I
Personaggi Storici del Castello di Vasanello
La Famiglia
Orsini La famiglia Orsini è stata una tra le più antiche
famiglie della nobiltà romana, da sempre schierata con la parte guelfa. Vari
suoi rappresentanti sono stati protagonisti illustri nel
Basso Medioevo e nel
Rinascimento. Da questa famiglia provengono ben tre
papi: (Celestino
III ovvero Giacinto Bobone Orsini,
Niccolò III ovvero Giovanni Gaetano Orsini,
Benedetto XIII nato Pietro Francesco Orsini, nonché 34 cardinali. Autentici
artefici della politica pontificia nel XIII secolo, durante la
cattività avignonese si scontrarono con gli interessi della famiglia
Colonna, dando luogo ad una famosa rivalità che ebbe fine solo con la
riappacificazione del
1511 voluta da
Giulio II della
Rovere. I loro titoli e feudi furono numerosi:
Prefetto di
Roma,
Gonfaloniere della Chiesa,
Principe Assistente del Soglio Pontificio,
Gran Connestabile e
Gran Cancelliere del
Regno di Napoli,
Duchi di
Gravina, di
Bracciano
e di Amalfi,
Principi di
Vallata, di
Solofra, di
Roccagorga,
di Vicovaro,
di Bassanello,
di Monterotondo, di
Amatrice e
di Taranto,
Conti di
Muro, di
Tagliacozzo, di
Caserta, di
Pitigliano
e di Nola. Furono
insigniti dell'Ordine
del Toson d'Oro, dell'Ordine
Teutonico, dell'Ordine
dello Spirito Santo e tanti altri.
Ipotesi
Antiche
Come per
tutte le antiche famiglie le cui origini si perdono nella notte
dei tempi, stabilire le vere radici è un'operazione
particolarmente difficile, specialmente se queste famiglie sono
diventate importanti e hanno cercato radici particolari durante
il Rinascimento. Secondo queste antiche genealogie il fondatore
della dinastia sarebbe stato un certo Orso, nobile romano
sposatosi per due volte e padre di cinque figli. Dal primo
matrimonio sarebbero nati Giordano e Costanzo, mentre dal
secondo Amalrico, Amedeo e Pantaleone. Da Costanzo deriverebbe
la linea romana, mentre da Amalrico la linea piemontese. Sempre
in base a queste antiche genealogie, viene affermato che i
pontefici Stefano III e Paolo I facciano parte della famiglia,
come pure le dinastie tedesche di Anhalt e Baden e quella
austriaca di Rosenberg. Tuttavia, studi più approfonditi
effettuati alla fine del XIX secolo, hanno chiarito che tutte
queste ipotesi sono fantasiose e che gli Orsini sono una
famiglia autenticamente e solamente romana.
Studi
Moderni
La famiglia Orsini è collegata con la
famiglia
Boboni, famiglia che compare negli atti a partire
dall’inizio dell’XI secolo. Infatti nei documenti appaiono quasi
sempre con il doppio cognome Orsini-Boboni e addirittura alcuni
componenti alternano i cognomi quasi a significare che sono la
stessa cosa.
Comunque il primo filo genealogico
sicuramente orsino parte da un certo Bobone (vivente nella prima
metà del XII secolo), padre di Pietro, a sua volta padre di
Giacinto dei Boboni (1110
– Roma,
8 gennaio 1198),
futuro Papa Celestino III.
Celestino III fu l’artefice della fortuna
della dinastia. Creato
cardinale
diacono da
Celestino II nel
1144,
salì al soglio pontificio nel
1191.
