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I Personaggi Storici del Castello di Vasanello
La Famiglia Orsini

La famiglia Orsini è stata una tra le più antiche famiglie della nobiltà romana, da sempre schierata con la parte guelfa. Vari suoi rappresentanti sono stati protagonisti illustri nel Basso Medioevo e nel Rinascimento. Da questa famiglia provengono ben tre papi: (Celestino III ovvero Giacinto Bobone Orsini, Niccolò III ovvero Giovanni Gaetano Orsini, Benedetto XIII nato Pietro Francesco Orsini, nonché 34 cardinali. Autentici artefici della politica pontificia nel XIII secolo, durante la cattività avignonese si scontrarono con gli interessi della famiglia Colonna, dando luogo ad una famosa rivalità che ebbe fine solo con la riappacificazione del 1511 voluta da Giulio II della Rovere. I loro titoli e feudi furono numerosi: Prefetto di Roma, Gonfaloniere della Chiesa, Principe Assistente del Soglio Pontificio, Gran Connestabile e Gran Cancelliere del Regno di Napoli, Duchi di Gravina, di Bracciano e di Amalfi, Principi di Vallata, di Solofra, di Roccagorga, di Vicovaro, di Bassanello, di Monterotondo, di Amatrice e di Taranto, Conti di Muro, di Tagliacozzo, di Caserta, di Pitigliano e di Nola. Furono insigniti dell'Ordine del Toson d'Oro, dell'Ordine Teutonico, dell'Ordine dello Spirito Santo e tanti altri.

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Ipotesi Antiche

Come per tutte le antiche famiglie le cui origini si perdono nella notte dei tempi, stabilire le vere radici è un'operazione particolarmente difficile, specialmente se queste famiglie sono diventate importanti e hanno cercato radici particolari durante il Rinascimento. Secondo queste antiche genealogie il fondatore della dinastia sarebbe stato un certo Orso, nobile romano sposatosi per due volte e padre di cinque figli. Dal primo matrimonio sarebbero nati Giordano e Costanzo, mentre dal secondo Amalrico, Amedeo e Pantaleone. Da Costanzo deriverebbe la linea romana, mentre da Amalrico la linea piemontese. Sempre in base a queste antiche genealogie, viene affermato che i pontefici Stefano III e Paolo I facciano parte della famiglia, come pure le dinastie tedesche di Anhalt e Baden e quella austriaca di Rosenberg. Tuttavia, studi più approfonditi effettuati alla fine del XIX secolo, hanno chiarito che tutte queste ipotesi sono fantasiose e che gli Orsini sono una famiglia autenticamente e solamente romana.

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Studi Moderni

La famiglia Orsini è collegata con la famiglia Boboni, famiglia che compare negli atti a partire dall’inizio dell’XI secolo. Infatti nei documenti appaiono quasi sempre con il doppio cognome Orsini-Boboni e addirittura alcuni componenti alternano i cognomi quasi a significare che sono la stessa cosa.

Comunque il primo filo genealogico sicuramente orsino parte da un certo Bobone (vivente nella prima metà del XII secolo), padre di Pietro, a sua volta padre di Giacinto dei Boboni (1110 – Roma, 8 gennaio 1198), futuro Papa Celestino III.

