MONUMENTI CHE SPARISCONO

IL MURAGLIONE

L'antico castello di Bassanello sorgeva su una collina tufacea a pianta triangolare, su due lati aveva eccezionali difese naturali costituite da profondi burroni ai piedi dei quali'scorrevano due piccoli torrenti. Sul lato Sud, invece, si apriva una fertile pianura in aperta campagna priva di ogni qualsiasi difesa. Per ovviare a ciò, i nostri antichi predecessori , scavarono un lungo e profondo fossato che congiungeva i due burroni laterali, (testimonianza ne sono ancora "Lo Stretto" e "lo Steccato", ed innalzarono possenti mura a difesa del borgo.

Per chi non lo sapesse, un tempo, la grande Torre del castello (Truione), e la torre quadrata, (ora campanile di S. Maria, erano collegate da uno spesso muro di difesa). Esso raggiungeva l'altezza del primo piano della torre di S. Maria, era costituito con grandi blocchi di tufo, privo di merli e percorribile entro il suo spessore da un camminamento aperto. Su questo muro, e precisamente presso il torrione, assai angusto, si apriva l'ingresso principale del paese e sopra la lunetta era dipinta l'immagine di S. Lanno posta a protezione dell'antico borgo. Questo muro di difesa, era chiamato famigliarmente dai bassanellesi: il Muraglione. Il 13-5-1883, il Consiglio Comunale, con atto N. 2, valutava la possibilità di abbattere il "muraglione" per le seguenti ragioni:

                                        1 - Abbellimento del paese.
                                        2 - Utile che si sarebbe ricavato dai sassi della demolizione.
                                        3 - Pubblica sicurezza.

A questa scelta dell'Amm. Comunale, si opponeva però il Principe Maffeo Barberini di Sciarra; con atti legali dell'Autorità Giudiziaria Amministrativa, asserendo che il "muragliene" era di sua proprietà.

La contestazione andò avanti per circa due anni, ed il Comune riuscì a superare questo contenzioso tramite un accordo. La sera del 20-2-1885, il Sindaco, Sig. Antonio Mariani, Convocava il Consiglio Comunale per metterlo al corrente di quanto concordato con il Principe e deliberare finalmente sull'abbattimento del "muraglione".

        Alla seduta presero parte:

                                        - Mariani Antonio Sindaco
                                        - Ancellotti Cesare
                                        - Ancellotti Luigi
                                        - Creta Andrea
                                        - Libriani Libriano
                                        - Maracci Francesco
                                        - Mariani Giovanni membro anziano
                                        - Mariani Pietro Paolo
                                        - Pieri Angelo
                                        - Porri Pietro
                                        - Scarelli Telesforo

        Non parteciparono al Consiglio:

                                        - Celestini Enrico
                                        - Mariani Giuseppe
                                        - Mariani Avv. Mario
                                        - Scarelli Girolamo

II Sindaco esponeva la proposta del Principe Sciarra che consisteva

1 - Cessione da parte del Comune di una piccola area triangolare, sotto il castello, e precisamente: l'area racchiusa da una linea retta in congiunzione della «Torre della Porta» (torrione) e lo spigolo del castello sulla strada dello "Steccato".

2 - In questa area, il Principe, avrebbe costruito un giardino.

3 - Cessione di una parte dei sassi ricavati dalla demolizione del «muragliene», per la costruzione del muro che avrebbe delimitato il giardino.

Il Sindaco, faceva notare che, questa operazione avrebbe portato numerosi vantaggi al Comune per i seguenti motivi:

1 - La cessione dell'area non avrebbe deturpato il vasto "piazzale".

2 - L'abbattimento del «muraglione» non avrebbe più permesso alla popolazione di recarsi fuori le mura per gli ordinari bisogni corporali. Eliminando così un potenziale deposito d'immondizia a prezioso vantaggio della salute pubblica, in un momento critico, essendo il colera alle porte della nostra provincia. -

3 - Si acquistava in decoro in quanto il Principe avrebbe creato un elegante giardino all'italiana.

4 - La cessione dei sassi per la costruzione del muro che avrebbe delimitato il giardino, era ampliamento giustificata dai molti benefici che la popolazione ed il Comune spesso avevano ricevuto dalla casa Sciarra, primo fra tutti la concessione di strade comunali, per finire all'ampliamento della passeggiata denominata la "Mossa".