Visse una grave crisi con l’imperatore
Enrico VI che perseguiva una politica fortemente aggressiva
nei confronti della
Chiesa. Fu anche il primo pontefice che perseguì una
politica
nepotistica in forma quasi scientifica. Creò cardinali due
nipoti e, nel 1191, permise al cugino Giovanni, noto come
Giangaetano (? – 1232),
di comprare i feudi di
Vicovaro,
Licenza,
Roccagiovine e
Nettuno. Questi feudi avrebbero costituito il primo nucleo
della potenza territoriale della famiglia. Da Giangaetano si
perse il cognome Boboni ed i suoi figli vennero definiti "de
domo filiorum Ursi". Due di questi, Napoleone (vivente tra il 1244
ed il
1262) e Matteo Rosso (1178
–
13 ottobre 1246),
incrementarono notevolmente il prestigio ed il potere della
famiglia. Napoleone, fondatore della prima linea meridionale,
estintasi nel
1553
con
Camillo Pardo (? – 1553), ottenne la città di
Manoppello, poi eretta in
Contea, e fu
Gonfaloniere della Chiesa. Matteo Rosso, detto il Grande,
rimase nell’orbita romana scontrandosi con le altre famiglie per
il controllo della città. Nel
1241
sconfisse le truppe imperiali divenendo padrone assoluto di
Roma
per circa due anni, con la carica di
Senatore. Furono senatori anche i suoi figli ed il fratello
Napoleone. In questo periodo di tempo scacciò da Roma i
Colonna e pose definitivamente gli Orsini nell’orbita
guelfa. I territori controllati dalla famiglia si
estendevano, a sud fin quasi ad
Avellino ed a nord fino a
Pitigliano.
Matteo Rosso ebbe una decina di figli tra i quali divise i
feudi: Gentile (? –
1246)
diede origine alla linea di Pitigliano ed alla seconda linea
meridionale, Rinaldo (vivente tra il 1262
ed il
1286) a quella di
Monterotondo, Napoleone a quella di Bracciano (? –
1267)
e un’altro Matteo Rosso (? –
1282)
a quella di Montegiordano. Tra i suoi figli, comunque, colui che
si distinse maggiormente fu
Giovanni Gaetano (? –
Soriano,
23 agosto 1280).
Questi in un primo tempo appoggiò
Carlo I d'Angiò (marzo
1226
–
7 gennaio 1285)
contro gli
Svevi,
in seguito, una volta eletto
papa,
portò avanti una politica antifrancese. Anche Niccolò III portò
avanti una politica fortemente nepotistica nominando il nipote
Bertoldo (? – 1289)
conte
di
Romagna e creando cardinali due nipoti ed un fratello. Nel
1280,
favorendo la pace tra
Rodolfo I (1
maggio 1218
–
15 luglio 1291)
e Carlo I, ottenne un grosso successo diplomatico: il papa dopo
anni di eclissi tornava in primo piano come arbitro della
politica internazionale. La morte di Niccolò III non impedì,
comunque, l’ascesa della dinastia.
Gentile II
Orsini (1250 - 1318)
Dopo
Bertoldo Conte di Romagna, il figlio di questi, Gentile II,
continuò la politica d’espansione familiare. Divenne varie volte
Senatore di Roma, fu podestà di Viterbo e, nel 1314, assunse la
carica di Gran Giustiziere ereditario del Regno di Napoli, una
delle sette cariche più importanti del regno. Si sposò con
Clarice Ruffo, figlia del conte di Catanzaro, alleandosi così
con la massima dinastia calabrese. Il figlio Romano (1268 –
1327), detto Romanello, fu Vicario Regio di Roma nel 1326, ed
ereditò la contea di Soana dal suo matrimonio con Anastasia de
Montfort (1273 – 1306). Anche in questo periodo, caratterizzato
dalla cattività avignonese, la politica di Romano fu nettamente
guelfa. Alla sua morte divise il feudo tra i suoi due figli
creando così la seconda linea meridionale e quella di Pitigliano.
Roberto
Orsini (1295 - 1345) e la Seconda Linea Meridionale
Roberto, primogenito di Romanello, sposò
Sibilla del Balzo (1300
– 1336),
figlia del
Gran Siniscalco del Regno di
Napoli. Sibilla apparteneva alla più potente famiglia nobile
meridionale, imparentata con la dinastia angioina e quella
aragonese. Dei suoi figli, Giacomo (? – 1379)
fu creato cardinale da
Gregorio XI nel
1371
e Nicola (27
agosto 1331
–
14 febbraio 1399),
ereditò dalla moglie le contee di
Ariano e
Celano; fu Senatore di Roma e rettore del
Patrimonio di San Pietro; ingrandì la potenza della famiglia
nel
Lazio e in
Toscana; continuò con successo la politica matrimoniale
dinastica. Il suo secondogenito, Raimondo Orsini del Balzo,
detto Raimondello (1361
–
17 gennaio 1406),
appoggiò il colpo di stato di
Carlo III di Napoli (1345
–
24 febbraio 1386)
ai danni di
Giovanna d'Angiò (1327
–
12 maggio 1382)
rimanendo in ottimi rapporti col re, ma il suo successore,
Ladislao I d'Angiò (11
luglio 1376
–
6 agosto 1414)
cambiò atteggiamento cercando di frenare il potere dei suoi
feudatari. La situazione peggiorò nel
1403,
quando il re fu oggetto di una congiura in cui erano implicate
le maggiori famiglie del regno. I
Sanseverino furono sterminati, i
Ruffo subirono numerose confische e Raimondello dovette
subire una guerra, alla quale riuscì a resistere. Morì nel 1406.