Celestino III fu l’artefice della fortuna della dinastia. Creato cardinale diacono da Celestino II nel 1144, salì al soglio pontificio nel 1191. Visse una grave crisi con l’imperatore Enrico VI che perseguiva una politica fortemente aggressiva nei confronti della Chiesa. Fu anche il primo pontefice che perseguì una politica nepotistica in forma quasi scientifica. Creò cardinali due nipoti e, nel 1191, permise al cugino Giovanni, noto come Giangaetano (? – 1232), di comprare i feudi di Vicovaro, Licenza, Roccagiovine e Nettuno. Questi feudi avrebbero costituito il primo nucleo della potenza territoriale della famiglia. Da Giangaetano si perse il cognome Boboni ed i suoi figli vennero definiti "de domo filiorum Ursi". Due di questi, Napoleone (vivente tra il 1244 ed il 1262) e Matteo Rosso (1178 – 13 ottobre 1246), incrementarono notevolmente il prestigio ed il potere della famiglia. Napoleone, fondatore della prima linea meridionale, estintasi nel 1553 con Camillo Pardo (? – 1553), ottenne la città di Manoppello, poi eretta in Contea, e fu Gonfaloniere della Chiesa. Matteo Rosso, detto il Grande, rimase nell’orbita romana scontrandosi con le altre famiglie per il controllo della città. Nel 1241 sconfisse le truppe imperiali divenendo padrone assoluto di Roma per circa due anni, con la carica di Senatore. Furono senatori anche i suoi figli ed il fratello Napoleone. In questo periodo di tempo scacciò da Roma i Colonna e pose definitivamente gli Orsini nell’orbita guelfa. I territori controllati dalla famiglia si estendevano, a sud fin quasi ad Avellino ed a nord fino a Pitigliano. Matteo Rosso ebbe una decina di figli tra i quali divise i feudi: Gentile (? – 1246) diede origine alla linea di Pitigliano ed alla seconda linea meridionale, Rinaldo (vivente tra il 1262 ed il 1286) a quella di Monterotondo, Napoleone a quella di Bracciano (? – 1267) e un’altro Matteo Rosso (? – 1282) a quella di Montegiordano. Tra i suoi figli, comunque, colui che si distinse maggiormente fu Giovanni Gaetano (? – Soriano, 23 agosto 1280). Questi in un primo tempo appoggiò Carlo I d'Angiò (marzo 1226 – 7 gennaio 1285) contro gli Svevi, in seguito, una volta eletto papa, portò avanti una politica antifrancese. Anche Niccolò III portò avanti una politica fortemente nepotistica nominando il nipote Bertoldo (? – 1289) conte di Romagna e creando cardinali due nipoti ed un fratello. Nel 1280, favorendo la pace tra Rodolfo I (1 maggio 1218 – 15 luglio 1291) e Carlo I, ottenne un grosso successo diplomatico: il papa dopo anni di eclissi tornava in primo piano come arbitro della politica internazionale. La morte di Niccolò III non impedì, comunque, l’ascesa della dinastia.

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Gentile II Orsini (1250 - 1318)

Dopo Bertoldo Conte di Romagna, il figlio di questi, Gentile II, continuò la politica d’espansione familiare. Divenne varie volte Senatore di Roma, fu podestà di Viterbo e, nel 1314, assunse la carica di Gran Giustiziere ereditario del Regno di Napoli, una delle sette cariche più importanti del regno. Si sposò con Clarice Ruffo, figlia del conte di Catanzaro, alleandosi così con la massima dinastia calabrese. Il figlio Romano (1268 – 1327), detto Romanello, fu Vicario Regio di Roma nel 1326, ed ereditò la contea di Soana dal suo matrimonio con Anastasia de Montfort (1273 – 1306). Anche in questo periodo, caratterizzato dalla cattività avignonese, la politica di Romano fu nettamente guelfa. Alla sua morte divise il feudo tra i suoi due figli creando così la seconda linea meridionale e quella di Pitigliano.

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Roberto Orsini (1295 - 1345) e la Seconda Linea Meridionale