Per queste ragioni si reputava sicuro che il Consiglio non si opponeva alla proposta del Principe ed invitava i consiglieri a deliberare. Il Consiglio votava la proposta all'unanimità per suffragi segreti. Alla stessa unanimità di voti (undici), per alzata e seduta, il Consiglio deliberava anche la somma di 200 lire per le spese di demolizione del muraglione ed il collocamento del materiale di risulta.

Letto ed approvato, il verbale è sottoscritto dal Sindaco Antonio Mariani, dal consigliere anziano Giovanni Mariani e dal Segretario comunale Cesare Pizzini.

Ora ogni bassanellese si domanderà: come mai l'area del giardino del castello è più grande (Circa il doppio) di quella concessa al Principe Sciarra ? Questo non è facile saperlo. Sappiamo però, che il 9.2.1945, il Geom. Giusto Mariani, presentò un'ingiunzione presso la Regia Conciliazione di Orte, perché venisse rispettato quanto concesso dal Comune di Bassanello nella seduta del 20.2.1985. Quanto richiesto dal Geom. Giusto Mariani, non fu mai giudicato per motivi a noi sconosciuti. E bene però,che tutti i bassanellesi appiano che sulle proprietà di Uso Civico non esiste usucapione, per cui l'area occupata abusivamente dal Principe Sciarra, può ritornare di proprietà comunale in qualsiasi momento.

FONTANE CHE SPARISCONO

Una fontana di acqua potabile, che fu di molta comodità e di molto aiuto a quella di "sotto", venne fatta costruire ed inaugurata dall'allora sindaco Luigi Ancellotti, sul finire del secolo scorso. Fu collocata vicino alla grande torre del castello (trujone) e anche se era sull'angolo della grande piazza (piazzale), oltre la utilità, portava decoro ed ornamento. Era stata costruita dallo "scappellino" Mauro di Orte su un blocco di pietra massiccio. Da una colonnina posta al centro della fontana, sprigionavano due cannelli di acqua, poi ridotti ad uno. L'acqua che alimentava questa fontana, proveniva da "Poggio del Lago", attraversando il prato "Maria Maddalena" dove era stato costruito un tombino che serviva da aspiratore. Il ricasco della fontana, attraverso una tubazione, sfociava ad una trentina di metri in un fontanile, collocato dove attualmente sorge la casa di Paolocci Alfredo. Questo fontanile serviva da abbeveratoio per gli animali, una volta molto numerosi quasi come le macchine oggi. L'area dove sorgeva questo fontanile divenne edificabile ed anche per evitare sfasci in caso di ostruzione dei tubi, il fontanile venne demolito e ricostruito adiacente la fontana. Lo ricostruì il mastro muratore Emilio Scarelli, in proporzioni più ridotte, era sindaco Giacinto Scarelli che presiedeva l'Amministrazione Socialista. Lì rimase fino a che venne portata in paese l'acqua di Canepina tramite l'acquedotto consorziale nel 1936.

L'Amministrazione fascista sollevò la questione estetica e, demolito il tutto, fece ricostruire, utilizzando la stessa acqua, un abbeveratoio sull'angolo del "prato di sotto", vicino "San Ceconato". Qui rimase sino alla caduta del fascismo, quando alcuni vandali i figli del....... lo deturparono in parte, perché vi era scolpito il fascio littorio.

Successivamente un mastro muratore, approfittando del momento e del fatto che faceva parte dell'amministrazione comunista, sopra il fontanile piantava le mura di un fabbricato, riducendo ulteriormente le proporzioni del fontanile stesso. Più tardi, ad un Commissario che era subentrato in Comune, fu fatto credere che l'acqua del fontanile aveva cessato di sgorgare (fatto assolutamente non vero), costui senza accertarsene, fece immettere l'acqua di Canepina, così incoscientemente spariva l'acqua del prato "Maria Maddalena". Di questa acqua non se ne seppe più nulla, ma nel 1964, operai addetti a lavori di scavo per fognature di case che stavano sorgendo presso il "Poggiolo", incapparono nei tubi della vecchia fontana e naturalmente ancora scaturiva l'acqua che malignamente era stata imprigionata. Ancora malignamente la amministrazione lasciò disperdere quell'acqua che un tempo soddisfo tutte le esigenze del paese.

