PREFAZIONE. I. Siccome dalla dilucidazione degli Atti del glorioso S. Lanno Martire che debbo intraprendere, si verrà in certa cognizione, che il nostro Santo patì il suo Martirio non già nella persecuzione di Domiziano, che seguì circa l'anno 90. di nostra redenzione, come per innocente sbaglio fu inserito negli Atti Ortani, ma bensì nella persecuzione di Diocleziano, che secondo i più esatti critici, vien fissata nell'anno 303, di nostra salute: così prima di accingermi all'opera ho creduto non inutile il far servire di Prefazione alla detta dilucidazione un breve ragguaglio di Diocleziano, delle sue qualità, dei suoi colleghi nel governo, dello stato della Chiesa in quei tempi, e delle cause, della mossale persecuzione; Cose tutte come ogn'un vede, che non solo hanno tutta la connessione col Martirio del nostro Santo, ma che di più possono in qualche modo influire allo schiarimento degli Atti suoi, e se non altro potranno servire di una più pena informazione a quelli, che non sono molto versati nella Storia Ecclesiastica, per i quali soli mi protesto di premetterla. 2. Fu dunque Diocleziano un semplice soldato, vilissimo di nascita, e secondo alcuni figlio di schiavo, e nato schiavo anch'esso del Senatore Annullino, picciolo di cuore, e al sommo timido, ma nel tempo stesso, superbo, avaro, e crudele, padrone per altro di se stesso, e segretissimo nei suoi pensieri, ed affetti. Fu addettissimo alle follìe del gentilesimo, e sopra ogni modo credulo delle sciocche risposte degli Oracoli. La di lui superbia fu inesplicabile, nella quale si confermò molto più appena fatto Imperatore. Da privato era amicissimo di Massimiano altro soldato non meno vile di lui, ma che di molto lo superava nei vizj, coi quali accoppiava in oltre una somma audacia, e temerità, cose, che mancavano a Diocleziano. La men buona di loro amicizia non solo si mantenne sempre, ma di molto si accrebbe per l'ugual sorte, che ebbero di essere avanzati ai primi posti della milizia. 3. Dall'esercito fu Diocleziano acclamato Imperatore nell'anno 284. di nostra redenzione, in luogo dell'Imperatore Carino, che per le sue infami scelleratezze, era generalmente odiato, e a tutti si era reso insoffribile. Appena innalzato al Trono, essendo come sopra accennai, timidissimo di natura, credendosi mal sicuro in un'Imperio sì vasto, volle per collega nel Trono il sopraddetto sceleratissimo suo stretto amico Massimiano, che immediatamente creò Cesare, nella cui audacia, e temerità molto confidava. A questo lasciò in governo le provincie Occidentali, ritenendo per se quelle dell'Oriente. Lo spedì subito nelle Gallie a frenare i rustici, che si erano ribellati. Questi due vilissimi, ma oltre modo superbi Monarchi ebbero l'audacia di volersi far credere figliuoli de' Dei, l'unodi Giove, e però si fè chiamare Diocleziano Giovio; e l'altro di Ercole, e volle essere chiamato, Massimiano Erculeo. Poco dopo, cioè nell'anno 286. fu Massimiano dichiarato anco Augusto. 4. Sorsero frà tanto molte turbolenze nella Britannia, Egitto, Persia, ed Africa, a frenar le quali Diocleziano credette necessario di nominare due altri Cesari, quali di fatto nominò nell'anno settimo del suo Imperio. Uno de' quali fu Galerio detto Armentario dalla sua professione di custode degli Armenti, Uomo ripieno di tutte le più detestabili sceleratezze, e di un'odio implacabile contro la religione Cristiana: E l'altro fu Costanzo Cloro padre del sempre pio, ed augusto Costantino unico fra gli eletti, che vantasse non solo nobiltà di cuore, ma altresì nobiltà di natali. Con formidabili eserciti, unitamente a Massimiano, spedilli sollecitamente a ricondurre all'obbedienza Romana le dette tumultuanti Provincie, riservatosi per se l'Egitto, ove giusto, assediò Alessandria, che dopo lunga resistenza, si rese, et indi ricondusse l'Egitto tutto al giogo Romano. Quietate anco le turbolenze delle altre provincie, Diocleziano divise l'Impero in quattro parti dandone a governare una parte a cadauno dei detti suoi Colleghi, riservatosi per se l'Oriente. In tale disposizione di cose, governò Diocleziano anni venti, dopo i quali fu forzato a rinunziare l'Imperio, come vedremo in appresso. 