L’anno successivo la vedova Maria
d'Enghien (1367
–
9 maggio 1446)
fu costretta a sposare Ladislao, che le confiscò i feudi. Alla
morte di Ladislao I ascese al trono la sorella
Giovanna II d'Angiò (25
giugno 1373
–
2 febbraio 1435.
I rapporti tra gli eredi di Raimondello e la regina erano molto
freddi, ma le cose cambiarono quando, grazie all’intervento
delle truppe di Maria d’Enghien e del figlio Giannantonio (1386
–
15 novembre 1463,
il tentativo di usurpazione di Giacomo di
Borbone fallì. La regina, per sdebitarsi, restituì il
principato di
Taranto a Giannantonio.
Con l’avvento al potere di
Sergianni Caracciolo (1372
–
19 agosto 1432),
amante della regina e
Gran Siniscalco del regno, i rapporti con gli Orsini
migliorarono sempre di più, tanto che il fratello minore di
Giannantonio sposò una figlia del Caracciolo. Sergianni convinse
la regina a nominare erede
Alfonso V d'Aragona (1396
–
27 giugno 1458)
in contrasto con
Luigi III d'Angiò (1403
–
12 novembre 1434)
appoggiato da
papa Martino V (1368
–
20 febbraio 1431).
Ulteriori vicende portarono la regina a favorire il francese, ma
gli Orsini continuarono a spalleggiare l’aragonese. Dopo la
morte di Sergianni, si affermò il partito filofrancese e
Giannantonio subì la discesa di Luigi III. Fu salvato solo dalla
morte dell’angioino. Nel frattempo morì anche Giovanna e l’Orsini
fu ricompensato da Alfonso V con il
ducato di Bari, la carica di
Gran Connestabile e l’appannaggio di 100.000
ducati. Giannantonio fu fedele anche a
Ferdinando I di Napoli, successore di Alfonso, che lo fece
uccidere dopo una rivolta di nobili. L’Orsini non ebbe figli
legittimi, solo naturali, per questo l’asse ereditario passò
quasi totalmente nelle mani di Ferdinando.
Guido Orsini
(? - 1348) e la Linea di Pitigliano
Guido Orsini, era il secondogenito di Romano
Orsini. Nella spartizione dei beni, ereditò la contea di Soana.
Egli e i suoi discendenti, insieme ai cugini del ramo
meridionale, governarono i feudi di Pitigliano, Soana e Nola
con il sistema associativo tipico delle famiglie baronali
romane. Agli inizi del XV secolo scoppiarono delle rivalità con Siena
ed i Colonna che portarono alla perdita di molti territori. Tra
il 1406
ed il
1410 il nipote di Guido, Bertoldo (? -
1417),
perse quasi tutti i feudi, riuscendo a recuperare Pitigliano.
Orso (? –
5 luglio 1479),
nipote, forse illegittimo, di Bertoldo, fu Conte di Nola e
condusse vita da mercenario al soldo del duca di
Milano e dei veneziani. In seguito passò al servizio di
Ferdinando I di Napoli ma non partecipò alla congiura dei
baroni, tanto che il sovrano lo ricompensò con i feudi di
Ascoli e
Atripalda. Prese parte alla campagna di
Toscana del
1478
e fu presente all’assedio di
Viterbo, dove perse la vita.
Il personaggio più rappresentativo di questa
linea fu il conte
Niccolò (1442
– 1510).
Fu un grande condottiero. Iniziò la sua carriera al servizio di
Jacopo Piccinino, poi si mise al soldo di
Firenze contro Ferdinando I, che aveva appoggiato la
Congiura dei Pazzi. Partecipò anche alla
guerra di Ferrara del
1482
e all’assedio di
Nola
del
1494. Subito dopo si mise al soldo di
Venezia con il grado di capitano generale delle forze della
Serenissima, distinguendosi nella conquista di
Cremona. In seguito restò sempre al servizio dei Veneziani.
