Giochi e Giocattoli
d'Altri Tempi
Classe II/M - Scuola Media di Vasanello Anno
Scolastico 1995/96
"Giochi e giocattoli d'altri tempi"
è una ricerca nata dai ricordi d'infanzia di Linceo Orlandi che ha
saputo far rivivere agli alunni della classe II M della Scuola Media di
Vasanello, come in un film, il suo periodo infantile, fatto già di
sacrifi9ci, lavoro e di giochi.
Giochi, come dice il nostro
narratore, in massima parte tramandati dalle generazioni precedenti e, a
loro volta, a quelle seguenti; vedi il gioco dei "ruzzoloni" ancora oggi
praticato da persone adulte.
Nella stesura fatta si ha
l'impressione di qualcosa di estremamente semplice, in realtà, nella
loro semplicità, erano delle vere e proprie gare di abilità nelle quali
pochi eccellevano e la specializzazione era spinta al massimo, data la
loro ripetitività.
La completa mancanza di giocattoli
prefabbricati spingeva il ragazzo a costruirsi il "mezzo", oppure, nel
migliore dei casi, era la natura stessa a fornirglielo, come per le
"ossa" delle pesche, prima accuratamente pulite dai nostri campioni che
ne mangiavano tutta la polpa dolce e saporita. Mangiare: questo era il
principale problema. Forse, per dimenticare quest'esigenza, si gettavano
con accanimento nel gioco che, a volte, sostituiva i pasti e verso la
quale i genitori stessi spingevano i propri figli non avendo di che
sfamarli.
Involontariamente, Linceo, nel suo
raccontare, ha delineato la condizione di vita della maggior parte della
popolazione di Vasanello negli anni 1920 - 1930, per cui ne è scaturita
una riflessione, un confronto e la voglia, per alcuni alunni di
ricostruire, al di là degli oggetti esposti alla Mostra, il loro
divertimento e scoprirne il gusto.
Immaginiamoci, ora, questi nostri
"vecchi" campioni, giocare; in fondo, al di là di ogni considerazione o
riflessione, il gioco è sempre gioco e divertimento ed i nostri lo
interpretavano quasi fosse una cerimonia.
Il nostro scenario sono la via del
paese, il centro storico, la piazza: piazza Padella, piazza della
Libertà, dove si giocava divinamente a Tric-Tric forbicette e Topa Alè
Alè ... ... ...
Si ringrazia l'Amministrazione
Comunale di Vasanello, la Deputazione Festeggiamenti classe 1956 per il
contributo economico che ha permesso la stampa del presente volume; gli
organizzatori della Mostra "Storia, cultura e artigianato Vasanellesi",
tenutasi presso il Museo Civico dal 27/04/96 al 12/05/96, per l'invito
rivoltoci ad esporre questo nostro lavoro costituito da cartelloni e
giocattoli ricostruiti dai ragazzi ed inserito nel settore
storico-culturale.
Professoressa Maria
Giuseppina Libriani
Linceo Orlandi e gli Alunni
della Classe II/M
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Foto di Gruppo
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Giochi e Giocattoli
d'Altri Tempi
Questa ricerca è nata dai ricordi
d'infanzia di Linceo Orlandi sui giochi praticati ed i giocattoli costruiti ai
compagni: ragazzi della nostra età, ma di un periodo diverso: anni 1920 - 1930.
Giochi Maschili
Topa ALèALè
Un ragazzo contava con la testa rivolta al
muro, mentre gli altri si nascondevano; il gioco terminava quando tutti erano
stati trovati. Era il nostro nascondino.
Chicchiribozza
Con il busto piegato, un ragazzo metteva la
testa appoggiata al muro, mentre un compagno saliva sulla sua schiena: vinceva
chi resisteva di più nel sopportare il peso, cioè "Bozzava".
Chicchiribellì
La posizione era la stessa del gioco
precedente solo che il compagno che saliva sulla schiena indicava con le mani un
numero, intanto bussava e ripeteva queste parole: "Chicchiribellì quante
corna sò de chi ?" Se non indovinava, l'amico diceva ancora: "Se uno
avessi detto, cavallo maledetto, cavallo di lupara, quante corna cià la crapa ?"
e continuava finchè non avesse indovinato; solo allora il compagno a cavalluccio
prendeva il posto dell'amico.
Il numero non era superiore a cinque, cioè
le dita di una mano.
