C'è Un Martire

Quello che la Passio di S. Lando ci riferisce circa l'interrogatorio abbiamo già detto che possiamo ritenerlo valido nella trama di fondo, non nei particolari. Quel che è certo è il procedimento abituale che si osserva in questi Processi, i quali raramente si svolgevano alla presenza di soli Magistrati, ma molto più spesso avvenivano nel Pretorio alla presenza del popolo. Si ricorreva dapprima alle lusinghe per ottenere dal condannato l'abiura della propria Fede; se egli non cedeva, si passava alle minacce e se neppure così la sua costanza vacillava, si passava alla tortura. Quello che la malizia umana di ogni epoca è riuscita a escogitare in tal campo supera la umana immaginazione, e per capire come il demoniaco possa trovar posto nel cuore degli uomini, basterà affacciarsi a questi antri di morte dove, dai tempi di Nerone fino ad oggi, viene convertito in odio satanico il precetto dell'amore vicendevole scolpito dal Vangelo nelle nostre coscienze. Ma il perdono cristiano dei martiri innumerevoli e spesso sconosciuti di ogni tempo è riuscito a gettare una luce di redenzione su questi luoghi di tortura per ridire ai nostri cuori sgomenti per tanta efferatezza che un giorno l'Amore trionferà sull'odio, e che, secondo la promessa divina, «le porte degli inferi non prevarranno».

Quando il magistrato si avvide che nulla poteva far cedere la costanza del giovanetto, ordinò che fosse condotto fuori e battuto a sangue. Era giunto il momento per il giovane cavaliere di Cristo di testimoniare la sua Fede non più soltanto con l'innocenza della vita e con l'ardore della predicazione, ma col sangue, perché la sua rassomiglianza col Martire divino fosse perfetta. Tremò certo la fragilità umana di fronte agli orrori dei supplizi e della morte, ma una forza scese dall'alto per sostenerlo e rianimarlo: il Re dei Martiri era con lui, soave e forte, in tutta la sua onnipotenza divina.

Quando lo ricondussero dinanzi al magistrato con le membra livide e insanguinate, ogni timore era scomparso: il cuore cantava gioioso il suo amore incrollabile per Cristo. Visto vano ogni sforzo per piegarlo fu condotto nuovamente fuori del Tribunale. Si era con tutta probabilità in aprile, nell'epoca in cui si svolgeva dovunque, e naturalmente anche a Vasanello, la processione propiziatoria al dio Marte perché tenesse lontana dalle messi la ruggine. Il 25 Aprile questa processione si snodava partendo dal "castrum" di Vasanello e si portava fino al tempio di Marte, fuori dell'abitato, ove si offriva un sacrificio propiziatorio Non è difficile che, approfittando di questa solennità e del grande concorso di popolo, Lanno fosse condotto al tempio di Marte perché si decidesse a sacrificare agli dei. Sulla veridicità del crollo miracoloso del tempio pagano in seguito alle preghiere del Martire, quale ce lo riferisce la Leggenda, non è possibile nessuna affermazione, certo è che la morte del giovane araldo di Cristo avrebbe suggellato nel sangue il trionfo del Cristianesimo sulle eresie pagane e il Vangelo non avrebbe tardato a diffondere il suo messaggio di verità fra quelle popolazioni precedentemente così ostinate nel paganesimo. Fu quindi un crollo simbolico se non materiale.

L'impossibilità di piegare Lanno a sacrificare agli dei accese ancor più il furore dei persecutori: immobilizzatolo ad un albero, cominciarono a passare sulle carni nude delle tenaglie roventi. Il crepitio della fiamma si confondeva con le imprecazioni dei carnefici, ma nulla distoglieva Lanno dall'assorta preghiera al suo Dio perché gli concedesse costanza e forza fino in fondo. Non era giunta ancora l'ora della sua morte, gli restavano dieci giorni di carcere per prepararsi, nel tormento delle carni bruciate, all'incontro finale col suo Dio. E giunse la mattina del 5 maggio del 296: condannato alla decapitazione, Lanno veniva condotto un po' fuori delle mura di Vasanello perché venisse eseguito il decreto imperiale.

