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Statua di San Rocco
Sita nella Chiesa di S. Maria di Vasanello Rocco Sepolto a Venezia,
dove fu portato nel 1485, fu considerato fino all'età moderna La Vita di San Rocco
La popolarità di san Rocco, cui sono
dedicate in Italia più di tremila chiese e cappelle mentre ventotto comuni e
trentasei frazioni ne portano il nome, è dovuta sopratutto al suo ruolo di
protettore contro la peste, che colpì ripetutamente la nostra penisola fino al
XVII secolo. Fino al secolo scorso il suo nome, ora accentrato sopratutto nel Sud continentale e in Sicilia, era fra i più diffusi: di origine germanica, ma di significato incerto, potrebbe essere, secondo l'ipotesi meno infondata, l'ipocorostico - ovvero la forma abbreviata e morfologicamente modificata - di nomi germanici dalla radice onomatopeica hrok (corvo), come ad esempio Hrokhard, molto diffusi anticamente perchè questo uccello era considerato il simbolo della creazione e il compagno di Wotan. Diversamente da altri santi medievali molto popolari, come Antonio di Padova o Caterina da Siena, su Rocco si hanno poche notizie certe perchè le fonti sono lacunose e infarcite di episodi leggendari. Gli unici dati su cui tutte concordano è la nascita a Montpellier, in Linguadoca, e il lungo pellegrinaggio in Italia. La data di nascita varia invece, secondo le fonti, dalla fine del XIII secolo alla prima metà del seguente, così come quella della morte, fissata da alcuni agiografi al 1327, da altri nella seconda metà del XIV secolo. La vita più antica che possediamo, ma non certo la più attendibile, gli Acta breviora, un testo anonimo composto in Lombardia dopo il 1430, narra che Rocco, nato in una ricca e nobile famiglia, rimase presto orfano. Un giorno decise di vendere tutti i suoi beni a beneficio dei poveri e di partire in pellegrinaggio alla volta di Roma. Per questo motivo Rocco è raffigurato tradizionalmente con il bordone, il cappello largo per ripararsi dalla pioggia e dal sole, il mantello a mezza gamba chiamato poi in suo onore "sanrocchino", un rosario di grossi grani appeso alla cintola e infine sul petto la conchiglia di Santiago che serviva per attingere l'acqua dalle polle a fior di terra e dai fiumi. Durante il viaggio si fermò ad Acquapendente, nei pressi di Viterbo, dove un'epidemia di peste stava decimando la popolazione, e si prodigò a curare i malati, guarendone parecchi col segno della croce sulla fronte, Poi, avendo saputo che anche in Romagna infuriava l'epidemia, rimandò la partenza per Roma e, traversati gli Appennini, andò a Cesena e a Rimini rimanendovi fino alla scomparsa della pestilenza. Nel 1317 il pellegrino francese raggiunse finalmente Roma dove alternava la preghiera all'assistenza negli ospedali. Un giorno in quello di Santo Spirito conobbe un cardinale che alcuni agiografi hanno identificato con Anglico Grimoardo. Il cardinale, colpito dalla carità e dalla spiritualità del pellegrino, lo accolse nel suo palazzo come amico e consigliere: fu una decisione che gli avrebbe portato fortuna perchè quando un'epidemia di peste che serpeggiava nella città colpì anche lui, Rocco riuscì a guarirlo miracolosamente. Il santo rimase per tre anni a Roma dove grazie al suo protettore ebbe modo di incontrare anche il papa. Questo particolare testimonia a favore della tesi secondo la quale il pellegrino francese morì nella seconda metà del XIV secolo perchè il primo papa che tornò da Avignone fu Urbano V nel 1367, che tuttavia ripartì da Roma dopo tre anni. Vi ritornò definitivamente Gregorio XI nel 1377. Poi Rocco decise di ripartire per il suo viaggio: si avviò verso il Nord sostando negli ospedali che incontrava per la via a curare i malati. Giunto a Parma, venne a sapere che nella vicina Piacenza era scoppiata la peste. Allora affrettò il passo per portare il suo aiuto. Ma tutto quel suo prodigarsi non poteva non esporlo al contagio. Quando vide crescere il bubbone si allontanò da Piacenza per non obbligare