5. Colla testimonianza di Massimino benchè giurato inimico del Cristianesimo, ci fa sapere Eusebio (I), che sin dal primo tempo, che Diocleziano fu assunto al Trono, era già la Chiesa di Gesù Cristo di molto estesa, ricca, potente, che possedeva Magnifici Tempj, e che quasi il mondo tutto professava la Fede Cristiana. E se si accettuino alcune particolari presecuzioni eccitate con grande economìa nelle respettive provincie governate da Massimiano, e Galerio, rattenuti per altro dal solo riguardo del timidissimo Diocleziano, nel resto sì delle provincie toccate a Costanzo Clero, che nell'Oriente, ove governò Diocleziano, tolta qualche particolare violenza usata da qualche suo maligno governatore, la Chiesa godeva una somma, e quasi direi, una perfetta tranquillità: Ed i Gentili ora mai si erano accorti delle loro follie, ed avevano smontato da quel pazzo furore, da cui erano incitati contro i seguaci di Gesù Cristo: Anzi all'antico disprezzo, era in loro subentrata una stima ben grande verso i Cristiani. Non si creda però da ciò, che Diocleziano internamente amasse punto il Cristianesimo. Siccome era egli di natura timidissimo, conoscendone la potenza, fingeva più tosto di amarli, ma non gli amava. Per lo timore molti ne riteneva nella sua corte, a' molti aveva conferito insigni cariche, e mostrava di farsi pregio in ricevere, con segni di stima, quei Vescovi, che a lui ricorrevano. Per altro l'aver sempre dissimulato le particolari persecuzioni dei suoi Colleghi, che certamente non poteva non sapere minutamente, ci fa sicuramente conoscere, che il suo cuore era internamente inimico del Cristianesimo. (I) Lib.9.Hist.Eccl.cap.9.circ.fin. 6. Ciò non ostante ad onta ancora di dette particolari persecuzioni meritamente può dirsi, che la Chiesa di Gesù Cristo, sotto Diocleziano era di molto tranquillizzata, serena, cresciuta, ed arricchita si di Tempi, che di beni temporali. Una si segnalata Munificenza compartita da Dio alla sua Chiesa, in vece di servire a quei Cristiani, per motivo di una più grata riconoscenza verso il donatore di si gran bene, come suol succedere nelle prosperità, e pur troppo a nostra confusione, vediamo anco succedere a' tempi nostri, servì anzi di occasione d'intepidirsi, e rilassarsi non poco nell'osservanza della divina Legge. Quindi tra i Fedeli s'introdussero non pochi abusi, e disordini: Le invidie, le mormorazioni, le maledicenze, le frodi, le mensogne, le simulazioni, le gare erano giunte al secesso. Alcuni Vescovi erano fra loro in amare dissenzioni. Che però, con ragione, si crede, che un tal rilassamento appunto, fosse il vero motivo, per cui la pietosa divina vendetta prendesse in mano il flagello per far ritornare al dovere lo spirito rilassato di quei fedeli; onde permise, che gli si suscitasse contro la più terribile persecuzione, che avesse giammai patita la Chiesa di Gesù Cristo, che nell'ordine, comunemente si crede, la decima, e fu ordita, nel modo, che siegue. 7. Come di sopra si è accennato, Massimiano, e Galerio, erano inimici implacabili del Cristianesimo, e tutto che, a riguardo del timido Diocleziano, andassero di molto rattenuti nel perseguitarlo, ciò non ostante, ne avevano dato non piccioli Saggi. Oltre moltissimi altri personaggi, Massimiano, nelle sole Gallie aveva fatto uccidere una intera Legione di Soldati Cristiani di sopra a sei mila per il solo motivo di non aver voluto abbandonare il Cristianesimo. In Roma stessa non pochi ne aveva fatti martirizzare, tra' quali si contano S. Zoe, S. Tranquillino, S. Tiburzio, S. Marco, S. Marcellino, S. Primo, S. Feliciano, S. Sebastiano, ed altri moltissimi. Galerio più anco feroce, e crudele non aveva fatto meno nelle sue Provincie della Tracia, ed Illirico, ma questo di sua natura più tosto mostro, che Uomo, non si crede mai contento, se non vedeva del tutto esterminata la Chiesa di Gesù Cristo. Conoscendo per altro benissimo, che senza l'opera di Diocleziano, capo, e maggiore di tutti nel Governo, ciò sarebbe stato difficile, ed egli sarebbe andato fallito nel suo disegno si diede tutto ad impegnarlo nel suo immaginato esterminio della Chiesa. 