Scarelli Mirio - Mariani Marco -
Lanchi Roberto
AAA
AAA |
Bergantili Roberto - Checchi
Andrea - Stefani Alessio
Mecucci Nico - Filesi Giuseppe - Nustriani Amedeo
Maracci Giacomo - Mazzucco Marco |
Tric - Tric Forbicette
Era un gioco che si praticava nella Piazza
della Libertà perchè aveva una pavimentazione adatta a questo gioco. Servivano
cinque ragazzi: quattro si ponevano agli angoli e uno al centro. Due ragazzi
agli angoli ripetevano queste parole: "Tric - Tric Forbicette" mentre si
cambiavano di posto.
Quello al centro doveva riuscire a prendere
il posto di uno dei due, se ci riusciva, il ragazzo che era rimasto fuori doveva
andare al centro: Il gioco continuava finchè non suonava la campanella che
avvertiva l'inizio della lezione, infatti una sede della scuola elementare si
trovava in Piazza della Libertà.
Usciti per la seconda volta dalla scuola
(ore 14,00 - 16,00) si giocava a:
Nispe - Naspi
Il gioco consisteva nel tenere in mano due
bacchette di legno: una di esse o veniva lanciata oppure messa a terra; con
l'altra si doveva colpire la bacchetta che scendeva o sollevarla con un colpo se
era per terra.
Vinceva il gioco, chi la mandava più
lontana.
Castello
Si formavano quattro o più mucchietti con
quattro noccioli di pesca ciascuno: tre alla base ed uno sopra, messi in fila
indiana: I giocatoridovevano colpire i mucchietti, in un primo momento, stando
dritti, cioè "a la suria" tirando la "pietrangala", che era il
nocciolo più grande.
Se si colpiva un mucchio al centro si
prendevano soltanto i noccioli di quel mucchio; se si colpiva il primo e
l'ultimo, il giocatore prendeva i noccioli di tutti i mucchietti.
Successivamente la pietrangala era messa in bocca e lanciata contro di essi
(a la uffa).
La terza volta ci si buttava in ginocchio e
nello stesso tempo si doveva colpire i castelli; questa posizione era detta
"a dalla jò".
Si giocava anche a:
Fossolette
Si costruivano nove buche: una centrale e
le altre intorno; in quella centrale si mettevano i soldi. Si tirava una bilia
di ferro e chi faceva "buca" prendeva tutti i soldi della fossetta, se
era quella centrale, mentre per le altre si ritiravano solo i soldi giocati.
Questo gioco si poteva praticare nell'Ortaccio o nel terreno dove è stata
costruita poi la scuola Materna.
C'erano qui dei grandi alberi che, a volte,
per scommessa dovevano essere superati dalle bilie prima di finire nelle
fossolette. Ci giocavano anche gli adulti con una bilia che pesava circa 1 Kg.,
mentre la bilia dei ragazzi pesava 1 - 2 hg.
Le bilie prese ad Orte, nella stazione
delle F.S., era materiale ferroviario.
Gori Samuele - Pugliesi Andrea -
Pieri Roberto
Fuccellara Alessandro - Fabiani Fabio |
Mariocchi Viola - Lannaioli
Marta - Zaccaria Valentina
Bergantili Valeria - Bassanelli Silvia |
Tra le corse ce n'era una chiamata:
I' Giro de Casa MUFFO
I ragazzi partivano da Piazza della
Repubblica, il percorso seguiva la passeggiata, cioè Viale G. Marconi,
percorreva la strada fin dove adesso è asfaltata, continuava per via P. Nenni,
via E. Fermi e poi tornava in piazza. Al vincitore veniva dato: una o due mele,
fichi, nocciole, oppure, se andava bene, due soldi. Era una corsa "a trotto",
cioè simile all'andamento della maratona di oggi; il percorso di circa 3 Km. era
affettuato con più giri.
Corsa cò le carozzelle
Si svolgeva con delle "carozzelle"
costruite con il legno scartato dai falegnami alle quali venivano aggiunte delle
ruote di legno chiamate "ruzzelle".
Quelle posteriori erano fisse mentre le
anteriori mobili in modo da poterle guidare tramite una cordicella. Le ruzzelle
venivano costruite da Orlandi Famiano, detto Nano i' Vappo. Un ragazzo stava
seduto sulla "carozzella" e un altro spingeva. Vinceva, dei partecipanti,
chi arrivava primo al traguardo.
Si notava in questo gioco l'abilità dei
guidatori e la forza di quello che spingeva.
Spesso capitava di perdere l'equilibrio
allora si sbanda e si cadeva.
Discesa di' passo i' Lopo
Si effettuava su una strada ripida e con
molte curve; partecipavano due giocatori alla volta, ma non c'era chi spingeva
le "carozzelle".
