RIENTRO
IN ITALIA
CIVITA CASTELLANA
Lasciata la Francia Giulio sosta per un breve periodo a Viareggio, dove fa una seconda
personale, e
questa volta alcuni concittadini ed il Comune acquistano delle sculture.
Nel luogo natale ritrova Viani, in una giornata di libeccio, sulla spiaggia deserta; il
maestro, abbracciandolo, gli dice: "Hai vinto !", ritrovandosi quasi riflesso nel destino del
giovane allievo.
Francesconi, in merito a questo incontro, trova giustificazione a quella che considerava
una sconfitta:
non essere riuscito ad ambientarsi a Parigi. Riporta, infatti, un giudizio di Viani, il
quale riteneva che solo
spiriti forti potessero resistere nella capitale francese.
Il parere, a prima vista negativo, ad un attento esame si rivela invece utile per
afferrare compiutamente il carattere di Francesconi, tanto impetuoso nella ricerca del nuovo, quanto fragile
nell'affrontare la dura realtà quotidiana.
L'animo inquieto e nomade dell'artista, infatti, recalcitra alla sosta ed il caso propone
nuove soluzioni;
e così Giulio a 34 anni, con la paziente Linda, si reca a Roma dove, non ambientandosi
affatto, conduce
una vita piena di disagi e delusioni. Si ripete, come già detto, la difficoltà di
adattarsi alla vita nelle grandi
realtà urbane, così anonime nella massa e non certo invitanti per chi, come Francesconi,
conservava il
ricordo della calibrata Viareggio.
La decisione di lasciare la città è pressochè obbligata e, spinto dal desiderio di
operare ancora nel
campo ceramico, si trasferisce a Civita Castellana.
Ho già trattato questo periodo in un saggio del 1995, "Giulio Francesconi a Civita
Castellana: scultura
e ceramica a confronto", in "Civita Castellana Studi/1, edito dalla Biblioteca
Comunale della stessa Città,
ma ritengo utile tornare sull'argomento perchè il periodo civitonico di Francesconi
rappresenta una tappa
importante nella sua vita artistica e sociale.
La scelta di Civita Castellana quale nuova sede di lavoro fu dettata dalla presenza nella
città viterbese
di molte fabbriche di ceramica, alcune delle quali a carattere artistico.
A questo punto è necessario evidenziare la preferenza di Francesconi per il modellaggio,
nel quale riversava, comunque, le proprie peculiarità scultoree con evidenti riferimenti plastici.
La sosta ad Oissel in Normandia, l'arrivo a Civita Castellana, la successiva permanenza a
Rapino, altro
importante luogo di industrie ceramiche, e la definitiva sistemazione a Vasanello, sono
conferme a questa
passione per l'argilla e la cottura.
Nella ceramica Francesconi trovava elementi primordiali da domare: la terra, l'acqua ed il
fuoco, in
una parossistica sfida con l'uomo. Le opere ceramiche, poi, sono leggibili come un diario
psicologico: i periodi di calma esistenziale presentano opere levigate, arrotondate, morbide, mentre i
momenti più difficili
si dichiarano con prodotti segnati dal rilievo sofferto, il graffito pesante e le forme
esasperate.
Nella cittadina laziale, comunque, l'artista trova un ambiente sereno e ricco di
presupposti operativi:
Francesconi, infatti, riceve subito buoni incarichi per opere a carattere religioso,
dimostrando di essere
ben inserito nell'ambiente ecclesiastico: ritrae Mons. Zuccherini (Fig. 7), vescovo
della città, dal quale fu
battezzato, nella cappella privata, il primogenito Franco, nato il 23 febbraio 1928 a
Civita Castellana, e
realizza, per la Chiesa della SS.ma Vergine delle Grazie, annessa all'Ospedale, due statue
in gesso a grandezza naturale, Santa Chiara e Santa Paola (Fig. 8/9).
