Aspetti
della vita del Casalante
Il Lavoro - Il Divertimento - La
Religiosità - Il Costume - Personaggi Tipici
La
Religiosità
Le Satene (Satire)
Con il termine satira i nostri
nonni intendevano scherzo, presa in giro, nei confronti di un'altra persona.
Questo si verificava sopratutto nel periodo di Carnevale e per ricorrrenze particolari
come il primo di Aprile.
Gli ultimi giorni di Carnevale, anche all'età dei nostri nonni, ci si mascherava; molto
comune era scam_
biarsi i vestiti, cioè l'uomo vestiva da donna, la donna da uomo.
Molte volte capitava che erano mascherati così bene che era veramente difficile capire se
si trattasse
di un uomo o di una donna, così le maschere ne approfittavano per fare scherzi di ogni
genere.
invece, in occasione del primo d'Aprile, si usava da sempre fare il "pesce
d'Aprile", ed erano altri tipi di
satire a partire dalla scarpa slacciata.
Questi scherzi, nel dialetto popolare, venivano chiamati "Caccabea", cioè far
cadere nello scherzo una persona.
La signora Nicolina Mariani abitante nel casale "Fontana Antica" di anni 73,
racconta di uno scherzo po_
polare che si usava fare ai suoi tempi.
Era martedi grasso, l'ultimo giorno di Carnevale e gli amici e i conoscenti sapevano che
una coppia di
sposi aveva litigato.
Decisero allora di mascherarli in modo da non farli riconoscere l'un l'altro e poi farli
ballare insieme
senza che però loro sapessero chi fosse la persona che si nascondeva sotto la maschera.
Finito di bal_
lare i due si dovevano togliere le maschere.
Si accorsero quindi con meraviglia di aver ballato, durante la serata, con il proprio
sposo/a.
Fecero così subito la pace e tornarono a casa contenti. Per Carnevale era usanza
mascherarsi rappre_
sentando le persone che facevano parte del governo.
Un altro scherzo era quello di mettere un topo in un pacco da regalo, così, quando veniva
aperto, il to_
po usciva e metteva paura a tutti.
Arizia Andrea
Giuseppe - Bergantili Alessio - Biagini Gianluca (Classe III/M)
LA FESTA DI
SANT'ANTONIO
Sant'Antonio Abate
si festeggia il 17 Gennaio. In onore di questo santo è stata costruita una chiesa a
Vasanello, situata nell'omonima via,. Il vero nome della chiesa è la Madonna del Rigugio
costruita tra
il 1635 ed il 1640, con l'opera volontaria dei fedeli; nel 1911 di fronte al pericolo di
una epidemia di Co_
lera venne adibita a Lazzaretto.
Secondo la tradizione l'immagine della Madonna collocata sull'altare maggiore, si pensa
fosse stata
tolta da una edicola di un orto. La chiesa non è molto grande, e rimane quasi sempre
chiusa: accoglie
i bambini della prima comunione, vi si celebra la S. Messa e naturalmente, i
festeggiamenti in onore
del santo: il 16 la vigilia, e il 17 Gennaio.
Ai tempi dei miei nonni si festeggiava con giochi popolari che ancora oggi sono rimasti in
uso. Coloro
che organizzavano la festa erano chiamati Signori di Sant'Antonio mentre oggi sono le
persone, resi_
denti e non, nel paese, che compiono 50 anni di età. Mia nonna, Paolocci Silvia, di anni
58, racconta
che la festa iniziava come oggi, il giorno prima, cioè la vigilia: si accendeva davanti
alla chiesetta un grandissimo fuoco che durava per tutta la festa ed era dovere scaldarsi
in questo fuoco perchè si di_
ceva che coloro che si fossero riscaldati non sarebbero stati colpiti dalla malattia
chiamata "fuoco di
Sant'Antonio". Vi si diceva la Santa Messa prima del giorno festivo, cioè il vespro,
il mezzogiorno del
16 vi era un fragoroso sparo di bombe, e poi veniva alzato un pallone aereostatico.