gli altri a curarlo, rifugiandosi presso il fiume Trebbia, in una località chiamata Sarmato dove c'era una sorgente. Quelle terre appartenevano al patrizio Gottardo Pollastrelli che viveva in un castello vicino. Un giorno un suo cane entrò nella capanna dove si era rifuggiato Rocco. l'animale, vedendolo malato, si affezionò talmente a lui da portargli ogni giorno un poco di cibo sotratto alla tavola del padrone: sicchè nell'iconografia appare spesso il cane che offre una pagnotta al santo il quale, con la veste sollevata, mostra un bubbone sulla coscia. Il patrizio, incuriosito da quei furti e dall'andirivieni dell'animale, lo seguì scoprendo il malato. Invece di allontanarsi, come gli consigliava Rocco, volle curarlo amorevolmente. E se per il pellegrino francese le cure di Gottardo facilitarono la guarigione per tanti aspetti miracolosa, per il nobile piacentino, che fino ad allora si era dedicato soltanto a cacce, feste e amori, l'incontro segnò l'inizio di una nuova vita. Dopo la guarigione Rocco riprese il cammino fermandosi ancora una volta a Novara per curare altri appestati. Giunto ad Angera, sul Lago Maggiore, per una missione che gli aveva affidato il cardinale romano, venne arrestato dai gendarmi, che lo avevano scambiato per una spia, e rinchiuso nel carcere dove morì cinque anni dopo. I prodigi che avvennero subito intorno al suo corpo attirarono l'attenzione del governatore il quale scoprì, secondo gli Acta breviora, che era suo nipote per parte materna. Venne allora sepolto in una chiesa il cui nome non è indicato. In un'altra Vita, scritta da Francesco Diedo di Brescia intorno al 1477-1478, si situa la morte non ad Angera ma a Montpellier dove Rocco era tornato senza essere riconosciuto. Più che un pellegrino sembrava un poco di buono: sicchè venne arrestato e condotto davanti al giudice, lo zio Bartolomeo Rog. che non riconobbe il nipote in quel vagabondo stanco e smagrito. Rocco a sua volta, che non voleva godere di nessun privilegio, si rifiutò di rivelare la sua identità; sicchè il magistrato decise di rinchiuderlo in carcere. Per cinque anni durò la prigionia di quello strano "malfattore" che si comportava umilmente e spesso si vedeva inginocchiato a pregare. Narra la leggenda che poco prima della morte un angelo gli apparve nella cella annunciandogli la sua prossima comunione divina: un altro episodio che ha ispirato l'iconografia, come testimonia, fra gli altri, il quadro di Guido Reni, Rocco in carcere, nella Galleria Estense di Modena. Morì il 16 agosto all'età di trentadue anni. Aperta la cella del carcere, trovarono il cadavere con una tavoletta sotto il capo, dov'era scritto: "Coloro che colpiti dalla peste ricorreranno all'intercessione del Beato Rocco, prediletto da Dio, ne saranno immediatamente liberati". Incuriosito da questa notizia, arrivò anzhe lo zio che riconobbe il nipote non tanto dai lineamenti stravolti per i lunghi viaggi e per le sofferenze nel carcere, quanto da un segno speciale che portava fin dalla nascita, una croce di color rossastro, impressa sulla parte sinistra del petto, all'altezza del cuore. La tesi della morte a Montpellier è oggi considerata la più verosimile, mentre è impossibile trovare il bandolo della matassa per sicostruire le varie traslazioni delle reliquie fino a Venezia. C'è chi sostiene, secondo una tradizione italiana, che il suo corpo fu portato in Italia da un esercito francese che poi nel 1409, fuggendo, lo lasciò nella chiesa di Sant'Enrico a Voghera. Da quella chiesa fu poi trafugato e portato a Venezia nel 1485 da un monaco camaldolese, che tuttavia lasciò alcuni resti del braccio, conservati ancora oggi in un reliquiario d'argento nella parrocchia di San Rocco. Per altri invece la maggior parte delle reliquie vennero trafugate, nello stesso anno, a Montpellier da dodici veneziani che vennero chiamati benevolmente dai loro concittadini "pii avventurieri". Ma secondo gli storici della Linguadoca il suo corpo venne traslato ad Arles nel 