Nel
1509 fu il principale responsabile della sconfitta veneta
nella
battaglia di Agnadello. Suo figlio Ludovico (? –
27 gennaio 1534)
e suo nipote Enrico (? –
1528)
parteciparono alle guerre tra francesi e spagnoli passando
disinvoltamente da un campo all’altro. Due figlie di Ludovico
contrassero illustri matrimoni :
Geronima sposò il
Pier Luigi Farnese, figlio naturale di
Alessandro Farnese, e Marzia sposa Gian Giacomo Medici
Marchese di Marignano, un grande generale spagnolo.
La decadenza della linea di Pitigliano
iniziò, tuttavia, con il conte Ludovico. Costui perse Nola e fu
costretto ad accettare la supremazia della repubblica di Siena
su Pitigliano. Nel 1555
suo figlio Giovan Francesco (prima del 1510
–
8 maggio 1567)
fece atto di sottomissione al
granduca di Toscana e portò le residenze della famiglia a
Roma ed a Firenze. In seguito il conte Alessandro (? –
9 febbraio 1604)
pretese di succedere nei domini della linea di Monterotondo, ma
Gregorio XIII si oppose. Nel
1604,
suo figlio Giannantonio (25
marzo 1569
– 1613),
vendette Pitigliano al Granduca di Toscana. In cambio ottenne il
marchesato di
Monte San Savino. Gli Orsini di Pitigliano, ultimi
discendenti della linea di Gentile, si estinsero nel 1640 con
Alessandro (? – 1640).
Rinaldo Orsini
e la Linea di Monterotondo
Al terzogenito di Matteo Rosso il Grande,
Rinaldo, toccò la signoria di Monterotondo. Da questa posizione
privilegiata i suoi discendenti presero parte attiva alle lotte
nella Roma medioevale. Almeno tre componenti della famiglia
ricoprirono la carica di senatore di Roma e molti altri
abbracciarono il mestiere delle armi. Nel 1370
Francesco fu al servizio dei fiorentini nella guerra contro i
Visconti. Orso (? –
24 luglio 1424)
morì al servizio del re di Napoli nella
battaglia di Zagonara (1424), mentre combatteva il Duca di
Milano. I suoi figli Giacomo (? -
1482)
e Lorenzo (? –
1452)
militarono nelle file pontificie, napoletane e fiorentine. Una
figlia di Giacomo, Clarice (1453
–
30 luglio 1488),
divenne la moglie di
Lorenzo il Magnifico.
Franciotto Orsini (1473
–
10 gennaio 1534)
fu creato cardinale da
Leone X nel
concistoro del
1 luglio 1517.
Il personaggio più rappresentativo di questa
linea fu
Giovanni Battista Orsini (? –
22 febbraio 1503),
creato cardinale da
Sisto IV (21
luglio 1414
–
12 agosto 1484)
nel concistoro del
15 novembre 1483.
Contrastò la politica nepotistica di
Innocenzo VIII (1432
–
25 luglio –
1492)
e fu tra i fautori dell’elezione di
Alessandro VI (1
gennaio 1431
–
18 agosto 1503),
che da speranza di giustizia divenne giustiziere della famiglia.
Papa
Borgia perseguiva lo scopo di creare uno stato all’interno
del papato con a capo il figlio
Cesare (13
settembre 1475
–
12 marzo 1507).
Questi tra il
1500
ed il
1501 eliminò i
Riario di
Forlì,
i
Malatesta di
Rimini, gli
Sforza di
Pesaro e i
Manfredi di
Faenza. Nel
1502
prese
Camerino ed
Urbino, ma, quando puntò su
Bologna cinque suoi capitani, tra cui due Orsini,
organizzarono la sua eliminazione. Sembra che l’ispiratore della
cosiddetta
congiura della Magione, che fallì a causa della
disorganizzazione dei congiurati, fosse proprio il cardinale
Giovanni Battista Orsini. Con uno stratagemma Cesare Borgia
catturò i cospiratori, che furono uccisi nel 1503.
La stessa sorte toccò al cardinale ed a molti rappresentanti
della famiglia.
Sul finire del XVI secolo la dinastia
decadde. Molti suoi componenti furono coinvolti in tristi
vicende e persero i feudi per confische o furono assassinati.