Al mattino della festa, di buon'ora, alcune persone andavano alla S. Messa per far
benedire il grano, alcuni cereali e gli animali domestici, perchè Sant'Antonio è il
protettore degli animali; alcune perso_
ne avevano le galline e anche le pecore e le portavano alla benedizione. A mezzogiorno si
ripetevano,
come per la vigilia, fragorosi spari di bombe.
Durante la festa si facevano giochi popolari che ancora oggi vengono ripetuti. Come primo
gioco c'era la "Corsa dell'Asino" o "Somaro" e chi arrivava primo, tra
i concorrenti, come premio prendeva una coppia di piccioni. Vi era poi la "Corsa del
sacco" in cui i partecipanti si dovevano legare i piedi e infilarsi in una balla che
li copriva fino alla vita poi a piccoli salti dovevano percorrere un giro stabilito e chi
arrivava
primo vinceva delle salsicce e alcune bottiglie di vino.
Vi era anche la "Gara degli spaghetti", che consisteva nel mangiare sveltamente
un piatto di spaghetti senza mai usare le mani, perchè erano legate dietro la schiena: in
questa gara chi arrivava primo pren_
deva cento lire.
L'altro gioco era "L'albero della cuccagna": consisteva nell'arrampicarsi lungo
un tronco unto di grasso, tentare di arrivare in cima, aiutato nella salita dai compagni
che facevano da base con le loro spalle. In cima erano appesi capicolli e salsicce. C'era
inoltre l'abbattimento dei pignatti: il gioco consisteva nel bendare il concorrente che
con un bastone doveva colpire il pignatto al cui interno c'erano i premi.
Nella "Corsa del coniglio" si lasciava invece correre il coniglio all'interno
del campo sportivo e chi riu_
sciva a prenderlo se lo portava via. Era devozione per questa festa mangiare il panino di
Sant'Antonio.
Pè finì la
festa e l'allegria
tirono i biglietti della lotteria.
Pè fa contento i più ricco e più poretto
Come primo premio c'era 'n porchetto.
Bernardini Danilo
- Costanzi Marco (Classe III/M)
LA PRIMA COMUNIONE
La signora
Maria Fochetti, di anni 60, racconta che per poter fare la prima Comunione si doveva fre_
quentare la "dottrina" che veniva insegnata ai comunicanti dalle suore, essa
consisteva nell'impa_
rare, come oggi, i principi della Chiesa Cattolica.
Tre giorni prima si effettuava il "ritiro" che consisteva nel restare dalla
mattina alla sera per tre giorni
nel luogo in cui veniva insegnata la dottrina, questo periodo serviva a far riflettere i
bambini sull'im_
portanza della comunione e a fare un ripasso generale della catechesi.
Aspettava quel giorno con tanta ansia perchè era dedicato interamente a lei.
La mattina della Comunione i genitori preparavano qualche dolce, ma lei non li poteva
mangiare perchè
prima di ricevere la Comunione non si doveva prendere nulla.
Racconta che dai suoi genitori fu accompagnata alla chiesetta della Madonna della Stella,
dove il sacer_
dote faceva le ultime raccomandazioni e insegnamenti, dopo, con gli altri bambini, in fila
si recava nella
chiesa di S. Maria dove si svolgeva la cerimonia vera e propria. Erano circa 50 tra maschi
e femmine di età compresa fra i 6-7 anni.
Il vestito indossato dai comunicanti era cucito dalla madre e consisteva in una gonna con
le bretelle con sopra una casacchina del colore stesso della della gonna, cioè bianca.
Durante la S. Messa era, come tutti gli altri bambini, emozionata e contenta, perchè era
uno degli av_
venimenti più belli dell'infanzia, insieme alla Cresima.
Quando salì all'altare era veramente turbata ma, essendo una bambina, pensava anche che
forse
avrebbe ricevuto da qualche parente che se lo poteva permettere, un piccolo regalo.
Finite le cerimonie, i comunicanti venivano accompagnati dalle suore presso
"l'asilo", cioè la scuola
materna, dove veniva loro offerto la colazione perchè non si era potuto mangiare prima di
aver ricevuto
il Corpo di Cristo; essa era composta da un maritozzo all'anice e una tazza di caffè
d'orzo.
