Bassanello nei Suoi Angeli e nei Suoi Santi
di
Antonino Scarelli
Su Gentile
Concessione dell'Autore
Viene Pubblicata la Parte del Libro Riguardante il Nostro Santo Patrono !!!
San Lanno
La storia di
Bassanello è intessuta dalla figura del suo patrono S. Lanno. La devozione e la
fede che gli abitanti tutti hanno nei suoi confronti sono il segno tangibile di
come un martire possa aggregare intere generazioni di cittadini. Anzi, come già
nella visita pastorale del Vescovo Gozzadini del 1627, esisteva una
Confraternita dedicata a Sancti Landi patroni "...societas laicorum eiusden
Sancti".
L'iconografia usuale
ce lo rappresentava vestito da cavaliere romano con il vessillo crociato e la
palma del martirio. Lo stemma della famiglia Landi di Piacenza, che ricalca la
vita del Santo, si riassume in una fune, un albero ed una spada. La simbologia
della palma (5) - offerta ai vincitori come segno di vittoria e portata in
trionfo - è stata assimilata dalla cultura cristiana ad emblema della vittoria,
inteso come trionfo del martirio sulla morte; con stesso significato appare
anche nell'episodio evangelico dell'entrata di Cristo in Gerusalemme. Nel quadro
presso la cappella a lui dedicata in Santa Maria l'angelo che discende dal cielo
porta due corone di rose poichè la tradizione cristiana, assimilando anche tale
significato, vede nella rosa con le spine l'immagine del tormento dei martiri.
Invece, nel quadro del martirio presso la sacrestia, la corona che portano gli
angeli è d'alloro che per la dottrina crstiana è simbolo di eternità, in quanto
sempreverde, e di castità, giacchè le sue foglie non si deteriorano mai.
Di origini germaniche,
come lascia supporre l'etimologia del nome; al vocabolo Land (terra) è
stata aggiunta la desinenza us fino a formare il nome Landus, che
per locuzione dialettale è diventato Lanno. Simboli iconografici del santo sono
un albero, una fune ed una spada, strumenti del suo martirio, come riportato
anche nel blasone della famiglia Landi di Piacenza che ne conserva alcune
reliquie.
Lanno nacque intorno al
279-280 sotto il pontificato di Eutichiano e l'impero di probo, da una famiglia
nobile e cristiana; lasciò presto la patria terrena e, quale coraggioso
difensore della Verità, scelse la patria universale della Chiesa, dirigendosi
verso una terra dove avrebbe presto dato la suprema testimonianza del sangue.
Poichè di origini nobili, entrò nell'esercito adolescente, nella vicina Treviri,
quando correva l'anno 292 e il cristianesimo si era diffuso largamente
nell'esercito, in un periodo di tolleranza religiosa. La legione XIII
"Fulminante", reclutata da Marco Aurelio in Armenia, prima nazione a
riconoscersi cristiana, era infatti composta quasi interamente da cristiani.
Lanno fu scelto da
Massimiano per far parte della guardia imperiale ed accettò lealmente la
disciplina militare al servizio dell'imperatore. In questo modo il santo
intendeva forse coniugare il suo desiderio di difendere con la spada non solo la
civiltà di Roma, ma anche il tesoro della fede. Tuttavia, quando ebbe la
percezione di una recrudescenza delle persecuzioni contro i cristiani, nel 294,
si schierò decisamente sotto la bandiera di cristo, sentendo la forza portentosa
della verità. La sua figura di cavaliere-soldato che impugna il vessillo della
croce è l'iconografia più fedele del Santo. Venuto in Italia al seguito di
Massimiano (di ritorno dalle Gallie), dopo un breve periodo, presumibilmente
trascorso a Roma, sosta nell'antica Faleri (sulla via Flaminia). Qui in una
grotta ritrovò e battezzò i suoi fratelli spirituali, S. Valentino, S. Rotilio,
S. Ilario, S. Florenzio e S. Felicissima. Presa la via Amerina, una diramazione
della Flaminia che conduceva ad Ameria (Amelia), giunse a Bassanello, già
castello etrusco.
Per la predicazione
incessante della fede di Cristo, delle verità della religione cristiana e per il
confutare gli errori del paganesimo e la religione dello stato, divenne un
personaggio troppo in vista e finì presto davanti all'augusto imperatore
Diocleziano che, dopo un primo periodo di tolleranza e favore verso i cristiani
(sua moglie Prisca e sua figlia Valeria lo erano), ne divenne un feroce
persecutore, a cominciare proprio da quelli arruolati nell'esercito. Questo
comportamento era dettato dalla paura dello sfaldamento dell'impero e dalle
pressioni incalzanti di due dei tetrarchi, il cesare Galerio e l'augusto
Massimiano. Da rilevare che, con il primato che aveva nella tetrarchia da lui
ideata (quarto era il cesare Costanzo Cloro), oltre alla giurisdizione
dell'Impero d'Oriente (con capitale Nicomedia), si riservò importanti atti del
governo, tra cui le persecuzioni, anche quando avvenivano fuori della sua
provincia.
Davanti al magistrato
imperiale, dove per poter essere assolti bastava negare la propria fede, Lanno,
nella intatta costanza della sua fede, subì una terribile tortura. Condotto al
tempio ed indotto a sacrificare alla divinità di Marte, si ribellò e fece
crollare il tempio sotto cui si frantumò l'idolo e perirono i sacerdoti pagani.
La sentenza della pena capitale con la decapitazione a mezzo dell'arma onorevole
della spada non tardò a venire e doveva essere eseguita fuori dell'abitato.
Mentre il santo era condotto al supplizio, un cieco si fece condurre davanti al
martire che, toccati i suoi occhi in nome di Cristo, ridiede loro la luce.
Presso la cappella del martirio del Santo alcune grotte lungo la strada avevano
per toponomastica San Ceconato.
Sul luogo del martirio
il Santo, appena diciassettenne, si tolse la clamide, si inginocchiò, piegò il
capo e congiunse le mani pronunciando le parole "in manus tuas, Domine,
commendo spiritum meum". Nell'anno precedente al martirio dell'altro milite
San Sebastiano, nel dies natalis del 5 maggio del 296, la terra di
Bassanello si bagnò e si impreziosì del suo sangue. Con il suo sacrificio,
l'impronta di Cristo segnerà per sempre le genti che verranno. Alcuni fedeli
riuscirono a trafugare le sue spoglie mortali e a seppellirle in prossimità
delle mura castellane. Furono poi traslate nell'antica basilica bizantina -
dedicata anch'essa a Santa Maria - e successivamente, per sottrarle al pericolo
delle invasioni saracene, (6) tumulate dentro le
mura castellane. Tra le varie interpretazioni della sigla E.P.S. nell'epigrafe
di terracotta rinvenuta nel 1628 presso il loculo sepolcrale, vi è quella più
probabile dell'"Ereptus Periculo Saracenorum".
(5) La
palma, grazie all'armonica disposizione delle sue foglie simili a raggi, è stata
associata sin dai tempi antichi al mito del Sole, evocando immagini di gloria ed
immortalità. Quale fausto presagio nella leggenda sulle origini di Roma, Ovidio
racconta che Rea Silva - poco prima di partorire - avrebbe visto in sogno Romolo
e Remo sotto forma di palme dai rami maestosi che si ergevano verso il cielo.
(6) Nel
secolo IX, quindi ancor prima delle crociate, il territorio di Bassanello,
nell'arco di un trentennio, fu ripetutamente invaso dai saraceni; per questo,
fino al 1700, durante le feste patronali era uso fare la Giostra del Saracino.
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