Roberto, primogenito di Romanello, sposò Sibilla del Balzo (1300 – 1336), figlia del Gran Siniscalco del Regno di Napoli. Sibilla apparteneva alla più potente famiglia nobile meridionale, imparentata con la dinastia angioina e quella aragonese. Dei suoi figli, Giacomo (? – 1379) fu creato cardinale da Gregorio XI nel 1371 e Nicola (27 agosto 1331 – 14 febbraio 1399), ereditò dalla moglie le contee di Ariano e Celano; fu Senatore di Roma e rettore del Patrimonio di San Pietro; ingrandì la potenza della famiglia nel Lazio e in Toscana; continuò con successo la politica matrimoniale dinastica. Il suo secondogenito, Raimondo Orsini del Balzo, detto Raimondello (1361 – 17 gennaio 1406), appoggiò il colpo di stato di Carlo III di Napoli (1345 – 24 febbraio 1386) ai danni di Giovanna d'Angiò (1327 – 12 maggio 1382) rimanendo in ottimi rapporti col re, ma il suo successore, Ladislao I d'Angiò (11 luglio 1376 – 6 agosto 1414) cambiò atteggiamento cercando di frenare il potere dei suoi feudatari. La situazione peggiorò nel 1403, quando il re fu oggetto di una congiura in cui erano implicate le maggiori famiglie del regno. I Sanseverino furono sterminati, i Ruffo subirono numerose confische e Raimondello dovette subire una guerra, alla quale riuscì a resistere. Morì nel 1406. L’anno successivo la vedova Maria d'Enghien (1367 – 9 maggio 1446) fu costretta a sposare Ladislao, che le confiscò i feudi. Alla morte di Ladislao I ascese al trono la sorella Giovanna II d'Angiò (25 giugno 1373 – 2 febbraio 1435. I rapporti tra gli eredi di Raimondello e la regina erano molto freddi, ma le cose cambiarono quando, grazie all’intervento delle truppe di Maria d’Enghien e del figlio Giannantonio (1386 – 15 novembre 1463, il tentativo di usurpazione di Giacomo di Borbone fallì. La regina, per sdebitarsi, restituì il principato di Taranto a Giannantonio.

Con l’avvento al potere di Sergianni Caracciolo (1372 – 19 agosto 1432), amante della regina e Gran Siniscalco del regno, i rapporti con gli Orsini migliorarono sempre di più, tanto che il fratello minore di Giannantonio sposò una figlia del Caracciolo. Sergianni convinse la regina a nominare erede Alfonso V d'Aragona (1396 – 27 giugno 1458) in contrasto con Luigi III d'Angiò (1403 – 12 novembre 1434) appoggiato da papa Martino V (1368 – 20 febbraio 1431). Ulteriori vicende portarono la regina a favorire il francese, ma gli Orsini continuarono a spalleggiare l’aragonese. Dopo la morte di Sergianni, si affermò il partito filofrancese e Giannantonio subì la discesa di Luigi III. Fu salvato solo dalla morte dell’angioino. Nel frattempo morì anche Giovanna e l’Orsini fu ricompensato da Alfonso V con il ducato di Bari, la carica di Gran Connestabile e l’appannaggio di 100.000 ducati. Giannantonio fu fedele anche a Ferdinando I di Napoli, successore di Alfonso, che lo fece uccidere dopo una rivolta di nobili. L’Orsini non ebbe figli legittimi, solo naturali, per questo l’asse ereditario passò quasi totalmente nelle mani di Ferdinando.

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Guido Orsini (? - 1348) e la Linea di Pitigliano

Guido Orsini, era il secondogenito di Romano Orsini. Nella spartizione dei beni, ereditò la contea di Soana. Egli e i suoi discendenti, insieme ai cugini del ramo meridionale, governarono i feudi di Pitigliano, Soana e Nola con il sistema associativo tipico delle famiglie baronali romane. Agli inizi del XV secolo scoppiarono delle rivalità con Siena ed i Colonna che portarono alla perdita di molti territori. Tra il 1406 ed il 1410 il nipote di Guido, Bertoldo (? - 1417), perse quasi tutti i feudi, riuscendo a recuperare Pitigliano. Orso (? – 5 luglio 1479), nipote, forse illegittimo, di Bertoldo, fu Conte di Nola e condusse vita da mercenario al soldo del duca di Milano e dei veneziani. In seguito passò al servizio di Ferdinando I di Napoli ma non partecipò alla congiura dei baroni, tanto che il sovrano lo ricompensò con i feudi di Ascoli e Atripalda. Prese parte alla campagna di Toscana del 1478 e fu presente all’assedio di Viterbo, dove perse la vita.