Il pranzo si faceva in casa e consisteva in cibi casarecci, pollame, vitello e maiale.
Ai miei genitori, dice la signora, come per quasi tutti gli altri bambini, per poter
organizzare questo
pranzo o cena, servivano mesi di duro lavoro per tirare avanti il bestiame: polli, vitelli
o maiali; si spen_
devano infatti molti soldi per il cibo e tutte le cose opportune per farlo crescere bene.
Se si voleva mangiare della carne veramente casareccia bisognava allevarli fin da piccoli:
solo così la
loro carne era buona.
Al pranzo non partecipavano molte persone, si invitavano solo i parenti
"ristretti" o che abitavano nelle
vicinanze: Durante il banchetto il comunicante si sentiva un re, perchè veniva messo a
capo tavola, per
primo era servito nel manigiare e nel bere.
Quello che a me dava fastidio durante il pranzo era il fatto che mia madre e le mie zie,
che servivano a tavola, non riuscivano a mettersi sedute per poter mangiare qualcosa in
santa pace.
Gli ospiti erano invitati a rimanere anche a cena così si stava ancora un pò insieme.
Per noi ragazzi la Prima Comunione è stata una bellissima cosa, un grande evento che ci
ha fatto capire tante cose: chi ha
insegnato a crescere e che esistono delle regole che bisogna rispettare.
Anche la Cresima è un sacramento importante per noi ragazzi, continua la signora maria,
ma ai miei tempi, sia il mangiare sia l'organizzazione erano fatti superficialmente, senza
fare grandi cose.
Chi se lo poteva permettere, faceva di più, invitava più gente; noi però anche se non
eravamo una fa_
miglia ricca ci divertivamo ugualmente stando tutti insieme.
Gambino Luca -
Olivieri Alessandro (Classe III/M)
LA FESTA DI SAN
GIOVANNI
La festa di San
Giovanni cade il 24 giugno.
Molto tempo fa, a Vasanello, c'era un'usanza molto particolare legata a questo giorno, che
oggi è del tutto scomparsa, e si è persa anche nel nel ricordo della gente, tanto che
solo le persone più anziane ne hanno memoria.
La sera del 24 giugno le ragazze in età da marito mettevano dell'acqua in una bottiglia,
poi vi lascia_
vano scendere una chiara d'uovo e, prima di andare a dormire, poggiavano la bottiglia sul
davanzale della propria finestra. La mattina seguente, a seconda della forma che aveva
assunto la chiara d'uovo,
la giovane avrebbe cercato di individuare il mestiere del futuro marito: se, ad esempio,
si formava un
martello, il marito sarebbe stato un meccanico, se si formava una falce o una zappa, il
marito sarebbe stato un contadino, e magari la ragazza associava quell'arnese proprio ad
un giovane che da tempo le girava intorno, e che forse sarebbe stato il compagno della sua
vita.
Poteva capitare che la forma dell'albume era confusa e indecifrabile, e allora..... che
fare ? La ragazza
si doveva rassegnare a rimanere zitella fino al prossimo San Giovanni.
La signora Maria ci racconta che anche lei una volta aveva provato a fare questo
"esperimento":
"Quell'anno non vedevo l'ora che arrivasse il giorno di San Giovanni, perchè,
anch'io, era in età da ma_
rito anzi, avevo già 27 anni e temevo proprio di rimanere zitella. Così, dopo cena,
presi una bottiglia e
la riempii con dell'acqua. Poi scesi in cortile a prendere un uovo, e versai la chiara
nella bottiglia stessa. Misi il tutto sul davanzale della finestra della mia camera e, per
tutta la notte, fui tentata di andare ad osservare quello che sarebbe accaduto.
La mattina, con mia grande sorpresa, la chiara aveva assunto la forma di una sega.
Poche settimane dopo, conobbi un giovane trentenne, che faceva il falegname.
Dopo un anno di fidanzamento, ci siamo sposati e abbiamo avuto 3 figli.