Enrico (? –
12 settembre 1643)
e Francesco (1592
–
21 settembre 1650),
gli ultimi rappresentanti della linea, vendettero Monterotondo
alla famiglia
Barberini nel
1641.
Napoleone Orsini
e la Linea di Bracciano
La linea di Bracciano fu originata da
Napoleone, altro figlio cadetto di Matteo Rosso il Grande, a cui
toccarono Bracciano,
Nerola e altre terre. Come tradizione di famiglia, ricoprì
la carica di senatore di Roma nel
1259.
Molti componenti di questa linea ricoprirono varie cariche
municipali nella Roma del XIV secolo insieme ai Colonna, ai
Savelli ed agli
Annibaldeschi. Nel Lazio, i signori di Bracciano furono la
linea più potente degli Orsini. Grazie alla compattezza dei loro
domini, alla loro posizione strategica e alla costruzione della
fortezza sul lago di Bracciano, da cui potevano controllare
l’accesso a Roma, questa famiglia raggiunse ben presto una
posizione di privilegio tra i nobili della città eterna. Da un
altro Napoleone (? –
3 ottobre 1480)
figlio del conte Carlo (? – dopo il
1485),
Gonfaloniere della Chiesa e da Francesca Orsini di Monterotondo
nacque Gentile Virginio (? – 1497),
uno dei maggiori personaggi della politica italiana della fine
del XV secolo.
Nel
1480,
alla morte di Napoleone, Gentile Virgilio subentrò al padre ed
aggiunse ai propri altri feudi, portati in dote dalla moglie,
Isabella Orsini, figlia di Raimondo 1° Principe di Salerno e di
Eleonora d’Aragona dei Conti di Urgell. A causa di questo
matrimonio, Gentile Virgilio divenne il favorito di Ferdinando I
di Napoli, che lo elevò alla carica di Connestabile. Insieme al
cugino, il cardinale Giovanni Battista Orsini, fu il più
accanito oppositore dei papi Innocenzo VIII e Alessandro VI.
Innocenzo VIII intendeva sostituire
Ferdinando I con un sovrano più fedele alla Chiesa (il regno di
Napoli era in teoria un feudo ecclesiastico) per controllare gli
uffici e le rendite provenienti da quel territorio. Per questo
il papa cercava ogni pretesto per favorire sollevazioni o
congiure contro il re. Ferdinando I, dal canto suo, era nato
illegittimo e rischiava comunque e sempre di veder contestato il
suo potere. Tuttavia, Innocenzo VIII aspirava anche a creare uno
stato familiare, pertanto investì il figlio Franceschetto Cybo (1449
–
25 luglio 1519)
della contea d’Anguillara, uno dei feudi più importanti del
Lazio. Alla morte del padre, Franceschetto si trasferì in
Toscana e vendette la contea a Gentile Virginio, che la comprò
nel
1492.
Con l’ascesa al soglio pontificio di
Alessandro VI, la situazione si fece cupa. Il papa tramava per
occupare Anguillara e neutralizzare Ferdinando I. Si alleò con
il duca di Milano,
Ludovico il Moro (27
luglio 1452
–
27 maggio 1508),
che chiamò
Carlo VIII di Francia (30
giugno 1470
–
7 aprile 1498).
Temendo un conflitto generalizzato, Ferdinando I spinse Gentile
Virginio ad accordarsi con il pontefice. Ne risultò un accordo
che, purtroppo, fu di breve durata per la morte di Ferdinando I.
Era il 25 gennaio del 1494. Il Duca di Milano si accordò con
Carlo VIII, che si convinse di una facile vittoria su
Alfonso II di Napoli (4
novembre 1448
–
18 dicembre 1495),
che era considerato debole. Alessandro VI prese una posizione
ambigua pronto a trarre il massimo vantaggio personale da
qualsiasi situazione si fosse presentata. Gli altri stati
italiani, soprattutto Venezia e Firenze, si dichiararono
neutrali.
