Prefazione Quando con la legge n. 142 del 1990 il Parlamento Italiano, nell'ottica di una maggiore autonomia delle realtà locali, obbligava ogni amministrazione comunale a dotarsi di un proprio statuto, fu naturale ripensare a quelli baronali che, in tempi ormai lontani, redassero i nostri padri. E' con questo nuovo interesse che nel Natale 1992 veniva stampato e diffuso dalla classe del 1953, deputata ai festeggiamenti di San Lanno, il libro "Gli Statuti di Bassanello", trascritti da Giacomo Porri, con introduzione dello stesso autore di questo scritto, Don Delfo Gioacchini. Fu cosa sorprendente constatare il grande valore giuridico del testo e il grande senso civile della nostra gente che rendono le disposizioni legislative bassanellesi del XVI secolo assai più interessanti, rispetto a quelle di cui oggi il nostro comune è dotato: bisogna però tener presente che se le norme cinquecentesche dovevano servire a regolamentare la vita civile, penale e sociale della comunità per "l'honesto vivere et pace della terra", oggi gli strumenti delle istituzioni locali e le finalità dello statuto stesso sono notevolmente ridimensionati. Oltre che per la sorpresa però, gli statuti di Bassanello, per noi generazioni future, debbono essere spunto di riflessione attenta e accurata, se è vero quel che afferma Michael Sturmer: "la storia non conosce nè principio nè fine. Gli uomini, il tempo e la storia stessa sono esposti ad un incessante movimento. Per questo ad ogni generazione la domanda su -da dove vengano e da dove vanno gli uomini- si pone sempre in termini diversi". Le scoperte scientifiche e un maggiore occulturamento della popolazione hanno infatti migliorato la qualità della vita, hanno profondamente cambiato la struttura del nostro paese, ma la gente che in esso vive ha sostituito, forse troppo frettolosamente, con surrogati e false ideologie quei valori semplici e proprio perchè tali, sani e genuini. Attenzione però a non leggere questo scritto con spirito nostalgico pensando alla Bassanello felice che fu: carestie, guerre e morte erano sempre alle porte e non mancavano sicuramente dissidi, odi e frizioni all'interno della comunità. Questo è dunque uno scritto da leggersi in maniera attenta, tenendo conto, oltre che del grande valore storico-giuridico, anche delle sue grandi potenzialità educative, ancor più evidenziate dall'analisi chiara e lineare che ne fa Don Delfo Gioacchini, latinista e storico che ben conosce il diritto antico come pure dimostrano le sue pubblicazioni sugli statuti ortani ("Statuti della città di Orte" nel 1981 e "La comunità Ortana nei secoli XV e XVI" edita nell'anno seguente). E' infatti con spirito attento e cercando di coglierne l'insegnamento, che è possibile trovare tra le righe di questo testo spunti interessanti di una società, che con semplicità e facendo leva sul buon senso, si seppe dare delle regole notevoli e spesso rivoluzionarie per il proprio tempo. Sicuramente importante è sottolineare la marcata democraticità del testo, voluto fortemente dai poco più che cinquecento bassanellesi e redatto dai "sex viri legibus scribundis", che erano popolani, loro rappresentanti dunque, non letterati nè tanto meno principi. D'interesse notevole, inoltre, sono le norme che riguardano la donna e il suo ruolo nella società e nella famiglia, norme sulle quali però è d'obbligo fare qualche precisazione: Bassanello era nel XVI secolo ad economia prevalentemente agricola, pertanto la sua gente viveva in un ambiente relativamente isolato e anche la sua posizione geografica, lontana da grandi vie di comunicazione o da grandi centri, non favoriva l'interscambio culturale con altre realtà. Questo spiega come importanti innovazioni culturali rimanessero spesso estranee ai piccoli sobborghi o arrivassero in ritardo, e la dimostrazione è la posizione della donna nella suddivisione patrimoniale, che negli statuti bassanellesi ricorda più le impostazioni statutarie del trecento che non del cinquecento. Lo statuto di Viterbo del XIII secolo, ad esempio, è molto simile a quello di Bassanello nell'escludere la donna da ogni lascito dei genitori fuorchè dal diritto di avere una dote per maritarsi: nella PARS CIVILIUM dello statuto viterbese del 1251 si legge: "Statuimus quod, si aliquis decesserit, relictis filiis vel filiabus, et aliquid relinquatur filiabus in testamento, in eo quod pater eis reliquerit sint contente, nec aliquid in bonis paternis petere possint iure falcidie nec alia qualibet ratione, nisi quod de fratrum processerit voluntate" ("stabiliamo che se qualcuno è deceduto, lasciati i figli o le figlie, e qualcosa sia lasciato alle figlie nel testamento, siano contente in quello che il padre ad esse avrà lasciato, nè possano richiedere qualcosa nei beni paterni per diritto della legge Falcidia nè per qualsiasi altra ragione se non quello che sarà derivato dalla volontà dei fratelli"). [1] [1] - La Legge Falcidia assicurava all'erede la quarta parte dell'asse ereditario al netto di ogni onere e debito.