Anche se questa tradizione è ormai del tutto scomparsa, consiglio a tutte le ragazze in
età da marito di provare a fare questo "esperimento", perchè a ne ha portato
fortuna...?
Maracci
Stefania - Chiarini M. Cristina (Classe III/L)
Chiesa di S. Maria Assunta
LA MADONNA DE STA
PIAZZA
Questa estate io
e la mia amica Emanuela siamo andate a fare un giro in bici per le strade di campa_
gna verso i Fontanili. Faceva molto caldo e l'arsura insopportabile ci costrinse a una
sosta per bere, quando, in lontananza, riconoscemmo il signor Tenentini Augusto che
toglieva dell'erba dalle piante
delle nocciole. Con il pretesto di riposarci ci avvicinammo all'uomo, mentre lui con calma
posava i
suoi attrezzi e, dopo aver parlato per un pò del più e del meno, gli chiedemmo notizie
circa il raccolto.
"Speriamo che non grandini":
ci rispose il Signor Augusto seriamente
preoccupato. Gli chiedemmo per_
ciò se esistevano dei rimedi contro eventi così disastrosi come la grandine e, come
spesso accade a molte persone anziane, il vecchio contadino iniziò a parlare del periodo
della sua gioventù.
Ci disse che, quando era un ragazzo, a vasanello era usanza fare una processione per
scongiurare la
grandine e i danni al raccolto. Ricordò che nel lontano giugno 1939, mentre si trovava in
campagna, il cielo da sereno divenne improvvisamente scuro, tanto che il primo pomeriggio
sembrava notte fonda. Minacciava di fare un terribile temporale. Tutti i vasanellesi eramo
molto preoccupati per la raccolta del
grano e grande era la paura che l'annata fosse compromessa. il Sig. Augusto continuò il
suo racconto dicendo che improvvisamente, mentre pensava con timore alle colture seminate,
sentì suonare la
campana della chiesa principale. Capì che poco dopo ci sarebbe stata la processione della
"MADONNA
DE STA PIAZZA".
Così prese l'asino, caricò gli attrezzi e si recò verso casa. Appena arrivato posò
nella stalla l'asino e si diresse alla "Chiesa delle Grazie", dove stava per
avere inizio la processione. In chiesa erano riunite
una ventina di persone, in prevalenza donne, le quali avevano in testa un fazzoletto nero,
che un tem_
po era simbolo di devozione. Apriva la processione, tenedo in mano uno stendardo,
Serafina, che era incaricata della custodia della Chiesa. Lo stendardo rappresentava la
"Madonna del Rosario" vestita
con un abito rosso e celeste; i bordi dello stendardo erano di passamaneria color oro. Il
vecchio conta_
dino continuò dicendo che tutti coloro che partecipavano alla processione stringevano tra
le mani un rosario e cantavano: "Madonna de 'sta piazza fa passà st'acqua e 'sto
vento e dimà farà bon tempo".
Questa strofa veniva cantata per due o tre volte e tra l'una e l'altra si recitava il
rosario. Il percorso iniziava dalla Chiesa delle Grazie fino al Poggiolo, presso un
terreno di proprietà dei Mariani, in cui c'era
e c'è ancora oggi la statua di una Madonna. In questo luogo si faceva la prima tappa e si
rendeva omaggio alla statua di Maria recitando l'AVE MARIA e il "PADRE NOSTRO".
La processione proseguiva poi per via FONTANA CAMERATA, dove si trovava un'altra immagine
sacra. Il giorno seguente si ripeteva lo stesso percorso, ma nel senso inverso e questo
accadeva per tre o quattro giorni. Infine la processione
tornava alla chiesa delle Grazie dove si celebrava nuovamente la messa e dove si
concludeva il rito.