Il personaggio più rappresentativo di questa linea fu il conte Niccolò (1442 – 1510). Fu un grande condottiero. Iniziò la sua carriera al servizio di Jacopo Piccinino, poi si mise al soldo di Firenze contro Ferdinando I, che aveva appoggiato la Congiura dei Pazzi. Partecipò anche alla guerra di Ferrara del 1482 e all’assedio di Nola del 1494. Subito dopo si mise al soldo di Venezia con il grado di capitano generale delle forze della Serenissima, distinguendosi nella conquista di Cremona. In seguito restò sempre al servizio dei Veneziani. Nel 1509 fu il principale responsabile della sconfitta veneta nella battaglia di Agnadello. Suo figlio Ludovico (? – 27 gennaio 1534) e suo nipote Enrico (? – 1528) parteciparono alle guerre tra francesi e spagnoli passando disinvoltamente da un campo all’altro. Due figlie di Ludovico contrassero illustri matrimoni : Geronima sposò il Pier Luigi Farnese, figlio naturale di Alessandro Farnese, e Marzia sposa Gian Giacomo Medici Marchese di Marignano, un grande generale spagnolo.

La decadenza della linea di Pitigliano iniziò, tuttavia, con il conte Ludovico. Costui perse Nola e fu costretto ad accettare la supremazia della repubblica di Siena su Pitigliano. Nel 1555 suo figlio Giovan Francesco (prima del 1510 – 8 maggio 1567) fece atto di sottomissione al granduca di Toscana e portò le residenze della famiglia a Roma ed a Firenze. In seguito il conte Alessandro (? – 9 febbraio 1604) pretese di succedere nei domini della linea di Monterotondo, ma Gregorio XIII si oppose. Nel 1604, suo figlio Giannantonio (25 marzo 1569 – 1613), vendette Pitigliano al Granduca di Toscana. In cambio ottenne il marchesato di Monte San Savino. Gli Orsini di Pitigliano, ultimi discendenti della linea di Gentile, si estinsero nel 1640 con Alessandro (? – 1640).

Rinaldo Orsini e la Linea di Monterotondo

Al terzogenito di Matteo Rosso il Grande, Rinaldo, toccò la signoria di Monterotondo. Da questa posizione privilegiata i suoi discendenti presero parte attiva alle lotte nella Roma medioevale. Almeno tre componenti della famiglia ricoprirono la carica di senatore di Roma e molti altri abbracciarono il mestiere delle armi. Nel 1370 Francesco fu al servizio dei fiorentini nella guerra contro i Visconti. Orso (? – 24 luglio 1424) morì al servizio del re di Napoli nella battaglia di Zagonara (1424), mentre combatteva il Duca di Milano. I suoi figli Giacomo (? - 1482) e Lorenzo (? – 1452) militarono nelle file pontificie, napoletane e fiorentine. Una figlia di Giacomo, Clarice (1453 – 30 luglio 1488), divenne la moglie di Lorenzo il Magnifico. Franciotto Orsini (1473 – 10 gennaio 1534) fu creato cardinale da Leone X nel concistoro del 1 luglio 1517.

Il personaggio più rappresentativo di questa linea fu Giovanni Battista Orsini (? – 22 febbraio 1503), creato cardinale da Sisto IV (21 luglio 1414 – 12 agosto 1484) nel concistoro del 15 novembre 1483. Contrastò la politica nepotistica di Innocenzo VIII (1432 – 25 luglio – 1492) e fu tra i fautori dell’elezione di Alessandro VI (1 gennaio 1431 – 18 agosto 1503), che da speranza di giustizia divenne giustiziere della famiglia. Papa Borgia perseguiva lo scopo di creare uno stato all’interno del papato con a capo il figlio Cesare (13 settembre 1475 – 12 marzo 1507). Questi tra il 1500 ed il 1501 eliminò i Riario di Forlì, i Malatesta di Rimini, gli Sforza di Pesaro e i Manfredi di Faenza. Nel 1502 prese Camerino ed Urbino, ma, quando puntò su Bologna cinque suoi capitani, tra cui due Orsini, organizzarono la sua eliminazione. Sembra che l’ispiratore della cosiddetta congiura della Magione, che fallì a causa della disorganizzazione dei congiurati, fosse proprio il cardinale Giovanni Battista Orsini. Con uno stratagemma Cesare Borgia catturò i cospiratori, che furono uccisi nel 1503. La stessa sorte toccò al cardinale ed a molti rappresentanti della famiglia.

