RITORNO
A VIAREGGIO
PRIMA GUERRA MONDIALE E
PRIMA MOSTRA
Francesconi resta per breve tempo girovago: attorno ai 18 anni torna a Viareggio e conosce
Lorenzo
Viani, appena rientrato da Parigi. La narrazione di questo soggiorno colpisce e
suggestiona profondamente Giulio, che si sente immediatamente attratto dalla capitale transalpina. Viani intuisce
questo desiderio
e bolla come "vagèro" il giovane ed impulsivo artista.
Il giudizio di Francesconi su Lorenzo è, invece totalmente positivo: lo definisce
maestro, amico, fratello,
lasciando trasparire l'ammirazione smodata per il sanguigno pittore e scrittore.
Nel giovane seguace ritroveremo, talvolta esasperata, l'eccentricità violenta di Viani,
in qualche modo
incosciamente riconducibile ai caratteri aristocratici delle illustri presenze viareggine.
Il primo conflitto bellico trova Francesconi soldato di leva, imbarcato sul
cacciatorpediniere "Carlo Alberto Racchia".
Una puntata a Brindisi si rivela proficua per la sua vicenda artistica: il museo locale,
del quale era direttore il Prof. Camassa, sacerdote, acquista alcuni suoi disegni.
Finita la guerra Giulio torna a Viareggio e, nel 1922, si cimenta con una prima mostra di
opere scultoree,
i suoi concittadini "la visitarono con un occhio aperto e uno chiuso", secondo
quanto ci riporta lo stesso artista.
Francesconi considera l'ambiente viareggino non in perfetta sintonia con il suo vivere
l'arte e, tra i concittadini, ricorda il solo Viani, autore di un breve saggio sulla mostra appena citata,
apparso sulla rivista
"Viareggio", il 1° ottobre del 1922.
La recensione di Viani merita di essere citata nelle parti salienti per comprendere
appieno il valore delle opere di Francesconi, che il famoso Lorenzo seppe apprezzare nella loro asciutta
drammaticità: "Nelle
sculture del Francesconi vi è del fervore e della passione... un impeto di fede, che
radicato come è in lui darà
delle gemme di rara bellezza. E poi... mi dà l'idea che nel suo cervellaccio ci sia del
buono, del molto buono;
lo vedrete!"
Delle opere esposte a Viareggio resta la documentazione fotografica di due Ritratti di
giovani donne, in
marmo (Figg. 1-2), ben definiti dalla nitidezza del tratto e dalla essenzialità del
modellato; asciutti e carichi
di pathos, riproducono due giovinette e si collocano stilisticamente nel filone della
tradizione classica, pur
lasciando trasparire nuove semplificazioni formali.
Fig. 1 -
Ritratto
di Giovane Donna - 1921
(Marmo - Foto)
|
Fig. 2 - Ritratto
di Giovanetta- 1922
(Marmo - Foto)
|
Il
materiale con il quale le due opere furono eseguite, il marmo, verra usato da Francesconi
solo in casi
molto sporadici, in parte per il difficile reperimento ed il costo piuttosto elevato, in
parte per l'immediatezza e la rapidità con cui il viareggino operava; il gesto istintivo e la velocità erano
essenziali nelle sue esecuzioni e meglio attuabili con la più arrendevole terracotta; queste due prime opere,
pertanto, assumono una
veste stilistica fortemente condizionata dalla tecnica esecutiva e possono essere
considerate prodromi del
futuro stile più che altro nella caratterizzazione psicologica e nel latente moto
suggerito dalle aggraziate
posture.
L'altra figura decisiva nella formazione artistica di Francesconi fu Domenico Rambelli, lo
scultore e ceramista faentino che sarà docente nell'Istituto Statale per la Ceramica della città
natale e nell'Accademia
di Belle Arti di Roma, dove, alla Quadriennale del 1939, vincerà il I Gran Premio
Nazionale per la scultura.
Il rapporto di Francesconi con Rambelli rappresenta una delle chiavi più idonee per
comprendere il messaggio stilistico del primo.
Francesconi aveva conosciuto Rambelli quando lo scultore faentino frequentava, a
Viareggio, Lorenzo
Viani; del gruppo faceva parte, oltre a Plinio Nomellini e Moses Levy, anche Galileo
Ghini, fanoso pittore e
ceramista.