Il sig. Augusto riferì che dopo la processione ci fu una splendida settimana di sole che
maturò il grano
garantì un ottimo raccolto. Sempre dal sig. Tenentini venimmo a conoscenza che nel 1940,
in Agosto, fece un eccezionale caldo, per tre settimane non piovve e si temette per la
raccolta delle nocciole visto
il perdurare della grande calura. Il sig. Augusto ed altri suoi amici si recarono a casa
di Serafina pre_
gandola di organizzare la processione, perchè, se quel raccolto fosse stato rovinato
sarebbe stato
compromesso il mantenimento dell'intera famiglia. La processione ebbe inizio subito dopo
l'avverti_
mento delle campane, ma questa volta fece un percorso diverso.
Partì sempre dalla CHIESA delle GRAZIE ed arrivò al POGGIOLO, ma invece di andare in via
Fontana Ca_
merata si diresse verso il Borgo; i partecipanti intonavano "Madonna de 'sta piazza
famme 'sta grazia",
interrompendo il canto con la recitazione del Rosario. Questo percorso veniva ripetuto per
tre giorni di seguito.
Anche questa volta si ebbe un esito positivo, le preghiere vennero ascoltate e la campagna
fu ristorata
da una abbondante pioggia, che fece crescere così tanti frutti da piegare i rami delle
piante fino a terra.
Il raccolto fu straordinariamente abbondante e garantì tutto il necessario per il
sostentamento delle
famiglie del paese.
La mia amica ed io ascoltavamo incantate questi ricordi. Quando lo salutammo, il vecchio
contadino il
quale c'invitò a ritornare per ascoltare le tante storie che ancora conservava nella
memoria.
Sulla strada del ritorno, ripensammo a ciò che avevamo udito, ci sentivamo diverse...
più consapevoli, perchè avevamo conosciuto una parte della nostra storia ormai
scomparsa, una realtà molto lontana
dalla nostra, alla quale potevamo accedere solo mediante i ricordi di chi ha conosciuto
altri tempi e al_
tri valori.
Mariottini
Emanuela - Tenentini Patrizia (Classe III/N)
MATRIMONIO DI FELICE
MARCUCCI E DI PASQUA MANASSEI
Era il giorno del
29 Agosto del 1945, il giorno prima del matrimonio di Felice Marcucci e di Pasqua Ma_
nassei. I parenti di Pasqua e di Felice erano occupati a preparare la colazione ed il
pranzo per la ceri_
monia, che si teneva il giorno seguente. Giuseppe amico di Felice, andò a chiamare il
futuro sposo per andare a caccia. Erano le ore 15,00 e stavamo già nel bosco. Ad un certo
punto Giuseppe intravede un'ombra che si muove dietro ad un cespuglio e dice a Felice
sotto voce: - Aho Felì, guarda
dereto alla fratta c'è un'ombra.
Felice rispose: - Si è vero, sarà
per caso un conijo ? Giuseppe
soggiunse: - Mm,
podarzi ! Comunque sia , vicinamece a vedè si è sto conijo. Allora insieme, facendo attenzione a non
fare rumore con le scarpe, si avvicinarono al cespuglio e intanto Felice disse a Giuseppe:
- Guarda, guarda è proprio un
conijo, ed è bello grosso. Dimà a pranzo ce facemo 'na magnata cè i fiocchi. Giu_
seppe ridendo rispose: - C'hai
ragione ! e con un colpo di fucile
uccise il coniglio e lo mise nella sacca
che lui portava sulle spalle. Intanto il tempo passava e Giuseppe e Felice catturarono
altri animali, co_
me lepri, conigli e uccelli. Mentre stavano ritornando a casa, la commare Ernesta disse
loro: - Movete_
ve a 'mazzà 'sti animali, che tocca coceli pè dimà.
Per ammazzare gli animali, Giuseppe e Felice anda_
rono nel prato fuori il casale. Nel frattempo le amiche di Pasqua si prepararono ad andare
a pulire la
stalla. Maria toglie gli animali, Antonietta pulisce le stalle con la scopa, e intanto
Peppina prepara la
calce per imbiancare e igienizzare la stalla. Ad un certo punto Antonietta dice:
- Ammazzete che puzza,
de chi se more, me tocca scappà un attimo de fora pe' pijà 'na boccata d'aria!
