere, il tuo giudizio a cui tengo molto.
Ti ripeto,
la foto è il primo abbozzo, ma tu che sai come faccio la scultura ti è sufficiente per
renderti
conto di cosa ho tirato fuori... In settimana vado ad Orte per prendere i pezzi del
travertino e
subito ti mando il preventivo del Monumentino a Pinocchio. Credo di essere ancora
in tempo.
Saluti cari a tutti. Grazie di tutto. Un abbraccio affettuoso. Giulio Francesconi".
Nella stessa lettera fa riferimento ad uno scritto di Valentino Mirra di Chieti, datato
gennaio 1963 e dedicato alla scultura in trattazione, e prega l'amico La Bella di intercedere
presso le redazioni viterbesi di testate nazionali per pubblicarlo sui giornali che gli amici
tcatini
indicano:
"Caro Angelo... vedi tu, che hai amici giornalisti a Vitcrbo, se ti riesce farlo
pubblicare dal
'Messaggero' o dal 'Tempo', così desiderano; se ti sarà possibile avvisami a quale
giornale lo
hai dato".
L'intervento dell'onorevole fu immediato, a riprova dell'affetto che legava Angelo a Francesconi e della stima che il parlamentare manifestava verso le qualità scultoree del
viareggino. L'articolo apparve sul giornale "II tempo" il 16 gennaio 1963, pochissimi
giorni dopo la richiesta; il titolo rivela l'apprezzamento dei committenti per l'opera ed il parere viene
recepito
dal testo che la definisce "Una scultura originale, intrisa di giovinezza...".
A questo lusinghiero parere vanno aggiunte le lodi dei teatini in genere e dell'estensore
dell'articolo, in particolare, per la riuscita dell'opera:
" 'II combattente', dello scultore Prof.Giulio Francesconi, destinato al sacrario
nazionale
di Chieti, è opera originale per impostazione di volumi, stilistica moderna, vivace ed
intima
espressione spirituale... Colpisce la ricerca volumetrica salda e semplice e l'armonia dei
valori intrinseci che l'opera presenta: dall'atteggiamento militare virile, alla potenza
drammatica della volontà protesa verso le idealità della Patria, la testa eretta e fiera, resoluto lo sguardo, serrate le labbra, quadrato ed ampio il petto generoso, aperta la giubba a metà, le
gambe
che scandiscono il fremito scattante del passo sul terreno della battaglia fra la riserva
delle
munizioni. La mano destra stringe l'arma pronta alla difesa dei valori ideali della
Patria, mentre la sinistra, nervosamente aperta ali'indietro, li vuole proteggere attraverso i sacri
resti dei
fratelli caduti, custoditi nell'Ossario. Un combattente pensoso, solitario., umano, dal
viso che
conduce alla grande meta di un popolo ansioso di libertà e di giustizia e da un senso di
timore
a chi sa intuire il misterioso tumulto, ancor prigioniero nell'animo impaziente, prima
dell'assalto. Tutta l'opera è permeata da un mistico fremito di giovinezza protagonista di
leggendarie
gesta, solenne eroe indigete custode dei valori umani, storici religiosi, guerrieri della
stirpe.
Perciò l'opera del Prof. Francesconi merita l'onore sincero dell'arte e dei combattenti
italiani.
Tardivo riconoscimento a causa del temperamento modesto del valoroso scultore, specie in
questi tempi di magra spirituale e di presuntuose facilonerie cosiddette artistiche. E'
ammirevole che il Prof. Francesconi a 69 anni abbia potuto presentare questa insigne opera
d'arte
classica ispirata al moderno, che ha nell'anima il grato sapore della civiltà toscana, e
farà
molto onore alla città di Chieti ed all'Abruzzo con sicura risonanza
nazionale".
Dalle parole dell'articolista emergono alcuni giudizi significativi che meritano di essere
evidenziati: ottimo, ad esempio, il parallelo tra l'impostazione dei volumi e l'intima
espressione spirituale del protagonista. In Francesconi, infatti, la potenza plastica si somma
all'energia
vitale e morale sprigionata dal carattere delle persone ritratte, in una perfetta osmosi
di forma e contenuto.
In questa opera si ritrovano, poi, le valenze artistiche di Rambelli, improntate ad uno
stile fatto di potenza plastica e slancio, ma corretto dalla linea scarna ed asciutta, in una equilibrata disposizione di linee, volumi e piani.
A livello compositivo sono opportunemente
esaltati il movimento suggerito dalle gambe che scandiscono il passo e la
potenza dettata dalla mano che sorregge l'arma, in una sintesi morale di
altissimo livello.
Dal punto di vista stilistico, poi, trovano conferma le assonanze classiche evidenziate
precedentemente in altre sue opere ed il richiamo esplicito alle influenze etnische.
Sotto l'aspetto esistenziale, infine, il senso di giovinezza che traspare dall'opera ed il
temperamento mite attribuito all'autore, confermano ancor più la diversa condizione
emotiva
dello scultore.
La stima della quale Francesconi godeva nell'ambiente teatino è confermata dall'incarico
che il Prof. Francesco Verlengia, "colto ed autorevole critico d'arte",
intendeva affidargli per
un lavoro di estrema difficoltà: il restauro degli stucchi della Cattedrale di Chieti. La
richiesta
di finanziamento era giunta a buon fine e l'incarico per il nostro artista era sollecitato
con lusinghieri giudizi:
"Nella nostra Cattedrale sarebbe urgente il restauro degli stucchi dell'antica
Cappella del
Monte dei Morti... venerata dal popolo sin dall'antichità. Le autorità religiose, civili
e la cittadinanza di Chieti sarebbero lieti se i restauri fossero affidati al valoroso e colto
artista toscano
Prof. Giulio Francesconi, vissuto a lungo in Abruzzo, specie a Chieti, Rapino, ecc. e dove
sono
custodite opere di squisita ispirazione e modellazione artistica. Esperto nell'arte degli
stucchi,
il Francesconi dette bella prova della sua abilità in tal campo, anche a Chieti, anni or
sono, restaurando gli stucchi barocchi nella Chiesa di San Gaetano, benissimo. Egli vive
attualmente a
Vasanello, dove ha uno studio d'artè".
Nel testo appena riportato e nei precedenti scritti inviati da Chieti, Francesconi viene
definito "Professore", riconoscendogli il titolo per l'insegnamento prestato nella
scuola d'arte
ceramica impiantata nella cittadina abruzzese.