1920 - La Fontana del castello

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LA PORTICELLA

Con questo nome veniva indicato l'ingresso secondario del Paese. La Porticella era ubicata nel lato OVEST dell'antico borgo e chi, nei tempi andati, voleva usarla doveva risalire un centinaio di scalini scavati nel vivo tufo. La sua architettura, ben proporzionata, realizzata con blocchi di peperino, era costituita da un arco a tutto sesto.

Accanto ad essa, un residuo di volta interna in disfacimento, lasciava supporre l'esistenza di una stanza presumibilmente adibita a corpo di guardia. A conferma vi sono i resti di una torre esterna, abbattuta nel 1909, quando fu costruita la nuova strada "la costa" per agevolare l'accesso alla "fontana vecchia".

La Porticella subì vari atti vandalici: il primo in ordine di tempo fu perpetrato da un contadino che trasformò una grotta in cantina e che, per agevolare il passaggio dei biconci, tagliò di netto la soglia. In seguito questo agricoltore vendette ad un confinante la sua cantina e con villana incoscenza nell'aprile del 1947, abbattè definitivamente la Porticella.

Il 4 giugno 1950 in un occasionale dialogo il cav. Mariani, all'epoca sindaco di una giunta social-comunista, interrogato al riguardo, cadde dalle nuvole asserendo di non saperne nulla, ma fu smentito platealmente da Cicio Salvatori, messo comunale all'epoca del misfatto, con queste testuali parole: - «Si site stati voi a falla scaricà, guarda si comune cavaliè, l'ete pure pagato...!!».

Dei blocchi di peperino della Porticella nessuna traccia, presumibilmente sono a far da letto a qualche botte in un'anonima cantina.

La Porticella

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LA VECCHIA FONTANA

Al tempo che fu, le nostre progenitrici, per l'approvigionamento d'acqua, dovevano uscire dal Paese attraverso l'uscita secondaria "La Porticella" discendere circa 100 gradini riempire le brocche alla fontana vecchia e pazientemente ripercorrere il calvario, presumibilmente con qualche S. Lanno di troppo, in senso contrario.

Presso questa sorgente le nostre nonne potevano lavare gli indumenti inginocchiate su sassi posticci. Nel 1900 per agevolare l'andirivieni quotidiano fu aperta una nuova strada che venne denominata "La Costa".

Nel 1910, l'aliorà Amministrazione Comunale guidata dal Sig. innocenzo Lucci, deliberò l'ammodernamento della fontana. I lavori furono affidati a tale Cacioli e prevedevano l'abbassamento di circa la metà dello spazio antistante la sorgente, la costruzione di comodi lavatoi ed ancora, distanziato dagli altri, un lavatoio più piccolo per gli indumenti dei malati.

L'inaugurazione fu confortata, oltre che dalla presenza delle Autorità, dalla banda musicale e da un numeroso pubblico femminile chiaramente interessato; nell'occasione furono innalzate sfere aerostatiche gaiamente dipinte.

Le persone delegate dalle varie Amministrazioni ad accudire ai bisogni della fontana furono gli operatori ecologici Oreste e Giusto; a loro subentrò Augusto Mariottini e, dopo la sua morte il figlio Nando che terminò di interessarsene dopo la costruzione dell'acquedotto Canepinese.

Il lavoro eseguito si rilevò con il passare dei giorni di primaria utilità ma, purtroppo dopo pochi mesi iniziarono una serie di problemi che inesorabilmente portarono alla scomparsa di quanto meritevolmente costruito.

Il primo in ordine di tempo fu provocato dai fratelli Mariani che, per la lavorazione della canapa, costruirono sulla loro proprietà delle vasche che, utilizzando le acque del fosso "San Rocco" impedivano lo scorrimento naturale delle stesse e causavano l'innalzamento del livello che provocò l'allagamento della zona della fontana. Per risolvere il problema dovette intervenire l'Amministrazione Comunale, nella persona del sindaco Lucci, che con non pochi grattacapi riuscì a far demolire quanto era in contensioso. Un notevole contributo al deterioramento della fontana fu dato dai contadini, i quali confinando con il fosso, pensarono bene per accrescere di qualche pugno di terra le loro proprietà, di gettarvici enormi massi ed una grande quantità di detriti, provocando così l'innalzamento del livello delle acque con l'inevitabile inabbissamento della sorgente.