Maria rispose:
- C'hai ra_
gione, nun se respira pe' quelle, co' tutto sto strabbio che fanno sti cavalli!
Quando la stalla fu pulita,
Peppina iniziò a imbiancare e mentre lei faceva questo Antonietta e Maria preparavano le
sedie e i ta_
volini con i vari addobbi per il matrimonio. Intanto si era fatta sera e tutto era pronto
per la cerimonia.
Pasqua prima di andare a dormire si volle misurare ancora una volta il vestito da sposa.
Pasqua non dormì per tutta la notte, e Felice lo stesso. Erano le ore 4:00 del 30 di
Agosto del 1945. Tutte le amiche
erano pronte per la cerimonia, ma Pasqua no. Per far presto una ragazza le metteva le
scarpe, un'altra
le calze, ed un'altra il vestito. Finalmente era pronta, ed una delle amiche esclamò:
- Quanto si bella!
Pari proprio 'na sposa! - Cretina! rispose un'altra,:
- E' davvero una sposa!
L'altra allora:
- Uh, davvero de quanto sò emozionata me n'ero proprio scordata. Perdoneme, Pà.
Tutti i 50 invitati erano pronti.
Gli invitati di Pasqua erano: Loreto, Ernesta, Eugenia con la famiglia. Il
resto erano di Felice. La madre di Pasqua, Caterina Vieri, non partecipò al matrimonio,
perchè le era
morto il figlio Armando Manassei due anni prima.
Erano le ore 5:00 e tutti insieme partirono per andare in chiesa. Pasqua indossava un
abito di colore
azzurro elettrico e per trovare quella stoffa aveva impiegato molto tempo e finalmente,
trovata la
stoffa, il vestito se lo fece cucire da una sarta di Orte. Invece Felice indossava un
abito grigio con scar_
pe nere e giacca a doppio petto. Arrivata alla chiesa di S. Maria, Pasqua scese dalla
carrozza trainata
dai cavalli. Appena entrata in chiesa vide Felice sull'altare che l'aspettava. Ad un certo
punto entra il
parroco Don Mario e lui era contentissimo di sposarli, perchè era il primo matrimonio che
celebrava,
però non li aveva potuti confessare perchè non lo poteva fare. Dopo essersi scambiati le
fedi di acciaio
si diedero un bacio sulla bocca e tutti gli invitati in chiesa applaudirono e gridarono:
- Evviva gli sposi, evviva, evviva!
Alla fine della cerimonia, quando gli sposi uscirono
dalla chiesa, i testimoni Ilia e Vincenzo insieme agli invitati lanciarono del riso.
Ritornati nel casale del Sor Giuseppe Chiodi a Pietra Alta, le amiche di
Pasqua e di Felice servirono la colazione, costituita da coratelle di agnello. Un invitato
si alzò in piedi
per dire: - Facemo un brindisi pe'
'sti sposi! Nemmeno fece in tempo a dirlo, che
rovesciò la bottiglia di
vino rosso sulla tovaglia bianca. Ilia, mettendosi la mano davanti agli occhi, disse:
- Mmhm...... inco_
minciamo be' decchì, mesà che a pranzo non c'arivamo si continuamo accossì!
- E c'hai ragione! rispose Vincenzo. Eugenia si alzò
dal tavolo, uscì dalla stalla e andò nel casale a
prendere uno straccio. Rientrò nella stalla, pulì il tavolo e mise un'altra tovaglia
pulita. Verso le 12:00
iniziarono a pranzare, Maria e Lucia servirono il pranzo costituito da: ciufolotti,
rigatoni, agnelli, conigli
e pollo arrosto. Dopo pranzo iniziarono a ballare e a cantare. Siccome Giuseppe sapeva
suonare la fi_
sarmonica, iniziò a suonare la polka, il valzer, il valzer saltato, balli all'antica ed
il salterello. Poi, men_
tre Giuseppe suonava un tango, tutti gli invitati gridarono:
- Felice, Pasqua, fatece vedè come ballate!
Felice e Pasqua iniziarono a ballare e tutti
applaudirono. Finito il ballo si diedero un bacio, ed insieme a
Giuseppe e Nannina andarono a fare una passeggiata nella vigna, dove l'uva incominciava a
maturare.