Carlo VIII scese in Italia con un forte esercito nel
settembre del 1494. Gentile Virginio fu messo al comando delle
truppe pontificie di Romagna, ma, catturato dal nemico assieme
ad altri componenti della sua famiglia, arrivò ad uno accordo
con Carlo VIII : evitava di combattere per il francese ma
permetteva ai figli e agli altri parenti di farlo, in cambio
otteneva la salvaguardia di Bracciano e dei suoi stati. In
questo modo Gentile Virginio non tradì ufficialmente il Re di
Napoli e non disturbò troppo il Papa. Nel frattempo a Napoli
Alfonso II, successore di Ferdinando I, fu costretto ad abdicare
ed il nuovo sovrano,
Ferdinando II di Napoli
26 agosto 1469
–
7 settembre 1496),
si ritrovò con uno stato invaso ed in preda alle lotte
intestine. La capitale venne subito occupata e il re si ritirò
prima ad
Ischia e poi in Sicilia. Comunque, nella
battaglia di Fornovo (1495),
Carlo VIII fu sconfitto e dovette tornare in Francia. Nel
frattempo Ferdinando II iniziò la riconquista del regno.
Dopo la battaglia anche gentile Virginio
riuscì a scappare e si ritirò a Bracciano. L’anno successivo,
però, tradì definitivamente Ferdinando II, che gli confiscò i
beni, e si diresse in
Abruzzo per liberarlo dalle bande dei Colonna. Purtroppo nel
regno di Napoli le cose non andarono bene ed il comandante
supremo francese Gilberto di Borbone, conte di Montpensier, fu
costretto ad una resa umiliante: avrebbe avuto salva la vita ed
un lasciapassare per se ed i suoi se si fosse consegnato insieme
agli Orsini. Ferdinando II, comunque, non rispettò il patto e li
fece imprigionare. Gentile Virginio venne tradotto in
Castel dell’Ovo a Napoli. Ferdinando II e Alessandro VI si
accordarono per eliminarlo. Il signore di Bracciano venne
avvelenato nel 1497.
La morte di Gentile Virginio, le relative confische e la
successiva strage del 1503, produssero un forte indebolimento
della famiglia. Tuttavia, la morte di Alessandro VI e l’elezione
di papi amici o parenti degli Orsini (Giulio
II,
Leone X e
Clemente VII), fecero tirare un sospiro di sollievo alla
famiglia.
Il figlio di Gentile Virginio, Giangiordano
(? –
1517), fu
Principe Assistente al Soglio Pontificio, qualifica che
elevò il ramo di Bracciano al di sopra degli altri. Suo nipote
Virginio conte d’Anguillara (1498
– 1548)
fu un famoso ammiraglio prima pontificio poi al soldo della
Francia dopo che gli furono confiscati i feudi con l’accusa di
tradimento nel
1539.
La più curiosa impresa di Virginio fu il cordiale accordo con il
pirata turco
Khair-ad-din (? -
1546),
suo avversario nelle campagne in terra d’Africa.
Nel
1560
Paolo Giordano I (1541
–
13 novembre 1585)
fu creato primo duca di Bracciano. Militò come capitano alla
battaglia di Lepanto (1571). Sposò la figlia del
Granduca di Toscana
Cosimo I,
Isabella de' Medici, che strangolò in un eccesso di gelosia
nel
1578. Dopo l’uxoricidio
scappò a Roma e si legò a
Vittoria Accoramboni, moglie di un nipote di
Sisto V, il quale venne assassinato su suo incarico nel
1583.
Dopo quest’altro omicidio, inseguito dalla giustizia pontificia
e dai sicari del Granduca di Toscana, scappò nel nord Italia con
l’amante, sposandola nel 1585.
Nel dicembre dello stesso anno l'Accoramboni venne assassinata
da Ludovico Orsini di Monterotondo, che voleva vendicare la
morte del fratello Roberto (ucciso perché implicato in una faida
con il Duca Paolo Giordano). Ludovico venne eliminato qualche
giorno dopo per ordine delle autorità venete che lo avevano
arrestato.
Il figlio di Paolo Giordano I, il duca
Virginio (1572
–
9 settembre 1615),
fu insignito con l’Ordine
del Toson d’Oro. I suoi figli fecero tutti importanti
carriere o grandi matrimoni. Le figlie Isabella (1597
– 1623),
Maria Felicia (12
novembre 1599
–
5 giugno 1666)
e Maria Camilla (29
luglio 1603)
sposarono rispettivamente il duca di
Guastalla, il duca di
Montmorency e il principe di
Sulmona. Il primogenito Paolo Giordano II (1591
–
24 maggio 1646)
sposò la principessa regnante di
Piombino e venne innalzato al titolo di principe del Sacro
Romano Impero con la qualifica di Altezza Serenissima, titolo
che lo elevò al di sopra di tutti gli altri principi romani. Il
fratello
Alessandro Orsini (1593
–
22 agosto 1626)
fu cardinale e legato pontificio, l’altro fratello Ferdinando (?
