Il Cavaliere di Cristo Da quando abbiamo raccolto finora è forse possibile tracciare un breve profilo biografico di S. Lanno che se non potrà essere controllato nei particolari, abbiamo però fiducia che corrisponda in gran parte alla verità. La storia ci viene in aiuto fornendoci dati e notizie dei quali non è lecito dubitare e che possono spiegare, in certa misura, gli avvenimenti personali del giovane martire germanico. Accettiamo subito come definitiva l'alterazione dialettale del nome per rispetto alla pietà popolare che l'ha venerato a lungo con l'appellativo di Lanno. Abbiamo visto che le Passio rimasteci sono concordi nell'indicarlo come Lando, mentre l'epigrafe ritrovata nel sepolcro ce lo indica come Lanno. Evidentemente le Passio hanno attinto ad una fonte storica primitiva e preesistente alla deformazione dialettale che attraverso i secoli s'era prodotta rispetto al nome autentico. Tale deformazione venne raccolta dall'ignoto incisore dell'epigrafe mortuaria la quale risale al IX secolo, epoca in cui il nome aveva già subito questa alterazione. Il fatto che l'epigrafe sia così tardiva rispetto al martirio del Santo spiega dunque con tutta evidenza la divergenza tra tradizione orale e tradizione scritta. Del resto la stessa nomenclatura della terra che custodisce i resti del Martire ha subito alterne vicende proprio per la stessa alterazione che di Bassanello aveva a lungo andare mutato la pronunzia in Vassanello, come consta dalla lapide della Chiesa Parrocchiale di S. Salvatore (anno 1038, il tempo in cui Bassano e Bagnolo venivano tramandati come Vassano e Vagnolo). Per quanto riguarda la patria del Santo abbiamo già visto che la tradizione è concorde sulla sua origine germanica: Colonia viene indicata come la sua città natale. Sappiamo che nel 51 dopo Cristo, Colonia, a specchio sulle acque del Reno, era divenuta colonia romana e ben presto il cristianesimo si era diffuso in quella fiorente città. Lanno lo aveva quindi respirato nella terra natia anche se non è possibile affermare che fosse già cristiano quando scese in Italia. Comunque la cosa è probabile, anche perché una resistenza morale come la sua di fronte allo incalzare della persecuzione e della tortura risente più di un cristianesimo di lunga data che non di una conversione recente. Ciò che dovette allontanarlo dalla sua Colonia fu certamente l'arruolamento nell'esercito, cosa allora frequente nei giovani Germani, discendenti da una popolazione bellicosa e ardente. Tacito riferisce che molti nobili adolescenti chiedevano spontaneamente di andare in molte nazioni che erano in guerra. Fu questo probabilmente il motivo che indusse Lanno ad anticipare il suo arruolamento nell'esercito romano, arruolamento che per norma avveniva, con solenne apparato, verso i diciassette anni. Ora sappiamo dalla perizia necroscopica eseguita sui resti di S. Lanno che all'epoca de! martirio egli poteva avere quindici o sedici anni. La scienza medica è in grado di affermare, mediante le dimensioni e l'aspetto esterno delle ossa, l'età di coloro ai quali esse appartenevano. Si è perciò in grado di affermare che il giovane Lanno dovette essere investito solennemente dello scudo e dell'asta cavallereschi verso i 13 o 14 anni.
Statua e Ampolla Contenente le Reliquie di S. Lanno Aveva così lasciato i giuochi della fanciullezza ed era entrato con giovanile entusiasmo nella milizia romana: sognava di difendere col proprio braccio la patria, nel suo cuore nobile e generoso un ideale di donazione e di eroismo splendeva alto. Possiamo essere certi che non fosse un qualsiasi avventuriero, ma perché escludere che la passione delle avventure cavalleresche, che portava nel sangue, desse alla sua giovinezza un impulso potente e gioioso ? Non sapeva certo, lasciandosi alle spalle la città natale, che non l'avrebbe vista mai più né poteva prevedere che Qualcuno, ben più potente dell'Imperatore Romano, avesse scelto per Sé, in assoluto, la sua giovinezza pura e ardente. Cristo avrebbe trasformato il giovane cavaliere germanico in un Cristiano, in un Santo, in un Martire. Del resto il gran numero di martiri usciti dalle file dell'esercito imperiale ci dice che non v'era contraddizione tra la professione delle armi e l'adesione alia fede cristiana. Si metteva la propria vita a difesa del diritto e della giustizia e quando la malvagità umana capovolgeva la situazione servendosi della forza per conculcare i diritti dei più deboli, allora si imponeva una scelta ed una professione di fede che poteva giungere fino alla testimonianza del sangue. Fu certamente questo il dramma intimo che S. Lanno dovette dibattere nella propria coscienza quando si avvide che