1399 dal maresciallo Jean de Meingre de Boucicaut, lo stesso che secondo la tradizione italiana venne poi nella nostra penisola con le reliquie. Infine, nel XVII secolo ne furono riportati alcuni frammenti a Montpellier. Ogni tradizione si avvale di documenti apparentemente storici sicchè è difficile trarre una conclusione sicura. In ogni modo la città che ha onorato con più magnificenza san Rocco è Venezia, dove lo si venerava fin dall'inizio del XIV secolo. Nel 1480 alcuni gruppi di devoti del santo si riunirono in un'unica Confraternita che ebbe uno straordinario sviluppo quando, cinque anni dopo, arrivarono a Venezia le reliquie di san Rocco che vennero deposte provvisoriamente nella chiesa di San Geminiano, poi in quella di San Silvestro e infine, nel 1490, nella nuova chiesa a lui intitolata presso i Frari. Successivamente accanto alla chiesa venne costruita la Scuola Grande dove Tintoretto dipinse il ciclo di san Rocco. Il santo divenne così popolare a Venezia che il suo dies natalis del 16 agosto venne dichiarato festivo e si coniarono anche alcuni gustosi proverbi. Per esempio, si diceva "Varda, varda, san Rocco e 'I so can!" quando si vedevano per la via due persone sempre insieme. Quando invece vi erano gravi mali da curare o difficili situazioni da superare si diceva: "Bisogna che san Rocco mola el so can". Anche a Roma, fin dal 1499 esisteva una Confraternita che aveva costruito una chiesa, tutt'ora esistente, al porto di Ripetta con un ospedale che svolse una funzione preziosa durante le grandi epidemie del XVI secolo. A Roma l'Arciconfraternita, che aveva compiuto tante opere di carità, ottenne anche il privilegio di liberare un ergastolano all'anno in ricordo della ingiusta prigionia che aveva patito Rocco. La collocazione calendariale della sua festa ha ispirato ai contadini alcuni proverbi: si dice ad esempio che "Per san Rocco la rondine fa fagotto" nel senso che si prepara alla partenza per il Sud, prevista verso la fine del mese o ai primi di settembre. Un altro proverbio, romagnolo, invita invece a fare i capponi: "Quand che san Roch l'è arivè i gapun t'è da fè". Il cappone è il pollo castrato che dev'essere preparato in tempo in modo che possa ingrassare bene per le feste dell'autunno e sopratutto per quelle d'inverno. La fama di san Rocco si diffuse rapidamente in tutta l'Europa e, sebbene non si fosse mai celebrato un vero e proprio processo di canonizzazione, Gregorio XIII lo inserì nel 1584 nel primo catalogo ufficiale dei santi, il Martirologio Romano. Il culto crebbe ancora grazie alle terribili pestilenze del XVII secolo per declinare poi con il successivo. Nell'Ottocento invece rifiorì inaspettatamente con le epidemie di colera del 1835 e del 1854 contro le quali venne invocato come protettore. Oggi tuttavia il nuovo calendario romano generale non lo ricorda più al 16 agosto perchè è stato sostituito da santo Stefano d'Ungheria. Ma la sua festa si continua a celebrare con particolare solennità, specie nel Meridione, anche perchè è diventata l'occasione, a causa della sua collocazione calenderiale, per serate con fuochi d'artificio, danze, esibizioni di cantanti. A Palmi, in provincia di Reggio Calabria, la festa patronale ha conservato ancora caratteri dell'antico culto: durante la solenne processione, culmine della giornata, la sua statua è accompagnata dagli "spinati", penitenti che per voto indossano a torso nudo una cappa di arbusti spinosi per mortificare la carne. In chiesa vengono poi portati ex voto di cera che riproducono le parti malate del corpo di cui si è ottenuta o si vuole ottenere la guarigione per intercessione del santo, considerato in quei luoghi protettore di tutti gli infermi. Dal Volume "Santi d'Italia" di Alfredo Cattabiani La Statua di San
Rocco in Processione San Rocco
è Coprotettore di Vasanello e Viene Festeggiato 14 Agosto (Vigilia) 15 Agosto (S. Maria Assunta) 16 Agosto (San Rocco)
Santini di San Rocco
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