-
4 marzo 1660)
fece confluire nei beni familiari quelli della linea Orsini di
San Gemini. Nel XVII secolo anche i duchi di Bracciano
lasciarono i loro castelli per trasferirsi a Roma, dove
mantennero un elevatissimo stile di vita sfruttando a fondo i
loro feudi. Tuttavia carestie, banditismo e povertà diffusa
danneggiarono fortemente lo "stato" di famiglia, tanto che tra
il 1692
ed il
1696, l’ultimo principe e duca Don Flavio I (4
marzo 1620
–
5 aprile 1698),
sommerso dai debiti, fu costretto a vendere tutti i suoi feudi
più importanti. Bracciano fu acquistata dagli
Odescalchi. Alla sua morte si ebbe una lite giudiziaria tra
la vedova e gli Orsini di Gravina per la successione ai pochi
feudi rimasti vincolati da fidecommessi e primogeniture.
La Linea di
Gravina
Attualmente esiste una sola linea vivente
della famiglia ed è quella di Gravina, discendente da Francesco
(? -
1456), figlio cadetto di Carlo, signore di Bracciano. Il
capostipite di questa linea aveva i suoi feudi principalmente
nel Lazio e ricopriva la carica di
Prefetto Perpetuo dell’Urbe, quando nel
1418
venne chiamato a Napoli da Sergianni Caracciolo. Francesco fu il
difensore di Napoli contro le truppe angioine, che sconfisse il
28 settembre 1418. In seguito sposò una ricca ereditiera
pugliese che gli portò in dote la contea di Gravina e molti
altri benefici. Nel 1421 fu tra i fautori dell’adozione di
Alfonso V d’Aragona da parte di Giovanna II. Alfonso V lo
ricompensò con la contea di Copertino, alla quale si aggiunsero
quelle di Conversano e Campagna. Fu creato Duca di Gravina nel 1436.
Il titolo che fu confermato definitivamente al figlio Giacomo (?
- 1472).
Due dei suoi figli naturali, Marino (? –
1471)
e Giovanni Battista (? –
8 giugno 1476)
divennero rispettivamente
arcivescovo di Taranto e
Gran Maestro dell’Ordine
di San Giovanni di Rodi.
Il 4° duca, Francesco, fu strangolato da
Cesare Borgia nel 1503. Un suo nipote,
Flavio Orsini, fu creato cardinale nel
1565.
Gli spagnoli confiscarono al 5° duca,
Ferdinando (? -
6 dicembre 1549),
tutti i feudi per fellonia. Riuscì a recuperarli dietro il
pagamento di un indennizzo di 40.000 scudi.
Alla morte senza eredi del Duca Michele
Antonio (? -
26 gennaio 1627),
il ducato di Gravina passò al cugino e nipote acquisito Pietro
Orsini conte di Muro Lucano (? - 1641).
Il nipote,
Pier Francesco (2
febbraio 1649
–
21 febbraio 1730),
rinunciò alla successione nel
1668
per diventare
domenicano. Fu arcivescovo di
Benevento, poi cardinale e quindi papa con il nome di
Benedetto XIII. Grazie a questa nuova elezione l’importanza
della famiglia si accrebbe. Anche i componenti della linea di
Gravina dalla provincia si trasferirono a Roma, dove tuttora
vivono i discendenti. Un nipote di Benedetto XIII, il duca
Domenico Orsini (5
giugno 1719
–
19 gennaio 1789),
abbandonò ogni carica di famiglia e prese i voti. Fu l’ultimo
cardinale della famiglia.
Con il tramonto del regime feudale gli Orsini
si trovarono di fronte a gravi difficoltà economiche per cui, il
duca Domenico (23
novembre 1790
–
28 aprile 1874),
nel
1823 sposò Maria Luisa Torlonia, figlia del ricchissimo duca
di Bracciano. Nel 1850
Domenico fu ministro della guerra, Luogotenente generale delle
armate pontificie e senatore di Roma.
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