Sul finire del XVI secolo la dinastia decadde. Molti suoi componenti furono coinvolti in tristi vicende e persero i feudi per confische o furono assassinati. Enrico (? – 12 settembre 1643) e Francesco (1592 – 21 settembre 1650), gli ultimi rappresentanti della linea, vendettero Monterotondo alla famiglia Barberini nel 1641.

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Napoleone Orsini e la Linea di Bracciano

La linea di Bracciano fu originata da Napoleone, altro figlio cadetto di Matteo Rosso il Grande, a cui toccarono Bracciano, Nerola e altre terre. Come tradizione di famiglia, ricoprì la carica di senatore di Roma nel 1259. Molti componenti di questa linea ricoprirono varie cariche municipali nella Roma del XIV secolo insieme ai Colonna, ai Savelli ed agli Annibaldeschi. Nel Lazio, i signori di Bracciano furono la linea più potente degli Orsini. Grazie alla compattezza dei loro domini, alla loro posizione strategica e alla costruzione della fortezza sul lago di Bracciano, da cui potevano controllare l’accesso a Roma, questa famiglia raggiunse ben presto una posizione di privilegio tra i nobili della città eterna. Da un altro Napoleone (? – 3 ottobre 1480) figlio del conte Carlo (? – dopo il 1485), Gonfaloniere della Chiesa e da Francesca Orsini di Monterotondo nacque Gentile Virginio (? – 1497), uno dei maggiori personaggi della politica italiana della fine del XV secolo.

Nel 1480, alla morte di Napoleone, Gentile Virgilio subentrò al padre ed aggiunse ai propri altri feudi, portati in dote dalla moglie, Isabella Orsini, figlia di Raimondo 1° Principe di Salerno e di Eleonora d’Aragona dei Conti di Urgell. A causa di questo matrimonio, Gentile Virgilio divenne il favorito di Ferdinando I di Napoli, che lo elevò alla carica di Connestabile. Insieme al cugino, il cardinale Giovanni Battista Orsini, fu il più accanito oppositore dei papi Innocenzo VIII e Alessandro VI.

Innocenzo VIII intendeva sostituire Ferdinando I con un sovrano più fedele alla Chiesa (il regno di Napoli era in teoria un feudo ecclesiastico) per controllare gli uffici e le rendite provenienti da quel territorio. Per questo il papa cercava ogni pretesto per favorire sollevazioni o congiure contro il re. Ferdinando I, dal canto suo, era nato illegittimo e rischiava comunque e sempre di veder contestato il suo potere. Tuttavia, Innocenzo VIII aspirava anche a creare uno stato familiare, pertanto investì il figlio Franceschetto Cybo (1449 – 25 luglio 1519) della contea d’Anguillara, uno dei feudi più importanti del Lazio. Alla morte del padre, Franceschetto si trasferì in Toscana e vendette la contea a Gentile Virginio, che la comprò nel 1492.

Con l’ascesa al soglio pontificio di Alessandro VI, la situazione si fece cupa. Il papa tramava per occupare Anguillara e neutralizzare Ferdinando I. Si alleò con il duca di Milano, Ludovico il Moro (27 luglio 1452 – 27 maggio 1508), che chiamò Carlo VIII di Francia (30 giugno 1470 – 7 aprile 1498). Temendo un conflitto generalizzato, Ferdinando I spinse Gentile Virginio ad accordarsi con il pontefice. Ne risultò un accordo che, purtroppo, fu di breve durata per la morte di Ferdinando I. Era il 25 gennaio del 1494. Il Duca di Milano si accordò con Carlo VIII, che si convinse di una facile vittoria su Alfonso II di Napoli (4 novembre 1448 – 18 dicembre 1495), che era considerato debole. Alessandro VI prese una posizione ambigua pronto a trarre il massimo vantaggio personale da qualsiasi situazione si fosse presentata. Gli altri stati italiani, soprattutto Venezia e Firenze, si dichiararono neutrali.