Tra i pittori è interessante rimarcare la presenza del livornese Plinio Nomellini, che
Francesconi conobbe ed ebbe modo di apprezzare per la potenza delle sue soluzioni cromatiche e simboliche;
da lui, molto probabilmente, apprese l'ambiguità latente tra simbolismo e naturalismo, presente nel
periodo versiliese del
pittore.
L'ambiente, evidentemente, si prestava per approfondire tematiche artistiche, in mezzo ad
avvenimenti
poetici, letterati e musicali; il magico clima del luogo era costellato di mostre d'arte e
spettacoli, che interessavano spesso i luoghi classici della villeggiatura: il Casinò, il Politeama, i grandi
alberghi.
In questo particolare contesto si cala la collaborazione tra Viani e Rambelli, alla quale
non fu estraneo
Francesconi.
I primi due artisti, infatti, erano impegnati nella definizione del bozzetto da inviare
alla gara per il Monumento ai Caduti, da erigersi a Viareggio in Piazza Garibaldi, luogo già consegnato
simbolicamente dal Comune alla locale Associazione Combattenti, il 4 Novembre dell'anno 1920.
Il bozzetto, dopo una difficile e polemica selezione di oltre sessanta opere, eseguite da
una commissione nella quale era inserito anche Leonardo Bistolti, senatore del regno e celebrato
scultore del tempo, fu
accolto dalla giuria nel settembre del 1922, pochi giorni prima che Francesconi partisse
per la Francia.
I due famosi artisti, comunque, non dimenticheranno il giovane collega neanche quando
emigrerà in
terra francese e gli invieranno a Parigi una foto del monumento in fase di lavorazione,
riproducente, in particolare, l'Eroe del mare, una delle tre figure inserite nel gruppo celebrativo.
Questo lavoro, confrontato con le opere monumentali eseguite in futuro da Francesconi,
lascia trasparire il nesso stilistico esistente tra Viani, Rambelli ed il giovane scultore viareggino.
I Contenuti, l'unità della composizione e, maggiormente, la capacità che hanno le forme
di reggere lo
spazio, sono patrimonio comune ai tre artisti, come l'istintivo convincimento che l'arte
debba esprimere lo
spirito della società in cui vive, e svolgere, pertanto, una funzione che sia anche
sociale.
E Francesconi, come Viani, canterà gli umili, per quella particolare conformazione
caratteriale, così
ben definita in un giudizio critico di Pietro Profili, espresso in occasione di una
personale: "Solo e battagliero, convinto di un significato sublime dell'arte, schivo e lontano dalla mondanità
frivola e sofisticata, ha sempre lottato per il trionfo della realtà definita nel suo essere, ...nella sintesi
dell'immagine e del movimento.
Ogni opera è un mondo, un problema, un elemento di conoscenza insostituibile".
I contatti con Viani e con il suo pensiero, frequenti "fra un bicchiere ed un altro,
all'Osteria del Patacchino", lasciano il segno nel giovane animo di Giulio, il fascino della permanenza
parigina del più noto collega
lo incita a seguirne le orme e Francesconi decide allora di andare a Parigi a piedi,
" a tappe, di paese in paese, disegnando sui marciapiedi per campare".
La proposta colpisce Viani, che si riconosce nell'istinto cruento del giovane seguace, pur
considerando
la scelta impulsiva e giudicandola con un secco sermone: "Anche tu sei bruciato dal
libeccio!"
La trasferta nella capitale transalpina è ormai decisa; Francesconi informa del suo
intendimento l'amico Rambelli e lo scultore Amerigo Focacci di Pietrasanta, che si dichiarano disposti ad
aiutarlo economicamente nell'impresa.
Del
primo abbiamo già diffusamente parlato, mentre il secondo, divenuto famoso a Parigi per
piccoli
gruppi lignei, è ricordato nelle note autobiografiche del nostro artista per aver
inviato, "all'amico carissimo Giulio Francesconi", la foto di un ritratto da lui eseguito, sul retro della quale
Zelinda, la moglie di Francesconi, annoterà in seguito, con crudo realismo "Testa di un amico greco, Giovanni
che ci pagò un caffè e
latte... dopo cinque giorni di digiuno. Parigi, 1922", confermando la dura realtà
che avrebbe atteso, di lì a
poco, Francesconi e la moglie in terra francese.
Amerigo Focacci, rientrato in Italia dopo 15 anni di permanenza in Francia, finirà la sua
tormentata esistenza in un piccolo studiolo posto nella pineta di Viareggio.