8. Partitosi quindi dalle sue Provincie a questo unico oggetto, sebbene tutt'altra cosa fingendo, si portò a Nicomedia residenza di Diocleziano, ove si trattenne un'intero inverno. Ivi dimorando, la prima favorevole occasione, che gli si presentò ad infuriarlo contro i Cristiani, si fu, che Diocleziano avendo creduto espediente di far consultare i suoi Idoli, per alcune cose, che egli avidamente desiderava. Sapendo Galerio la debolezza di Diocleziano per tali Oracoli; e sapendo altresì, che i falsi Sacerdoti degl'Idoli lo avavano di già non poco irritato contro i Cristiani, quasi che detti Idoli non più ripondessero, per causa loro, destramente, con gl'istessi Sacerdoti concertò, che all'ordinata consulta, non altra risposta gli si riportasse, che quella inventata da lui medesimo, ed indi maliziosamente gli rappresentò, che gli Oracoli non più come in avanti si avevano, a motivo della pace, che egli faceva godere ai Cristiani. Con questa si a proposito inventata postura, in animo si debole è già inclinato, gli riuscì di strappargli dalle mani il primo editto della persecuzione, che per altro Diocleziano volle ristretta alle sole Cariche, Onori, Beni, Chiese, Libri Sagri, ed altre cose, che si godevano dai Cristiani, salve però le loro Vite, ordinando, che non fossero molestate (*). Non contento di ciò Galerio, cercò di raddoppiare le sue frodi. Per mezzo degli suoi Emissari, fece attaccar fuoco ad una parte del Palazzo di Diocleziano, incolpandone destramente i Cristiani; replicò colla stessa calunnia il secondo incendio, e fingendosi egli stesso spaventato, ed in pericolo di rimanere bruciato vivo, precipitosamente se ne partì da Nicomedia, lasciando Diocleziano non solo grandemente spaventato, ma incredibilmente inferocito contro i Cristiani, da lui fermamente creduti autori di tali attentati. 9. Non vi volle altro. Nell'anno 18. o come crede Eusebio (I), nell'anno 19. del suo Governo, cioè uno, o due anni prima, che lo rinunciasse, e precisamente verso il fine dell'anno 303., con altri reiterati severissimi Editti, ordinò la più feroce, e giammai più udita persecuzione, anco contro le Vite dei Cristiani, comandando, che fossero universalmente annichiliti, e distrutti in tutta l'estenzione del suo vastissimo Imperio. (*) Questo primo Editto ebbe esecuzione il dì 23 . Febraro . Vedi Ruinart tradotto dal Lucchini Tomo primo pag . I04 (I) In Cronic . & Histor. Tom . 8 . Il solo Costanzo Clodio Cloro Padre del sempre degno Costantino aborrì, e detestò si strabbochevole inumanità, e però nè poco, nè punto volle eseguire nelle sue Provincie della Spagna, ed Inghilterra sì barbari Editti. Per altro nelle trè parti dell'Imperio governate da Massimiano, Galerio, e Diocleziano fu tale, e sì grande il macello, che si fece dei Cristiani, che a descriverlo, non basterebbero più Tomi. Basti dire, che in un'antichissimo Pontificale riportato dai Bollandisti (I), si legge, che in un solo mese il numero de' Martiri arrivò a 15. o 17. mila. Eusebio (2) racconta, che nella Frigia una non piccola Città abitata da' soli Cristiani, fu prima cinta d'assedio, affinchè nessuno potesse uscire, indi attaccatogli il fuoco intorno, furono tutti bruciati vivi, sino ai più teneri, ed innocenti Bambini. E da Supplizio Severo (3) abbiamo, che in questa orribile carneficina, la terra tutta fu inzuppata di sangue Cristiano. (I) Ad diem 26. Aprilis
pag. 43. 10. Tale fu il castigo, che mandò Iddio al Cristianesimo, servendosi dell'inique disposizioni dei suoi nemici, i quali per altro, siccome, non est consilium contra Dominum, non poterono in conto alcuno riuscire nel disegno, che si eran formato, di esterminarlo; anzi la persecuzione mirabilmente servì ai divini disegni, che furono non solo di rinovarlo nello spirito, e megliorarlo, ma altresì di accrescerlo, e dilatarlo come effettivamente seguì. Diocleziano sì per la sua avanzata età, sì per la disperazione di non poter riuscire nell'intrapreso impegno restò gravemente sconcertato nella salute, e poco meno, che dementato. In tali suoi diabolici furori, mai si mosse da Nicomedia, se non nel caso di portarsi, quasi di volo, a Roma ad assumere per la nona volta il Consolato. Ma essendo stato ricevuto dai Romani con satire, e