Carlo VIII scese in Italia con un forte esercito nel settembre del 1494. Gentile Virginio fu messo al comando delle truppe pontificie di Romagna, ma, catturato dal nemico assieme ad altri componenti della sua famiglia, arrivò ad uno accordo con Carlo VIII : evitava di combattere per il francese ma permetteva ai figli e agli altri parenti di farlo, in cambio otteneva la salvaguardia di Bracciano e dei suoi stati. In questo modo Gentile Virginio non tradì ufficialmente il Re di Napoli e non disturbò troppo il Papa. Nel frattempo a Napoli Alfonso II, successore di Ferdinando I, fu costretto ad abdicare ed il nuovo sovrano, Ferdinando II di Napoli 26 agosto 1469 – 7 settembre 1496), si ritrovò con uno stato invaso ed in preda alle lotte intestine. La capitale venne subito occupata e il re si ritirò prima ad Ischia e poi in Sicilia. Comunque, nella battaglia di Fornovo (1495), Carlo VIII fu sconfitto e dovette tornare in Francia. Nel frattempo Ferdinando II iniziò la riconquista del regno.

Dopo la battaglia anche gentile Virginio riuscì a scappare e si ritirò a Bracciano. L’anno successivo, però, tradì definitivamente Ferdinando II, che gli confiscò i beni, e si diresse in Abruzzo per liberarlo dalle bande dei Colonna. Purtroppo nel regno di Napoli le cose non andarono bene ed il comandante supremo francese Gilberto di Borbone, conte di Montpensier, fu costretto ad una resa umiliante: avrebbe avuto salva la vita ed un lasciapassare per se ed i suoi se si fosse consegnato insieme agli Orsini. Ferdinando II, comunque, non rispettò il patto e li fece imprigionare. Gentile Virginio venne tradotto in Castel dell’Ovo a Napoli. Ferdinando II e Alessandro VI si accordarono per eliminarlo. Il signore di Bracciano venne avvelenato nel 1497. La morte di Gentile Virginio, le relative confische e la successiva strage del 1503, produssero un forte indebolimento della famiglia. Tuttavia, la morte di Alessandro VI e l’elezione di papi amici o parenti degli Orsini (Giulio II, Leone X e Clemente VII), fecero tirare un sospiro di sollievo alla famiglia.

Il figlio di Gentile Virginio, Giangiordano (? – 1517), fu Principe Assistente al Soglio Pontificio, qualifica che elevò il ramo di Bracciano al di sopra degli altri. Suo nipote Virginio conte d’Anguillara (1498 – 1548) fu un famoso ammiraglio prima pontificio poi al soldo della Francia dopo che gli furono confiscati i feudi con l’accusa di tradimento nel 1539. La più curiosa impresa di Virginio fu il cordiale accordo con il pirata turco Khair-ad-din (? - 1546), suo avversario nelle campagne in terra d’Africa.

Nel 1560 Paolo Giordano I (1541 – 13 novembre 1585) fu creato primo duca di Bracciano. Militò come capitano alla battaglia di Lepanto (1571). Sposò la figlia del Granduca di Toscana Cosimo I, Isabella de' Medici, che strangolò in un eccesso di gelosia nel 1578. Dopo l’uxoricidio scappò a Roma e si legò a Vittoria Accoramboni, moglie di un nipote di Sisto V, il quale venne assassinato su suo incarico nel 1583. Dopo quest’altro omicidio, inseguito dalla giustizia pontificia e dai sicari del Granduca di Toscana, scappò nel nord Italia con l’amante, sposandola nel 1585. Nel dicembre dello stesso anno l'Accoramboni venne assassinata da Ludovico Orsini di Monterotondo, che voleva vendicare la morte del fratello Roberto (ucciso perché implicato in una faida con il Duca Paolo Giordano). Ludovico venne eliminato qualche giorno dopo per ordine delle autorità venete che lo avevano arrestato.

