l'Ordinanza di Francesco Colonna
Principe di Palestrina, Conte di Carbognano e Signore di Bassanello
Quando nel 1577 Giulio della Rovere morì
senza lasciare eredi, il feudo di Bassanello passò in eredità alla sorella
Elena, moglie di Stefano Colonna, principe di Palestrina e conte di Carbognano.
Di questo principe, che aveva assunto il
titolo di signore di Bassanello, lo statuto non reca alcuna aggiunta. Forse, per
un pò di tempo, gli aggiustamenti apportati dal cognato predecessore avevano
ottenuto il loro effetto e la vita civile era stata riportata entro limiti di
accettabile correttezza. A garantire la tranquillità della vita interna del
paese, il suo successore Francesco Colonna emanò il 10 ottobre 1603 tre
importanti disposizioni di carattere morale, giuridico e politico.
Era stato a lui segnalato che alcuni membri
"della nostra terra di Bassanello" non avendo voglia di lavorare ("per fuggire
l'onorata fatigha") avevano abbandonato il paese ed erano andati a fare i bravi
("gli sbirri") in diversi luoghi d'Italia. Ora, tornati a casa, pretendevano di
essere ammessi a esercitare cariche pubbliche e "di godere la dignità e honore
che godevano gli altri". Questo fatto non aveva mancato di suscitare "disturbi
et male satisfactioni" tra i cittadini.
Messo sull'avviso dal Podestà, il principe
signore di Bassanello intervenne con una ordinanza piuttosto dura, e ordinò che
"nissuno nostro vassallo di detto luogo che fosse stato "sbirro" poteva essere
ammesso a qualsiasi carica pubblica e doveva esser considerato inabile ad
esercitarla "ipso iure", con l'avvertenza che chi ne avesse favorito la nomina,
sarebbe stato punito con la pena di cento scudi, con la privazione di qualsiasi
incarico e con altre pene a suo arbitrio. Per ordine del Podestà Filippo il
bando fu letto e poi affisso in piazza dal castaldo Giovan Battista Pompei il 10
Ottobre 1603.
Quattro anni dopo, il 15 settembre 1607, lo
stesso Principe fissò il principio giuridico che, in cause di qualunque genere,
due sentenze conformi passavano in giudicato, cioè diventavano definitive e non
potevano perciò esser più impugnate nè più appellabili. Stabilì, inoltre, che
nelle cause non eccedenti la somma di cinque scudi non era ammesso appello.
La terza disposizione non reca la data in
cui fu emanata ma anche essa dovrebbe risalire al primo decennio del sec. XVII,
nel periodo immediatamente seguente alla presa in possesso del feudo da parte di
Francesco Colonna. Con essa il principe fissava i criteri con cui, in
riferimento al cap. 124 del libro V, si doveva formare il Magistrato cioè,
l'insieme delle cariche pubbliche che regolavano la vita amministrativa e
giudiziaria del nuovo feudo.
Il consiglio generale, appositamente
convocato, doveva scegliere quattro uomini "che non fossero parenti stretti fra
di loro", cui si affidava l'incarico di formare una lista di 30 membri della
comunità, fra i quali "l'eccellentissimo Padrone" ne avrebbe scelti ("ne caperà")
sedici che sarebbero rimasti in carica per cinque anni.
Questa procedura si sarebbe poi ripetuta
ogni due anni: i nomi rimasti dovevano esser messi in un bussolo che sarebbe
stato custodito nella chiesa di Santa Maria e sarebbe stato tirato fuori solo 15
giorni prima dell'estrazione dei rimanenti che doveva avvenire in chiesa davanti
all'Arciprete.
Nessun uomo poteva esser eletto se non
fosse stato membro del consiglio generale o che fosse in debito con la comunità
o ad essa legato da qualche particolare interesse. Di questa loro condizione
essi dovevano avvertire prima i Priori in carica, a meno che non avessero
soddisfatto per intero il debito con il comune; in caso contrario sarebbero
stati privati dell'ufficio e i Priori sarebbero stati puniti, sia "i vecchi" che
i "nuovi". Le stesse norme valevano per chi fosse stato eletto Sindaco.
L'ordinanza si conclude con due altre
disposizioni che possono considerarsi di sorprendente attualità: ad evitare
qualsiasi tentativo di corruzione non era consentito ai sindaci di esser pagati
prima di aver assolto il loro compito né di "pigliare" danaro se non dal
tesoriere del Comune. I priori, a loro volta, non potevano esser rieletti se non
dopo 3 anni dall'incarico precedente e dovevano "avvertirne"" i Bussolanti
perché li mettessero "in lista".
Dopo le aggiunte del "signore" Francesco
Colonna, per oltre un secolo, lo statuto non fu più ritoccato.
L'ultima aggiunta fu emanata quando già da
37 anni la famiglia Colonna si era imparentata con la famiglia Barberini. Il
bando con cui il 21 marzo 1739 il principe Giovanni Battista rimette ordine
nella vita di Bassanello ci presenta un quadro morale e sociale non certo
rassicurante.
Nonostante i diversi richiami, molti padri
di famiglie e gli stessi figli passavano intere giornate all'osteria e nelle
bettole, a giocare a carte, a dadi o ad altri giochi proibiti. L'oste ne
favoriva furbescamente l'accesso, offrendo con facilità, a credenza, vino e
commestibili, con la riserva mentale di rifarsi, se non potevano pagare, con i
sequestri giudiziari "anche di robbe ad uso di donne".
Poiché ormai questi inconvenienti erano
diventati frequenti, il principe, confermando i bandi già emanati, ma rimasti
lettera morta, proibisce di nuovo, e risolutivamente, a qualsiasi persona "niuna
eccettuata", e sotto qualsiasi pretesto, di giocare a carte, a dadi e ad altri
giochi, ordina di sequestrare il danaro trovato nel gioco e punisce con una
multa di 10 scudi chiunque venisse sorpreso a giocare.
Le stesse pene avrebbero subito quelli che
davano "commodo" per giocare, quelli che "imprestavano" carte, dadi ed altri
giuochi e quelli che stavano a vedere, anche se fossero capitati lì per caso.
Gli osti e i bettolieri, che vendevano ai "figli di famiglia" vino e
commestibili in osteria, erano puniti con la perdita del credito e con la
proibizione di promuovere azione reale per recuperare i debiti "anche per la
minima somma".
Si concedeva loro la possibilità di esigere
simili crediti solo contro la persona del debitore "senza la speranza di
protesto reale" anche per una piccola somma, senza farla ricadere sopra la
famiglia ("la sola personale contro li debitori").
Per ovviare infine a siffatti disordini, il
bando ordinava agli osti e ai bettolieri di chiudere le loro botteghe "due ore
dopo la notte", cioè alle otto di sera. Dopo quell'ora, potevano aprire
solamente per alloggiare i forestieri. Su queste disposizioni si sarebbe
proceduto "ex officio" per inquisizione. Il bando fu affisso "a pubblico" nel
solito luogo, con l'avvertenza che "costringeva" ciascuno come se gli fosse
stato personalmente intimato, il 2 giugno 1739 da Giovanni Massa, e vi rimase
per parecchi giorni.
La Torre a Santa Bruna
(Archivio Archeoclub Vasanello)