Piazza Vittorio Veneto
La Cappella del Martirio
La figura
femminile è dunque relegata in uno stato di indiscussa inferiorità, come
dimostra anche la legislazione penale sullo stupro (il reato decadeva se il
violentatore riparava sposando la vittima); nonostante ciò tuttavia alla donna
venivano riconosciuti pochi ma insindacabili diritti: da quello di potersi
riappropriare della dote in caso di abbandono da parte del marito a quello di
potersi avvalere di una giustizia che commini pene dure a chi offenda con atti
fisici o verbali il suo onore.
Il Castello dei Marchesi
Misciattelli
Merita,
inoltre, un'attenta considerazione il rapporto della nostra gente con il Santo
Protettore San Lanno, il cui culto, minuziosamente riportato nelle aggiunte
degli statuti, è ancora oggi molto vivo. Se, infatti, da un lato il nostro
linguaggio è nei Suoi confronti un po' troppo blasfemo (cosa deplorevole e che
va condannata senza mezzi termini) dall' altro l'indifferentismo religioso e il
secolarismo, sembrano aver toccato solo in parte la nostra comunità, non
risparmiando invece realtà geograficamente e culturalmente vicine a noi. La
nutrita partecipazione al programma religioso durante i festeggiamenti in onore
del santo o i numerosi fedeli, che quotidianamente frequentano e venerano la
Cappella del Martirio, dimostrano come il fedele vasanelle-se veda ancor oggi in
San Lanno un punto di riferimento fondamentale: un cristiano, dunque, ancora
devoto, come nel XVI secolo, al cavaliere di Cristo, che non essendo, per usare
le parole di Giovanni Paolo II nell'Enciclica CHRISTOFIDELES LAICI, "inebriato
dalle prodigiose conquiste di inarrestabile sviluppo tecnico-scientifico", non
"taglia le radici religiose che sono nel suo cuore ". Questo è, dunque, un libro
in cui si possono trovare, oltre che numerose curiosità, anche notizie di grande
valenza storico-giuridica, che Don Delfo Gioacchini ha saputo ben cogliere
scrivendo un testo non solo su Vasanello, ma anche e soprattutto per Vasanello.
Giampiero Mecocci
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Prefazione
| Introduzione | LIBRO PRIMO PARTE SECONDA - Codice Civile | LIBRO TERZO - Delli Malefitii | LIBRO QUARTO - Dei Danni Dati | | LIBRO QUINTO -
Delli Straordinari |
LE AGGIUNTE E GLI ALLEGATI -
Le Aggiunte
e gli Allegati | | San Lanno Protettore di Bassanello | APPENDICE I - La Ceramica Vasanellese nel Novecento di Giampiero Mecocci | Piccolo Dizionario | | APPENDICE II - Statuto della Deputazione Festeggiamenti San Lanno | Dignità Magistrali | Monete | Ringraziamenti |
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