Il figlio di Paolo Giordano I, il duca Virginio (1572 – 9 settembre 1615), fu insignito con l’Ordine del Toson d’Oro. I suoi figli fecero tutti importanti carriere o grandi matrimoni. Le figlie Isabella (1597 – 1623), Maria Felicia (12 novembre 1599 – 5 giugno 1666) e Maria Camilla (29 luglio 1603) sposarono rispettivamente il duca di Guastalla, il duca di Montmorency e il principe di Sulmona. Il primogenito Paolo Giordano II (1591 – 24 maggio 1646) sposò la principessa regnante di Piombino e venne innalzato al titolo di principe del Sacro Romano Impero con la qualifica di Altezza Serenissima, titolo che lo elevò al di sopra di tutti gli altri principi romani. Il fratello Alessandro Orsini (1593 – 22 agosto 1626) fu cardinale e legato pontificio, l’altro fratello Ferdinando (? - 4 marzo 1660) fece confluire nei beni familiari quelli della linea Orsini di San Gemini. Nel XVII secolo anche i duchi di Bracciano lasciarono i loro castelli per trasferirsi a Roma, dove mantennero un elevatissimo stile di vita sfruttando a fondo i loro feudi. Tuttavia carestie, banditismo e povertà diffusa danneggiarono fortemente lo "stato" di famiglia, tanto che tra il 1692 ed il 1696, l’ultimo principe e duca Don Flavio I (4 marzo 1620 – 5 aprile 1698), sommerso dai debiti, fu costretto a vendere tutti i suoi feudi più importanti. Bracciano fu acquistata dagli Odescalchi. Alla sua morte si ebbe una lite giudiziaria tra la vedova e gli Orsini di Gravina per la successione ai pochi feudi rimasti vincolati da fidecommessi e primogeniture.

La Linea di Gravina

Attualmente esiste una sola linea vivente della famiglia ed è quella di Gravina, discendente da Francesco (? - 1456), figlio cadetto di Carlo, signore di Bracciano. Il capostipite di questa linea aveva i suoi feudi principalmente nel Lazio e ricopriva la carica di Prefetto Perpetuo dell’Urbe, quando nel 1418 venne chiamato a Napoli da Sergianni Caracciolo. Francesco fu il difensore di Napoli contro le truppe angioine, che sconfisse il 28 settembre 1418. In seguito sposò una ricca ereditiera pugliese che gli portò in dote la contea di Gravina e molti altri benefici. Nel 1421 fu tra i fautori dell’adozione di Alfonso V d’Aragona da parte di Giovanna II. Alfonso V lo ricompensò con la contea di Copertino, alla quale si aggiunsero quelle di Conversano e Campagna. Fu creato Duca di Gravina nel 1436. Il titolo che fu confermato definitivamente al figlio Giacomo (? - 1472). Due dei suoi figli naturali, Marino (? – 1471) e Giovanni Battista (? – 8 giugno 1476) divennero rispettivamente arcivescovo di Taranto e Gran Maestro dell’Ordine di San Giovanni di Rodi.

Il 4° duca, Francesco, fu strangolato da Cesare Borgia nel 1503. Un suo nipote, Flavio Orsini, fu creato cardinale nel 1565.

Gli spagnoli confiscarono al 5° duca, Ferdinando (? - 6 dicembre 1549), tutti i feudi per fellonia. Riuscì a recuperarli dietro il pagamento di un indennizzo di 40.000 scudi.

Alla morte senza eredi del Duca Michele Antonio (? - 26 gennaio 1627), il ducato di Gravina passò al cugino e nipote acquisito Pietro Orsini conte di Muro Lucano (? - 1641). Il nipote, Pier Francesco (2 febbraio 1649 – 21 febbraio 1730), rinunciò alla successione nel 1668 per diventare domenicano. Fu arcivescovo di Benevento, poi cardinale e quindi papa con il nome di Benedetto XIII. Grazie a questa nuova elezione l’importanza della famiglia si accrebbe. Anche i componenti della linea di Gravina dalla provincia si trasferirono a Roma, dove tuttora vivono i discendenti. Un nipote di Benedetto XIII, il duca Domenico Orsini (5 giugno 1719 – 19 gennaio 1789), abbandonò ogni carica di famiglia e prese i voti. Fu l’ultimo cardinale della famiglia.

Con il tramonto del regime feudale gli Orsini si trovarono di fronte a gravi difficoltà economiche per cui, il duca Domenico (23 novembre 1790 – 28 aprile 1874), nel 1823 sposò Maria Luisa Torlonia, figlia del ricchissimo duca di Bracciano. Nel 1850 Domenico fu ministro della guerra, Luogotenente generale delle armate pontificie e senatore di Roma.

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