Fig. 7 -
Il
Vescovo Zaccherini - 1928 - (Gesso - Foto)
Fig. 8 -
Santa
Chiara - 1928
Civita Castellana Ospedale -
Chiesa della SS.ma -
Vergine delle Grazie -
Altare Maggiore
(Gesso - Foto)
Fig. 9 -
Santa
Paola - 1928
(Gesso - Foto)
Queste
due opere, ancora in sito, ricordano una terza statua a carattere religioso, una Santa
Teresa
(Fig. 10) eseguita in terracotta e destinata ad una mostra romana.
Fig. 10 -
Santa
Teresa 1928/29
(Terracotta - Foto)
Di questa
esposizione Francesconi ricorda il nome, ma in maniera inesatta, dato che, nell'autobiografia è definita "Quindicennale" e fissata al 1928.
Le ricerche da me effettuate tra i cataloghi delle esposizioni dell'epoca forniscono,
invece, un'indicazione diversa: Francesconi partecipò alla Prima Mostra del Sindacato Laziale Fascista
degli Artisti, tenutasi a Roma nel 1929, dal 1° marzo al 30 maggio, nel Palazzo delle Esposizioni, in Via
Nazionale. La scultura presentata, Vecchio (Fig. 11), fu esposta nella sala 15a.
Fig. 11 -
Ritratto
di Vecchio - 1928/29
(Terracotta - Foto)
Questa opera non è
stata ancora identificata con certezza, ma è molto probabile che possa riferirsi ad
un ritratto di un personaggio barbuto di Civita Castellana, servito poi come modello per
un San Giovanni.
L'autobiografia ed i ricordi che la moglie Zelinda ha inviato alla Biblioteca di Vasanello
rammentano,
in verità, l'invio di quattro opere per la rassegna romana; al lavoro esposto, infatti,
dovrebbero essere aggiunti un secondo ritratto non identificato, la statua di Santa Teresa precedentemente
citata ed una maternità intitolata Per le vie del mondo, della quale abbiamo soltanto una
documentazione fotografica (Fig. 12).
Fig. 12 -
Per
le Vie del Mondo (Maternità) - 1928/29
(Gesso - Foto)
Un'altra opera,
ancora oggi a Civita Castellana, tratta il tema dell'affetto che lega la madre al figlio
e,
in questo caso, i protagonisti sono la Madonna col Bambino e cherubini (Fig. 13),
una lunetta in terracotta
policroma eseguita sullo stile dei Della Robbia.
Fig. 13 -
Per
le Vie del Mondo (Maternità) - 1928/29
(Gesso - Foto)
La raffigurazione
è oggi collocata nella canonica della chiesa di San Benedetto, intitolata a San Giovanni Decollato, e rappresenta una rielaborazione della Madonna del cuscino,
eseguita nel 1495 circa da
Giovanni Della Robbia e conservata dal 1868 nel Museo fiorentino del Bargello.
L'opera, di pregevole fattura, conferma il legame di Francesconi con la tradizione
ceramica italiana e
la capacità di rielaborare manufatti rinascimentali, inserendo nel loro aulico
classicismo i nuovi dettami
dell'arte plastica.
Il consistente numero di opere a carattere religioso fa intuire un'altra prerogativa
dell'attività di Giulio
Francesconi: la sua disponibilità e capacità a trattare temi ed immagini relative alla
tradizione cristiana,
nella sua precisa accezione cattolica.
Le opere con tematiche religiose, inoltre, conservano una duplice vena interpretativa:
quella prettamente ecclesiastica e cultuale, nella quale l'artista si presenta ligio alla tradizione e
fedele interprete del
dato oggettivo, e quella prevalentemente sociale dove il dramma esistenziale dell'uomo è
posto in stretto
contatto con le rappresentazioni religiose. Nei periodi di maggior difficoltà
esistenziale, infatti, predominano i temi e le immagini più sofferte, mentre nei periodi di relativa calma prevalgono
figure serene e motivi improntati ad una visione positiva della vita.
Franccsconi, quindi, dimostra di essere pienamente inserito nella cultura filosofìca
italiana, così permeata di richiami religiosi e così vicina a quelli che furono i concetti base del
pensiero classico.