Nel 1925, con ordinanza del 12 settembre, il sindaco, dott. Bonifazi, faceva obbligo a tutti i contadini proprietari di grotte adibite a porcili, di sgomberarle entro otto giorni onde evitare che gli escrementi penetrando nel tufo andassero ad inquinare la fonte, con enorme danno alla salute pubblica.

Nel 1926, in occasione del riassetto delle strade interne del paese e delle fognature, queste ultime andavano a confluire nella coacla principale che a sua volta sfociava nei pressi della fontana vecchia pregiudicando definitivamente l'agibilità della stessa ponendo fine ad una lenta ma costante agonia. In occasione di questi lavori fu smantellata la vecchia strada della "Porticella", quella dei cento gradini. Spariva così un pezzo della nostra storia. Il tutto, nel bene e nel male, accadde sotto la prima amministrazione fascista con a capo, primo podestà, l'avvocato Tabacchi Attico.

Nel 1963, la notte di giovedì 7 novembre, un forte temporale generò una grande piena e a seguito di questa delle frane ostruirono il fosso e la fontana vecchia rimase sommersa e dimenticata.

Nonostante le numerose traversie ed attentati patiti la vecchia fontana si rese utile in due importanti situazioni d'emergenza: la prima si verifìcò nel 1944, quando a seguito di un bombardamento, l'acquedotto canepinese rimase danneggiato, la seconda volta si verifìcò nel 1957, quando sempre a seguito di un guasto fu necessario ricorrere ad essa per tre giorni, tempo necessario a Mario "I Menghi" per riparare il danno.

LA ZEPPA

Legata alla vecchia fontana c'era, vera o no, una leggenda che raccontavano sempre i nostri vecchi. Essi dicevano che sotto il paese esistevano grandi grotte con nel loro interno dei grossi massi di pietra. In una di queste grotte fu fatto un ritrovamento consistente in un mattone con su incisa una frase misteriosa: - «nun me toccassi si no me perdo».

In occasione dell'ammodernamento della vecchia fontana fu trovata sotto il ponticello adiacente, ad una certa profondità, una zeppa di legno dalla quale fuoriusciva una piccola quantità di acqua; quando questa fu rimossa una gran flusso d'acqua uscì dal foro e ben presto tutte le fontane rimasero a secco, chiaro che la zeppa serviva per lo scarico della condotta.

Si sostituì la vecchia zeppa, ormai logora, con una nuova ma dell'acqua , dalle cannelle nemmeno l'ombra. Fu a quel punto che molti anziani si ricordarono della frase incisa su quel famoso mattone, si ricordarono inoltre che in quelle grotte scorreva dell'acqua e che questa una volta fuoriuscita dal foro della zeppa aveva bisogno di molto tempo per tornare ai livelli normali.

Erano appena passate cinque ore quando dalle cannelle cominciò a scaturire un filino d'acqua che pian piano ritornò ai vecchi valori; fu allora che il Cacioli, incaricato dei lavori, si lasciò andare credendolo un miracolo ad un: "Viva S. Lanno" seguito da un coro di osanna per il nostro santo Patrono di quanti erano presenti.

ARCHI PRIVATI

Un portale di buona fattura, era ubicato sulla strada di "Fontana Camerata"! e dava accesso alla proprietà dei F.lli Chiodi. Questo arco venne, forse perché non più idoneo (avvento dei primi Camions) o forse perché pericolante, abbattuto nel 1930. Dei blocchi che costituivano la struttura se ne sono perdute le tracce.

Un altro arco , sempre di ottima fattura sorgeva sulla strada che conduce a Vignanello, di fronte alla chiesola di S. Giuseppe, dal quale si accedeva al fondo denominato "Voc. Coscellino" di proprietà della famiglia Celestini.

Nel 1920 venne abbattuto in quanto pericolante. I blocchi furono riposti in uno scantinato del Palazzo Celestini (attuale sede Municipale) e lì rimasero dimenticati sino al 1947. Fu appunto in quell'anno che, l'allorà sindaco Cav. Salvatore Mariani, lo fece riedificare nonostante mancassero delle componenti in via S. Antonio, come entrata al Parco Pubblico, ed è tutt'ora esistente e funzionale.

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