Fecero sosta lungo la vigna, e mangiarono l'uva. Nannina ad un certo punto disse:
- Mmhm quant'è bo_
na 'st'ua! Viengarà fora un vino speciale.
Rimasero lì per ben due o tre ore, e, mentre
ritornavano al loro casale di Giuseppe Chiodi a Pietra Alta,
Felice disse: - Tocca rivenicce
un'andra vorda, perchè 'st'ua è troppo bona!
Pasqua
rispose: - C'hai ra_
gione, armeno ce facemo una magnata che nun finisce mai.
In seguito Pasqua e Felice dissero agli in_
vitati che non avevano potuto distribuire le bomboniere perchè non avevano avuto i soldi
per comprar_
le. Anche gli invitati mentre se ne andavano, dissero a Pasqua e a Felice:
- Noi non vi abbiamo fatto i
regali, perchè anche noi non avevamo i soldi.
Allora Felice rispose:
- Nun fa niente, sarà pè un'altra volta.
Per 15 giorni Pasqua e Felice dovettero
dormire nella casa di Desitrio, perchè dovevano aspettare i mobili della camera, che
avevano ordinato
a Vallerano.
Dopo 15 giorni andarono a Vallerano per accertarsi se la camera fosse pronta. Quando
Pasqua e Felice arrivarono, il falegname disse:
- E' stato molto difficile costruirla, ma alla fine ce l'emo
fatta. E Felice
disse: - E' proprio bella, la
tiengaremo come si fosse un munello. A Pasqua piaceva
la camera perchè
aveva il letto ed il comodino in legno, un armadio con delle bellissime decorazioni ai
bordi. Pasqua dis_
se a Felice: - In questa camera
dovremmo fare molti figli. E Felice rispose:
- Hai ragione ma dovremo
anche viverci per sempre. Pasqua e Felice andarono a
vivere nel casale che era distante 3 o 4 Km da Vasanello, ed in quel casale ci vissero per
10 anni e lì ebbero 2 figli, di nome Armando e Marisa Marcuc_
ci.
Pace Michele -
Silvestri Valerio (Classe III/N)
IL FUNERALE DI FOCHETTI
FEDERICO
La signora
Fochetti Giuseppa, di anni 70, ci ha raccontato la storia di quando è morto suo nonno,
Fo_
chetti Federico, il capostipite di tutta la famiglia. Quest'ultimo aveva 80 anni quando
morì. Durante la
sua vita era stato sempre un tipo piuttosto autoritario, infatti portava sempre con sè un
bastone e, ap_
pena qualcuno non rispettava ciò che lui diceva lo picchiava. Veniva chiamato
"BARBAROSSA" è anche
il casale veniva detto "I CASALE DE BARBAROSSA". Giuseppa chi ha raccontato che
la sera di Natale del
1947, si riunirono nel casale tutti i parenti e, oltre alle 13 persone che vi abitavano,
parteciparono an_
che i vari fidanzati delle ragazze e i cugini che abitavano nei casali vicini. Tutti
insieme, dopo un'abon_
dante cena, giocarono a tombola e insieme a loro c'era anche Fochetti Federico. Dopo due
giorni, nel
pomeriggio del 27 Dicembre, cioè nel giorno di San Giovanni i giovani si recarono in una
stalla, chiama_
ta la "CANTINACCIA", per ballare divertirsi, stare insieme, festeggiare questi
giorni particolari che si
trovano nel periodo natalizio. Nella Cantinaccia c'era un'orchestrina, che invitava la
gente a ballare:
era formata da un uomo che suonava la fisarmonica, due che suonavano la chitarra e un
cantante.