combattere per l'Imperatore si stava volgendo in un combattimento contro il Cristianesimo. Quando la dolce luce di Cristo cominciò ad invaderlo e a fortificarlo risvegliando in lui un ardore soprannaturale ben più forte del precedente slancio guerriero ? Non sappiamo, ma certo contemplando l'azzurro cielo d'Italia i suoi occhi limpidi, assetati di vita, dovettero scorgere i bagliori inestinguibili della verità e dell'Eterno. Per quali vie egli potè giungere a Roma ? Non è improbabile che nel 292 egli avesse seguito in Italia, Massimiano, uno dei soci di Diocieziano nel governo del vastissimo Impero romano. Forse dalia residenza milanese di Massimiano fu inviato a Roma per svolgere il suo servizio al palazzo dei Cesari. Non era evidentemente l'ambiente ideale per un giovane che si apriva allora alla vita: il fasto e la decadenza morale della corte e della nobiltà romana opponevano uno stridente contrasto con la miseria e l'abbandono della popolazione del suburbio. Ma tanto tra i nobili quanto tra i poveri plebei non era difficile scoprire a volte la limpidezza di coscienze cristiane che portavano gelosamente in cuore la loro segreta appartenenza a Cristo. Una istintiva fratellanza di fede si stabiliva tra loro e li aiutava a far fronte alla dissolutezza dei più e agli assalti sempre più minacciosi contro la loro Fede. S. Lanno se ancora non fosse stato cristiano, lo divenne certamente in questo periodo, e a contatto di quei cristiani integri ed eroici il suo cuore dovette impregnarsi di Cristo e del Vangelo. Sarebbe cominciata di lì a poco la terribile epurazione dell'esercito in cui perirono molti soldati ed ufficiali anche della guardia imperiale. Ma ancora diffondere la propria Fede rimaneva possibile, e nel cuore il desiderio di far amare il suo Signore da innumerevoli anime urgeva con dolce prepotenza. Cosa lo condusse a Vasanello ? Senza dubbio la trama misteriosa della Provvidenza la quale guida su strade cariche d'amore ciascuna delle sue creature. La zona in cui conduceva il giovane apostolo del Vangelo era particolarmente difficile e chiusa al Cristianesimo: un insieme di culti pagani ereditati dagli Etruschi e da Roma tenevano le popolazioni in uno stato deplorevole di superstizione e di errore. Nella valle Tiberina era diffusissimo il culto di Marte e i sacerdoti pagani che lo tenevano desto dovettero salutare con ben scarso entusiasmo la comparsa del giovane cavaliere di Cristo. Alto, aitante come tutti i nordici, soprattutto nobile nel portamento per la Grazia che illuminava il limpido sguardo, si imponeva e trascinava per l'entusiasmo che traspariva dalle sue parole. Impossibile dire quanto durò questa sua permanenza nella terra di Vasanello e quali frutti di apostolato ne colse, ma è certo che la sua presenza non passò inosservata e del suo ardore cristiano giunse notizia nelle alte sfere dei rappresentanti imperiali. E fu deciso di porre fine a questa indesiderata predicazione che attirava nuovi adepti tra le file degli odiati cristiani. Giunse così il giorno dell'arresto: un procedimento giudiziario in piena regola con molto apparato esterno allo scopo di impaurire coloro che ne erano spettatori, nonché l'imputato stesso, il quale doveva persuadersi che con l'Imperatore non c'era da scherzare. Seguiva un periodo più o meno lungo di carcere prima che si svolgesse il processo e questa detenzione in luoghi volutamente orridi e oscuri doveva fiaccare la resistenza morale dei prigionieri e disporli all'abiura allorché gliene sarebbe stata fatta pressione durante il processo. Calava il buio attorno al giovane cavaliere di Cristo, finite le galoppate nelle belle campagne laziali, non più accanto a lui l'incoraggiamento dolcissimo dei fratelli di Fede; si ritrovava solo alla presenza di Colui che aveva acceso di entusiasmo il suo giovane cuore. E il Signore fedele, che da lungo tempo lo aveva guardato ed amato, non sarebbe mancato all'appuntamento nell'ora della prova: là nel carcere buio e desolato lo attendeva Cristo, luce del mondo per mostrargli che le sue parole erano Verità eterna: «Chi segue me, non resta nelle tenebre». Scendeva impalpabile nel suo cuore questa luce divina e diveniva conforto, forza, amore ardente. Nel silenzio la voce di Cristo lo invitava con forza: «Seguimi ! Non c'è amore più grande di chi da la vita per coloro che ama» e suscitava in lui desideri sconfinati di donazione. Sì, la sua notte si cambiava in giorno e in cuore cantava forte il presentimento del giorno intramontabile che stava per cominciare per lui.
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S. Lanno ! Leggenda o Realtà ?
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