La velocità era un pò rallentata dalla
strada perchè non era asfaltata. Se la "carozzella" prendeva troppa
velocità, non essendoci i freni, si frenava con i piedi; allora per questo gioco
occorrevano delle scarpe vecchie calzate per l'occasione.
Questa strada in discesa partiva da via del
Taglione, attraversava via dei Quattro Venti, giungeva in via Fontana Vecchia
dove adesso è il tunnel coperto. Era detta così dal soprannome di un abitante
del luogo.
Corsa de giggi i' frabbo
Si svolgeva sempre partendo da via del
Taglione, una lunga discesa che terminava nel fosso di San Rocco.
La corsa era detta "de Giggi i frabbro"
perchè c'era la bottega artigianale di un fabbro ferraio che costruiva attrezzi
e ferrava gli animali. Alla fine del percorso c'erano dei piccoli pozzi nei
quali i muratori facevano la calce che serviva per la costruzione delle case,
chi non riusciva a frenare andava a finire, a volte, in questi pozzi coprendosi
di bianco, tra le risa dei compagni.
Corsa de' tutta cariera
Era una corsa di velocità; partecipavano ad
essa cinque o sei ragazzi alla volta. Colui che dava il via diceva "Uno, due,
tre, fante, cavallo e re, San Lanno, via !" perchè il patrono veniva
rappresentato con un cavallo e questi ragazzi si paragonavano a dei cavalli che
correvano velocemente.
Gioco dei cerchi
I ragazzi prendevano i cerchioni delle
biciclette scartate dal meccanico e con un bastone li spingevano cercando di
mandarli dritti; il percorso variava dai 100 ai 300 m. e veniva fatto di corsa:
vinceva chi arrivava primo senza aver fatto cadere i cerchi.
I Ruzzoloni
Erano delle ruzzole grandi le quali
venivano avvolte da una corda lungo la circonferenza. La corda veniva legata al
polso ed era lunga due metri. Per il continuo uso poteva sfilacciarsi perciò
veniva unta con un olio ricavato da un erba che cresceva nella nostra zona e
chiamata "pisciapreti". Il gioco era praticato durante il mese di aprile
anche da persone adulte, che, con ruzzoloni di 40 cm. di diametro giocavano
anche con gli abitanti di paesi vicini come Bassano e Soriano nel Cimino, in
questo caso venivano usate le forme di formaggio al posto dei ruzzoloni, perciò
occorrevano uomini alti e robusti; il gioco si svolgeva sulla strada chiamata
"La Molinella".
Gli aquiloni
I ragazzi compravano alcuni fogli di carta
colorata e li ritagliavano a forma di rombo. Prendevano poi delle canne di circa
1 m. e ne utilizzavano un quarto per fare la struttura mettendone una in senso
verticale, mentre orizzontalmente se ne metteva un'altra a semicerchio di circa
50 cm. Si incollavano le canne tra loro con pezzi uniti con la colla di farina e
si attaccava la carta colorata. A circa 10 cm. dall'inizio e dalla fine della
canna verticale veniva posto un cordino a filo di cotone resistente, al quale si
attaccava il filo lungo avvolto in un gomitolo di varia lunghezza: Aggiungevano
delle strisce colorate sulla coda e ai lati per far loro tenere l'equilibrio.
facevano gare per mandarli più lontano e più in alto; a volte, dalla zona dei
prati si allungavano fino alla fine del centro storico.
A Buchetta
Per questo gioco si faceva una piccola buca
nel terreno, con il pollice e il medio si lanciavano i bottoni verso la buca che
veniva posta a circa 3 o 4 cm. dal muro. Un ragazzo tirava tentando di far
entrare il bottone nella "buchetta"; se ci riusciva vinceva, altrimenti
continuava il giro, cioè provavano gli altri ragazzi, cercando di far buca con
meno tiri possibili.
Giochi Femminili
Le femmine giocavano da sole e i giochi
erano diversi da quelli dei maschi.
Un gioco era:
Campana
Questo gioco, che ancora oggi viene
praticato, consisteva nel disegnare per terra una campana, cioè otto caselle
numerate. Le giocatrici potevano essere molte, però giocavano una alla volta. Si
gettava un sasso dalla forma piatta sulla prima casella e sollevando un piede,
si spingeva con l'altro il sasso, per tutte le caselle, senza mandarlo fuori o
sulle righe, altrimenti era "brucio"; in questo caso toccava all'altra
giocatrice. Vinceva chi riusciva a terminare il percorso senza nessuna penalità.