La natura era smagliante di colori primaverili e risuonava armonioso il canto degli uccelli: il cielo terso e limpido si sarebbe detto una sfida crudele in quell'ora di morte, ma invece tutto cantava e risplendeva per questo nuovo Martire che veniva ad impreziosire la chiesa di Cristo con il suo sangue. «Gloria a Dio nell'alto dei cieli» ripeteva il cuore di Lanno mentre percorreva per l'ultima volta le vie della terra, «gloria», rispondevano gli Angeli che, invisibili, lo scortavano e lo confortavano e la loro adorazione saliva al trono di Dio pura e gradita come volute di purissimo incenso. Non era un corteo di morte, era un ingresso trionfale nei cieli che, aperti, attendevano di accogliere questo prediletto di Dio chiamato ad offrire le proprie membra perché Cristo potesse rinnovare in lui la Sua Passione.

La leggenda ci dice che prima di giungere al luogo del supplizio, al passaggio di Lanno un cieco recuperasse la vita e la tradizione popolare ha conservato memoria del fatto denominando il luogo S. Ceconato. Impossibile ? Certamente no; la luce divina che letteralmente lo inondava e trasfigurava può ben essere rifluita su uno sventurato per risanarlo nel corpo, presagio delle innumerevoli grazie fisiche e spirituali che la sua intercessione avrebbe ottenuto lungo i secoli. Poi il corteo si fermò: il breve cammino terreno del giovane cavaliere di Cristo era giunto al suo termine. Piegò le ginocchia, pregò, porse il collo; il suo sguardo non vedeva già più la terra: «Accoglimi, Signore, secondo la tua parola e vivrò». Si effondeva dal suo cuore silente e forte il perdono dei suoi nemici e si faceva supplica a Dio per poterli avere un giorno compagni in Paradiso. Una pace sovrana scendeva su lui e si rifletteva sui presenti afferrati da una commozione profonda per quell'olocausto sereno e sublime.

La spada scintillò rapida nel sole staccando di netto il capo del martire: l'agone era finito, la sua anima si immergeva nella luce senza tramonto del volto di Dio ! Aveva chiesto la vita e Dio gli dava gli anni senza fine dell'eternità. La terra bruna di Vasanello si impregnava del sangue del novello Martire e in questo supremo battesimo un vincolo di straordinaria comunione veniva suggellato tra il cavaliere germanico e i suoi fratelli ancora in gran parte schiavi dell'errore e del paganesimo. La gioia di Cristo sarebbe però discesa a purificare i loro cuori e a lanciarli nella libertà dello spirito evangelico.

Restava ora il compito dolce e doloroso di ricomporre nella pace del sepolcro i suoi resti mortali perché ivi attendessero di partecipare alla gloria dell'anima nel giorno supremo della Resurrezione. Si sa che durante la persecuzione di Diocleziano era stata abolita la concessione di restituire i corpi dei Martiri ai loro parenti o confratelli di Fede, perché ci si era accorti che ogni sepolcro diveniva meta di preghiera e di culto. Forse la relativa lontananza da Roma o la pietà suscitata dalla morte prematura del giovanetto straniero permise ai Cristiani presenti di ottenere il corpo e di seppellirlo probabilmente presso le mura castellane del paese dove in diverse circostanze sono apparse delle cavità sotterranee che potevano prestarsi assai bene a tale scopo. La, nel silenzio solenne che sempre accompagna il mistero sovrumano della morte, circondate dalla preghiera commossa dei suoi fratelli in Cristo, le spoglie di S. Lanno scendevano nella pace del sepolcro.

Hai vinto la tempesta della vita, hai vinto e resti nella luce !

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