Si ballava la Mazurka e la Polka. La Cantinaccia all'interno era addobbata con delle
bandierine colorate
ed anche con dei rami d'alloro. Mentre Giuseppa stava ballando con il suo fidanzato
Costantino Costan_
tini, un amico di famiglia, Creta Luigi, entrò nel locale con uno sguardo molto triste e
si avvicinò di cor_
sa a Giuseppa e le disse che le doveva parlare. A questo punto Giuseppa, si impaurì
vedendo la faccia
dell'amico, andarono fuori e lui, pian piano, le raccontò cosa era successo: "Cara
Giuseppa, tuo nonno
si è sentito molto male e così, non facendocela più è morto". Sentendo queste
parole Giuseppa, pian_
gendo e molto agitata, entrò di corsa nel locale, si infilò subito il cappotto e andò
subito verso casa.
Tutte le sue amiche si preoccuparono, ed anche il suo fidanzato, così le andarono
incontro chiedendole
cosa era successo, ma lei era troppo dispiaciuta e così non rispondeva. Fece tutta la
strada per tornare
a casa di corsa, e all'arrivo si sentì ancora più dispiaciuta vedendo suo padre e i
fratelli che piangeva_
no. Dopo poco tempo, arrivarono a casa tutti i parenti e i vicini per fare compagnia e per
dare una pa_
rola di conforto ai figli del defunto. Tutti i parenti più stretti rimasero a vegliare
durante la notte e già
da quella sera gli eredi discussero riguardo alle proprietà che si dovevano dividere. La
mattina seguen_
te, alcune ragazze si riunirono e andarono nei dintorni del casale a raccogliere qualche
ramo di alloro e
di edera per confezionare, a mano, le corone.
Di solito erano di forma rettangolare ma spesso venivano fatte anche a forma di rombo.
Durante il po_
meriggio alcuni parenti e amici portarono la bara a spalla dal casale fino in chiesa e
dalla chiesa al ci_
mitero. Alcuni di loro erano: Creta Giuseppe, Fochetti Telemaco, Pace Anselmo, Costantino
Costantini,
Libriani Giovanni, Creta Luigi, Petrelli Nicola, Mariani Gennarino, Creta Giovanni e Munzi
Sante.
Quando la bara arrivò in piazza, si sarebbe dovuti andare a fare il giro del paese
vecchio, Don Mario
disse a coloro che portarono la bara di andare direttamente in chiesa. A quel punto il
figlio del morto,
Fochetti Domenico, si arrabbiò e disse che suo padre doveva fare il giro del paese
vecchio come tutti
prima di lui, così fecero. La cassa era ricoperta da un telo nero con una croce
gialla al centro: Questo coprì cassa veniva donato dalla parrocchia, perchè durante
l'anno ogni uomo dava un'offerta alla "MA_
DONNA DI LORETO" mentre le donne alle "FIGLIE DI MARIA". La sera, dopo la
cerimonia funebre, gli abi_
tanti del casale tornarono a casa. Alcuni amici avevano preparato la cena e mangiarono
insieme nel casale. Appena finito di cenare tornarono ognuno a casa propria e rimasero nel
casale i figli e i nipoti
del defunto. Ad una certa ora i figli andarono nella camera del loro padre per prendere il
testamento. Questo testamento era custodito da Federico in una cassapanca dove teneva la
propria biancheria.
Poi tornarono in cucina e si sedettero tutti insieme intorno al tavolo: aprirono il
testamento e iniziaro_
no a leggere. Rimasero svegli per tutta la notte discutendo molto animatamente. Si erano
formati due
gruppi, da una parte le due figlie e dall'altra i due figli. Infatti le donne erano
molto arrabbiate, perchè
le proprietà migliori e in maggior numero erano per gli uomini, mentre per loro c'era
poca roba. Litiga_
rono addirittura per le pentole, per le posate, per i bicchieri e per tante altre
sciocchezze. Questa era
una cosa normale per quel periodo, ma naturalmente non era una cosa giusta e le donne
facevano be_
ne a protestare. Fochetti Elida una figlia, decise di protestare in un modo particolare.
Infatti decise di
indossare per tutto il periodo di lutto (un anno) una sciarpa rossa. Elida è stata una
delle prime donne
Vasanellesi che lottarono per ottenere la parità dei diritti.
Orlandi
Elisabetta - Maracci Eleonora (Classe III/N)
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