Succhetto
"l'succhetto" era un sasso un pò più
grande della ghiaia, di circa 2 cm. di diametro. Le ragazze prendevano tre
sacchetti e , con una mano, dovevano lanciarne uno. Mentre quelli scendeva, con
l'altra mano bisognava tirare il secondo e, successivamente il terzo,
prendendoli mentre ricadevano. La ragazza intanto ripeteva; "Pecora nera, pecora
bianca, chi more more, chi campa campa".
Madre e Figlia
Le ragazze giocavano a "fare" le
persone adulte: ripetevano le azioni, i gesti della vita quotidiana dei grandi.
Alimentazione d'Altri
Tempi
Per colazione si mangiavano le "pizzarelle"
fatte con la farina di granoturco (i' ranturco) cotto su una graticola rotonda.
Per condirle si metteva un grasso chiamato "strungolo", si girava e si metteva
il grasso anche sull'altra parte. Il latte veniva usato soltanto dalle persone
anziane e dai bambini malati. Chi poteva, faceva colazione con fette di pane
bruscato, unito all'orzo che veniva preparato dalle donne.
Il pane veniva fatto da tutte le famiglie
nelle proprie case: si metteva a lievitare e veniva coperto con delle mantelle.
Una parte di questa pasta veniva usata dalle mamme per fare le pizzette per i
propri figli.
I più poveri, invece, usavano il pane
"mischio" che era formato da un miscuglio di farina bianca e farina di
granturco.
Spesso, la mattina, le donne mettevano a
cuocere i fagioli e la vicina di casa, chiedeva all'altra l'acqua dei legumi in
modo da metterla sul pane insieme al sale e all'olio. Nei giorni successivi
veniva fatta la stessa cosa, però dall'altra vicina.
Una volta cotti i fagioli venivano versati
in un unico recipiente insieme a pezzi di pane; tutti mangiavano nello stesso
recipiente perchè i piatti non c'erano. Non c'era neanche la merenda pomeridiana
perciò si passava subito alla cena, durante la quale si mangiavano gli stessi
cibi del pranzo. Le donne andavano a cogliere la verdura che, poi, lessavano e
condivano con l'aceto.
Circa due volte la settimana si mangiava la
pasta che era fatta, a volte, con la farina grezza, che era un miscuglio di
farina bianca e tritello, il quale costava meno. Con lo stesso tritello si
facevano i "maritelli" che erano le pizze salate. Chi allevava galline
aveva qualche uovo per fare fritatte. La carne era poco consumata ed una mucca
durava 3 o 4 mesi per l'intera popolazione del paese. La carne veniva conservata
in una cantina situata nei sotterranei dell'attuale Comune. In quel periodo
esistevano due macellerie che si facevano concorrenza. Quando un macellaio
uccideva una mucca, la infioccava e passava davanti all'altro in modo da poterlo
ingelosire, tanto che, una volta, si dovette separarli perchè con gli arnesi del
lavoro si sarebbero potuti danneggiare gravemente. I contadini allevavano capre
e pecore ed ogni famiglia aveva uno o due maiali perchè era l'animale più facile
da allevare in quanto mangiava ogni tipo di rifiuto. Si mangiavano tutte le
parti, non veniva buttato niente, perfino il naso detto "rufo" e le budella che
venivano pulite e riempite con il grasso oppure condite con aglio, pepe,
finocchio e si chiamavano "stentivili"; con il sangue venivano fatti i
sanguinacci. Alcune parti venivano mangiate subito, mentre altre venivano
conservate, come il prosciutto, la spalla, cioè il capocollo, il lardo; il
lombo, "la ventresca", cioè la pancetta, il cotechino, lo zampone che
venivano messi sotto sale e sotto peso.
Successivamente venivano cotte: più era
piccolo il formato della carne e meno si teneva nel sale. I capocolli venivano
avvolti con un tipo di carta resistente e, legati con un "cordino", appesi ai
soffitti delle cucine dove c'era il fuoco il quale serviva ad essiccarli. La
pelle del maiale veniva ripulita dai suoi peli e veniva mangiata insieme ai
legumi o patate; era la cosiddetta "cotica". La pelle e le ossa della
testa veniva condita con pepe, peperoncino, sale, aglio, buccia di limone e di
arancio e costituivano la "coppa" che veniva lasciata raffreddare in un
recipiente e poi sottoposta a pesi per facilitare la fuoriuscita di acqua e
grasso. Gli insaccati poi venivano appesi al soffitto in modo tale da far
eliminare tutto il grasso e procedere a essiccazione.
Le salsicce bianche erano fatte con un pò
di grasso e con la carne magra, mentre quelle nere erano fatte con il fegato, i
polmoni, la lingua e il cuore.