Una sintesi stilistica di questo primo gruppo di opere realizzate a Civita Castellana,
infatti, denota la
vicinanza di Francesconi ai modelli della tradizione italiana del Quattrocento, con
richiami evidenti, ma
solo nella ritrattistica, al realismo ottocentesco; la Santa Teresa, in
particolare, è molto vicina al linearismo della Santa Chiara, probabilmente di Agostino di Duccio, nell'Altare della
Cappella Miani in Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia.
Il peregrinare di Francesconi per città italiane ricche di opere d'arte e la sua
particolare predisposizione ad assimilare i linguaggi stilistici avevano indubbiamente stratificato nei suoi
convincimenti estetici
precise assonanze classiche. Non si può spiegare altrimenti il suo continuo impegno a
legare le capacità
tecniche del ceramista con il più complesso orizzonte della statuaria.
La foto che lo ritrae impegnato nell'esecuzione della Maternità già ricordata
(Fig. 12), lascia intuire la
nitidezza del tratto e la cura nella definizione dei dettagli plastici; la stessa opera
richiama nel largo modellato e nella spiccata stilizzazione volumetrica, il marcato equilibrio di Arturo
Martini, le cui opere Francesconi aveva potuto ammirare nella mostra romana ricordata precedentemente.
Alla potenza plastica di questa ultima opera si avvicina il Ritratto del figlio Franco
(Fig. 14), una vera
raccolta di superfici concave, sapientemente modulate da un linearismo avvolgente e
vellutato. La stessa
postura del piccolo, accentuata dalla globosità del frutto, esalta il sofisticato gioco
di ombre e luci, pronubo dell'adesione di Francesconi ai recenti dettami di "Valori Plastici", il
movimento artistico italiano che
vide prevalere, tra gli altri, Carlo Carrà ed Ardengo Soffici.
Fig. 14 -
Ritratto
del Figlio Franco - 1928/29
(Gesso - Foto)
Tra le opere
rimaste ancora in sito c'è infine da segnalare il Ritratto di Ulderico Midossi
(Fig. 15), pregevole busto in bronzo, posto nel giardino dell'Istituto d'Arte di Civita Castellana, e
fuso nel laboratorio di
Giuseppe Sacchetti, nel 1931.
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Fig. 15 -
Ritratto
di Ulderico Midossi - 1931
Busto in Bronzo - Civita Castellana
Giardino dell'Istituto d'Arte
Francesconi, per riprodurre le sembianze del Midossi, morto il 30 marzo del 1930, usò
come punto di
riferimento un ritratto ad olio eseguito dal pittore locale Enea Ciani, e realizzò così
il modello in gesso che
sarebbe servito come base per la fusione; questa prima opera, dopo essere stata per alcuni
decenni in deposito presso la famiglia Midossi, risulta attualmente irreperibile.
Il personaggio effigiato, stimato avvocato e notaio, era stato il fondatore della Scuola
Professionale per
la Ceramica ed aveva lasciato, per disposizione testamentaria, una discreta somma per
premiare annualmente un alunno meritevole.
L'opera, oltre a confermare il prestigio del quale godeva lo scultore viareggino nella
cittadina falisca,
resta un esempio mirabile delle capacità interpretative di Francesconi: il temperamento
pacato e generoso del giurista civitonico traspare con naturalezza dal pur freddo materiale bronzeo e
restano inalterate
e leggibili le peculiarità umane che caratterizzarono il distinto notabile.
Il bronzo, con molta probabilità, fu l'ultimo lavoro eseguito da Francesconi nella città
della ceramica,
dato che subito dopo l'artista viareggino si allontanò dal centro viterbese.
Questa improvvisa partenza rimane un fatto difficile da leggere a livello biografico; non
si riesce, infatti, a comprendere il perche Giulio abbia lasciato un posto così comodo per poter
espletare quell'attività di
modellatore e scultore che aveva sempre prediletta.
Gli stessi appunti della moglie Zelinda conservano l'accorato interrogativo ed i riscontri
biografici non
forniscono giustificazioni logiche; la ragione, forse, è da ricercare nelle pieghe della
complessa personalità di Francesconi, indomita e nomade nel suo ineluttabile peregrinare.