derisioni, senz'aspettare di prenderne possesso, a guisa di chi fugge, precipitosamente se ne partì, e dopo breve dimora fatta in qualche Città, per dar pausa alla sua cagionevole salute ritornossene a Nicomedia, ove giunto, dopo poco più di un anno, per le frodi, furberie, ed inganni di Galerio, che ambiva l'assoluto dominio di tutto l'Imperio, fu forzato à rinunziarlo, il che fece unitamente a Massimiano, dopo aver regnato venti anni, riducendosi così ambedue all'antico stato di semplici privati. Se si eccettui Costanzo Cloro, che per la sua usata moderazione, fu almeno da Dio compensato in vita, col morire Sovrano, e con la di poi seguita esaltazione, e prosperità di Costantino suo Figlio, che si rese anco Cristiano, e che fu di tanto gaudio, decoro, e vantaggio per la Chiesa di Gesù Cristo; gli altri tre Sovrani, in pena della loro crudeltà, e sceleragini, provarono un'anticipato Inferno, anco in questa Vita, e terminarono i loro giorni ognuno con un fine il più funesto, che possa mai immaginarsi, che io tralascio di descrivere, per non trascendere i stretti confini di una brevissima Prefazione. 11. Il Martirio del nostro Santo io giudico doverlo riporre nella sopradescritta persecuzione generale mossa da Diocleziano nel detto anno 303. di nostra salute, sembrandomi l'Epoca più verisimile per le seguenti ragioni. Primo perchè trattandosi di un Giovanetto sì tenero, quale si è sempre riputato il nostro Santo Lanno, e proverò a suo luogo, non è verisimile, che potesse essere oggetto di quelle particolari persecuzioni, che furono suscitate, nelle rispettive Provincie, da Massimiano, e Galerio, le quali ordinariamente presero di mira le persone di merito e di qualche distinzione, trà le quali, non poteva ancor noverarsi il nostro Santo, onde sembra più verisimile, che egli, come infiniti altri, fosse involto nella generale persecuzione. Secondo, perchè riputandosi con più di fondamento il medesimo Santo di Origine Greco, come apparirà in appresso, prima della detta generale persecuzione, i Cristiani nella Grecia governata da Diocleziano, godevano una somma, e perfetta pace. Terzo, perchè osservo negli Atti suoi, che partito egli dalla sua Patria, arrivato in Italia, trovò i suoi pretesi Fratelli nascosti in Faleria, o sia Fallari. Certamente nelle particolari persecuzioni, non si legge, che i Cristiani fossero necessitati a vivere nascostamente, anzi si sà, che vi erano intere Legioni di Soldati Cristiani a tutti note, e si sà altresì, che Massimiano, nelle sue particolari persecuzioni, si regolava con somma circospezione, per non accrescere maggiore agitazione, e timore al già troppo timido Diocleziano; onde i Cristiani, benchè in alcuni casi, e circostanze da lui perseguitati, vivevano, ciò non ostante, universalmente palesi, e liberi. 12. Quarto finalmente perchè nel Programma ritrovato nel suo Sepolcro leggesi chiaramente, che egli fu martirizzato sotto Diocleziano: Sub Diocletiano passus: Onde sino a tanto che non si provi, come pur troppo si prova, di molti altri Martiri, che anco il nostro Santo sia stato oggetto di qualche particolare persecuzione o di Galerio, o di Massimiano, ho io tutto il diritto di non spostarlo, ma di riporlo nella generale persecuzione, che sola fu da Diocleziano mossa nel detto anno 303. E ciò tanto maggiormente, perchè, nel caso nostro, concorrono alsresì le sopra allegate congruenze, che rendono la cosa se non certissima, ed esente da qualunque scrupolo, almeno la fanno sommamente probabile, e verisimile. 13. Premessa questa breve dissertazione, prima d'intraprendere la dilucidazione degl'Atti del S. Martire, stimo necessario impiegare i primi due capitoli nel dare alcune notizie sì della Regione, o Luogo, ove il Santo soffrì il suo Glorioso Martirio, sì anco del culto immemorabile, che, nel luogo del suo Martirio, al Santo si tributava. Sembrami troppo giusto, che prima di ogn'altra cosa, si sappia il luogo, ove il Santo sagrificò generosamente la sua vita per Gesù Cristo, ove lasciò in deposito le sue preziose spoglie, ed ove senza interruzione fu mai sempre venerato dalla divozione de' fervorosi fedeli.
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